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9 aprile 2014 3 09 /04 /aprile /2014 23:43
Rapimento Sossi, quarant’anni fa

Mario Sossi, all’epoca sostituto procuratore a Genova e oggi magistrato in pensione dopo una carriera che lo ha portato fino alla Suprema Corte di Cassazione, venne rapito dalle Brigate Rosse la sera del 18 Aprile 1974. Egli ha più volte scritto della sua vicenda e in ciascuna di esse ha sempre espresso una visione critica ed accusatoria verso quei poteri dello Stato che, a suo dire, lo volevano morto. La prima volta ha scritto, con la collaborazione del giornalista Luciano Garibaldi, questo libro che è stato ripubblicato nell’Ottobre del 2013 con il titolo: “Gli anni spezzati. IL GIUDICE. Nella prigione delle Br

Si tratta di un testo scritto quattro anni dopo i fatti e narra del rapimento (e la liberazione) del giudice Mario Sossi dal punto di vista delle vittime, moglie e persona sequestrata. Esso si proponeva, almeno nella dichiazione introduttiva dell’autore, di “raccontare, a chi volesse conoscere una pagina di storia italiana, come andarono veramente le cose nei drammatici 35 giorni del primo, grave ricatto tentato contro lo Stato dai gruppi terroristici formatisi alla estrema sinistra del PCI.” Un testo che ritorna di utile attualità oggi, nel quarantennale, in quanto testo ispirativo di una fiction televisiva, di Stato, in prima serata.

L’ho letto con interesse, ma a mano a mano che andavo avanti mi scoprivo via via sempre più interessato a confrintare il racconto con l’altro testo, quello del 2006.

Quando è uscito dalla magistratura, l’ex giudice ha dato alle stampe una breve ricostruzione attraverso il libro di Fasanella e Grippo “I silenzi degli innocenti” (Edito da BUR) nella quale dichiara apertamente, sin dall’inizio del testo, che il fatto di essere ancora vivo è un miracolo.

In tale ricostruzione, estremamente sintetica rispetto a quella del 1979, egli non trascura alcuni dettagli apparentemente secondari. Vediamone alcuni.

1 – Egli rincasò in autobus e durante il percorso incontrò e parlò col giornalista del Secolo XIX. Altrettanta cura nel descrivere l’incontro è contenuta nel libro del 1979. La prima volta avevo già notato questo particolare attribuendolo alla forma mentis del magistrato abituato ad annotare tutto per non perdere i riferimenti ad eventuali testimonianze future. Ma che lo riscriva ancora dopo 32 anni anche in un testo sintetico mi fa sospettare che lo consideri un fatto importante. Ritiene forse che il giornalista in questione facesse parte del complotto? E in tal caso sarebbe stato in combutta con le Br o con i servizi che controllavano l’operazione?

2 – Nella ricostruzione dell’agguato egli salta il colpo alle costole. Ed attribuisce all’incidente lungo il percorso le due costole rotte che gli verranno diagnosticate dalla visita avvenuta a pronto soccorso dell’ospedale in cui si è recato al momento del suo ritorno a casa. Siamo in presenza di due ricostruzioni molti differenti tra articolo del 2006 e libro del 1979. Entrambe firmate Mario Sossi.

3 – Scontro a fuoco. Qui, esattamente come nel 1979, egli attribuisce il livido sotto l’occhio destro all’incidente con sbandamento e uscita di strada avvenuto dopo il cambio d’auto durante il suo trasporto notturno alla prigione, ma aggiunge anche le due costole che nel 1979 erano state oggetto di una descrizione netta come colpo di lotta (secondo la disciplina di “Krav Maga” usata dal Mossad) per fiaccarlo. Qui egli parla anche di raffiche sparate dai carabinieri sopra la sua testa. Questo particolare non mi sovviene nel libro. Ora se è così Sossi vuole richiamare la possibilità che i carabinieri volessero già ucciderlo all’inizio della operazione? Egli dice di non sapere perché quello scontro a fuoco non sia mai stato reso noto all’opinione pubblica e lo inquadra in un ragionamento secondo il quale i carabinieri potrebbero aver voluto lasciar andare avanti l’operazione di proposito.

4 - Egli poi parla anche di un successivo fuoco amico tra auto dei rapitori e auto civetta delle Br, attribuendo l’episodio al fatto che:” l’organizzazione delle Br non era certo delle migliori”. Quest’ultima affermazione, del 2006, contrasta chiaramente con quella secondo la quale (vedi Galli Storia del Partito Armanto, pg 78)… le Br sono organizzatissime, hanno migliaia di militanti e sono documentatissime; “Hanno schedari lunghi da qui a là. Un giorno dico una cosa e loro mi bloccano: ah no Sossi, ecco qua la scheda, guarda che il giorno tale il maggiore Dellaglio del SID è stato dal generale! Si tratta di un gruppo meno soggetto a infiltrazioni… mentre probabilmente sono loro ad infiltrarsi”.

Dalla Chiesa un anno dopo (18 Aprile 1975) rilascerà una intervista al settimanale Tempo nella quale affermerà che dopo l’assalto, e la conseguente strage, al carcere di Alessandria “… durante la prigionia Sossi sapeva che se ci fosse stata un’imboscata sarebbe stato ucciso anche lui…”

5 - Operazione Ulisse del 1972, con Calabresi, e magistrati di Milano. Sossi nella ricostruzione 2006 (pg 48) ne parla nominandola esplicitamente, mentre non ne fa il minimo accenno nel 1979. In tale indagine egli aveva scoperto che” in Cecoslovacchia, nella redazione della emittente Radio Praga c’era un nucleo che aveva rapporti sia con la eversione italiana che con il Fronte di Liberazione della Palestina. Egli lascia intendere che fosse stata questa indagine a metterlo in pericolo di morte. E afferma che l’allora procuratore capo della Repubblica aveva respinto la sua domanda di protezione. I brigatisti sarebbero stati condotti a lui, e solo a lui, dalla campagna di denigrazione condotta dai media durante il processo XXII Ottobre, ma per ragioni legate alla Operazione Ulisse.

E’ interessante infine osservare che gli conclude in pratica con un invito alla dietrologia, perché: “i più giovani devono sapere.”

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