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4 ottobre 2014 6 04 /10 /ottobre /2014 12:22
Il desiderio di essere come TUTTI, di Francesco Piccolo

Piccolo è uno scrittore che mi ha incuriosito per la capacità di collegare testi fortemente eterogenei in un percorso narrativo coerente. Io per comodità chiamo capitoli la scansione del testo in paragrafi da lui utilizzata, ma il testo riporta solo un indice articolato in due parti e nient’altro. Nessuna numerazione, solo una titolazione della Prima e della Seconda parte reciprocamente allusive. “La vita pura: io e Berlinguer” è il titolo della prima, “La vita impura: io e Berlusconi” è il titolo della seconda. L’una allude e rinvia per forma e contenuto all’altra, richiamando una coppia di significati cari alla cultura cattolica, quella di puro/Impuro.

Questa operazione mette di fatto in sinottico Berlusconi e Berlinguer indicando efficacemente il senso del libro.

Non è né narrativa né saggistica; si potrebbe dire che è un esempio di saggistica (politica) narrata. E lo è in modo efficace, inventivo, professionale e in definitiva gradevole. Complimenti.

1 - Prima Parte: la vita pura: io e Berlinguer

Il primo capitolo è una arzigogolata ricostruzione di esperienze evolutive della psicologia dell’autore focalizzando episodi risalenti all’età di nove anni.

Nel 1973 infatti Piccolo aveva quell’età e racconta della scappatella nel parco della Reggia di Caserta e, ricordando la vicenda del colera che caratterizzò quell’estate, descrive la sua esperienza cripto paranoide nei confronti delle notizie provenienti dal mondo esterno ad esempio il vibrione ed il golpe cileno.

Quel flusso di informazioni si intende “esterno” rispetto alla sua vita interiore, of course, e il contorto travaglio narrato si riferisce, come per la quasi totalità degli infanti, a quand’egli inizia ad accettare e ad elaborare i rischi del mondo, appunto “esterno”.

Quel balzo si consolida nel 1974 e viene narrato nel secondo capitolo quand’egli diventa comunista seguendo le partite del mundial calcistico. In quella circostanza la Germania dell’Est divenne nota anche alle famiglie semplici, cresciute nella disinformazione anticomunista del dopoguerra. La sera del 22 Giugno infatti ad Amburgo ci fu la storica partita di incontro tra le due Germanie e Piccolo capì, (dovette capire), che quella che gli avevano insegnato a chiamare Germania in realtà era solo una parte della Germania, quella dell’Ovest. E che suo padre non era stato molto preciso nell’insegnargli che la Germania sta “di qua” mentre l’altra sta “di la” e che “quella come noi è la Germania … che è più bella, più forte e se vuoi ci possiamo andare” mentre “L’altra è più brutta e più debole e non ci fanno neanche entrare per vederla”.

Fin da questi primi capitoli il testo ci conduce alla citazione sistematica di un racconto che funge, e fungerà in vari momento del libro, da metafora letteraria di riferimento. Il racconto è “Con tanta di quell’acqua a due passi da casa” dell’americano Raymond Carver, morto nel 1988. Il capitolo si sofferma anche nella descrizione degli articoli di Berlinguer che precedettero il lancio della politica di compromesso storico, una descrizione tutt’altro che superficiale molto ben integrata con lo sviluppo narrativo.

Il capitolo infatti si caratterizza per una tensione che coglie il lettore laddove la gran parte delle pagine scritte si svolge all’interno di una sorta di fermo immagine sul settantottesimo minuto della partita calcistica durante il lancio di Hamman al centravanti Jurgen Sparwasser.

Quello, scrive Piccolo è il secondo momento più importante della sua vita. Come si possano far stare all’interno dello stesso impianto narrativo i pensieri di un bambino di dieci anni appassionato di calcio con le elaborazioni politiche di Berlinguer ce lo fa vede qui Piccolo, in questa circostanza scritta con una abilità che giustifica da sola il Premio Strega.

Poi arriva il compromesso storico nel terzo capitolo. Il matrimonio di uno zio porta in famiglia una insegnante comunista con i conseguenti dibattiti ideologici tra costei e il padre di Piccolo, assoluto detrattore, assieme al fratello democristiano, di ogni comunismo. Egli sceglie la parte in cui stare e si arruola così tra i complici della nuova zia. Ma quando DC e PCI si incontrano, nella vicenda relativa al libro della Cederna contro Giovanni Leone, allora presidente della Repubblica, egli si allontana anche dalle posizioni della zia e, scrive, “nei giorni del compromesso, l’unico che rischiava di restare fuori ero io”.

Ma quello, scrive più avanti, “è stato l’ultimo atto di autonomia di pensiero, poi mi sono infilato nel mio schieramento senza più pensare alla lucidità”. Seguono pagine intense, tutte di politica, che ricostruiscono la vicenda del governo di solidarietà nazionale e, soprattutto l’impatto della vicenda relativa al rapimento Moro con l’uccisione della scorta il 16 Marzo.

Qui lo scrittore riesce ad essere leggero e preciso nonostante il tema logoro e strapazzato. Tale periodo coincide con il primo innamoramento e in queste pagine politica ed amore si fondono bene nei ricordi dei cinema Come Eravamo con Robert Redford e Barbra Streisand, oppure La TERRAZZA, di Ettore Scola, che viene ricordato per la sua connessione col tema della militanza totalizzante anche nei confronti dell’amore.

L’esperienza del terremoto in Irpinia segna una ulteriore maturazione che lo prepara alla nuova fase politica, quella della Alternativa Democratica. [28 Settembre 2014] E’ una rivisitazione di fatti pubblici, più o meno rimossi dalla memoria collettiva, e riproposti con una chiave narrativa fondata su spunti biografici dell’autore. Pg 120 metafora eccellente Creonte/Antigone su Moro. Il desiderio di essere come tutti, già latente nel testo fin dal primo capitolo, emerge a pagina 123 quando, nel giorno del lago della Duchessa, lui e la maggioranza della popolazione si arrendono all’idea della morte di MORO. [1 Ottobre 2014] La morte di Berlinguer viene messa in relazione con il suo scontro con Craxi. La posta fu la “scala mobile”, un vicenda politico- sindacale che inchiodò la scena politica degli anni ’84 e ’85.

Qui Piccolo, nella sua veste di narratore, riporta i termini simbolici di quello scontro narrando come contasse molto l’odio per Craxi (leader del PSI e presidente del Consiglio). Qui si vede la sua formazione borghese perché sottovaluta (nel senso che praticamente non ne parla) la vicenda della divisione nel mondo del lavoro che caratterizzò quella fase ponendo fine al precedente quindicennio di unità sindacale in Italia. In ogni caso la conclusione del capitolo a ciò dedicato, che è anche la conclusione di quella parte cospicua del libro che è dedicata a Berlinguer, è emblematica: “Berlinguer lascia in eredità l’etica politica – un elemento necessario; ma non si affianca più alla strategia politica, bensì la sostituisce.” (pg 155) Qui si può cogliere il carattere tipicamente veltroniano dell’analisi politica che è sottesa alla narrazione, ovvero quell’umus colto, buonista, semi nostalgico che caratterizza la lobby culturale cui l'autore è ascrivibile.

2 – Seconda parte, La vita impura: io e Berlusconi.

Con l’ascesa di Berlusconi cambia il quadro emotivo del narratore verso la politica e nel ‘94 quando la Lega fece cadere il primo governo egli inizierà a votare Rifondazione Comunista. Ma quando nel ’98 BERTINOTTI (segretario di Rifondazione) farà cadere Prodi “cambiando la storia di questo paese”, egli rientrerà sentimentalmente in quell’ambito di sostenitori del centrosinistra che verrà poi mortificato dall’esperienza del governo D’Alema. Nel libro questo abbandono di Bertinotti costituisce un momento importante perché, dice l’autore, cambia per sempre il suo atteggiamento verso la politica e anche verso la vita. Capisce che non c’entra tanto la ragione o il torto, ma l’uso che si fa della ragione e del torto. (184)

Si sposa come per sottolineare questo cambiamento diventando. Sposa colei che nel libro egli chiama “Chesaramai la sdrammatizzatrice dell’umanità” per diventare poi padre di due figli. E con la di lei lezione egli impara anche a sopportare Berlusconi. Superficialità? Forse solo una via di fuga. E la metafora finale di questo capitolo è riservata a Milan Kundera nel suo libro L’insostenibile leggerezza dell’essere.

Berlusconi ha cambiato parecchie cose nel costume come nella politica, ma ha confermato il pregiudizio che la sinistra italiana si era costruita sul resto del Paese.

La conseguenza è stata il disprezzo di chi passerà poi anni e anni a considerarlo “un essere spregevole, un pagliaccio, un corrotto, persino un uomo basso (un nano), un puttaniere”. Ma ciò ha generato una dea di superiorità morale che “mi aveva reso impermeabile alla sensibilità e al rispetto verso le persone diverse da me.” E quando per fare un servizio giornalistico si mescola tra i fascisti di AN (formazione di estrema destra che sosteneva Berlusconi) si accorge di essere disonesto, di sbagliare a causa di un pregiudizio “che è la posizione che abbiamo avuto tutti per venti anni, con il mondo che non ci piaceva.” (210) Ma soprattutto scopre che, essendo AN il partito che aveva votato sempre suo padre in realtà in quell’atteggiamento c’era la ricerca di una vendetta, una presa in giro di suo padre. Questa considerazione vale per l’autore ovviamente, ma nel contesto del capitolo può essere intesa anche come un errore che abbiamo commesso tutti. Tutta la nostra generazione, tutti noi di sinistra … contestiamo il padre dentro di noi, seppur l’abbiamo amato e ancor l’amiamo. Si può condividere o no, ma sono state pagine piacevoli da leggere. La metafora letteraria finale è dedicata al film di Robert Altman America oggi, che ci riporta al racconto dei primi capitoli, a “Con tanta di quell’acqua a due passi da casa.”

Negli ultimi capitoli si chiudono i cerchi di varie metafore. Su Berlinguer egli ritorna al giorno della sua morte, l’11 giugno 1984, per ricordare l’impatto emotivo che l’editoriale di Natalia Ginzburg su L’Unità ebbe su di lui. La Ginzburg, scrive Piccolo, descrisse l’abbraccio della gente con l’uomo oltre che col politico, cogliendo la sua capacità di arrivare al cuore anche di chi non rappresentava. E con quell’articolo ella rivelò “… a tutti che quel TUTTI non siamo solo noi comunisti, ma il paese intero”. E soprattutto rivelò che l’idea berlingueriana di compromesso storico, alla luce ella reazione del paese alla sua morte, si era compiuta: “non sul piano politico, ma su quello emotivo”. (248) Torna al parco della Reggia di Caserta, difronte alla fontana di Diana e Atteone, il luogo-metafora con cui aveva aperto il libro, per celebrare difronte di Berlusconi un rito interiore di indulgenza privata e di condanna pubblica. E così facendo risolve tutte le contraddizioni che aveva accumulato in vari momenti della vita: da Camilla Cederna, Giovanni Leone, Sophia Loren, Aldo Moro fino al suo amico d’infanzia Massimo e, ovviamente, suo padre. Ecco, questo sottofondo semi-psicoanalitico, e stato la mia chiave di lettura del libro che ha vinto il Premio Strega 2014. Un libro scritto non da un giovane emergente, non da un innovatore, non da un visionario ecc. tutte definizioni retoriche delle quali si riempiono le pagine sul mercato librario, ma da un giovane professionista della scrittura e del linguaggio narrativo. Un pubblicista con esperienza, che ha scritto sceneggiature di primo piano come ad esempio quella relativa al fil Il CAIMANO di Nanni Moretti.

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commenti

W
It’s wrong like “etcetera” is wrong.
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