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2 agosto 2016 2 02 /08 /agosto /2016 15:03
SMERALDI A COLAZIONE, di Marta Marzotto

Morta Marta Marzotto i negozi espongono il libro autobiografico, già pronto da qualche settimana: SMERALDI A COLAZIONE. Le mie sette vite, Cairo Publishing 2016.

Ovviamente a me interessano con somma curiosità le storie che costei ebbe con comunisti e sessantottini. Perciò ho acquistato il libro con animo speranzoso. Un libro dalla cui lettura ne esce un personaggio autenticamente simpatico e indipendente, il contrario esatto della Contessa di Paolo Pietrangeli.

Prima era la cenerentola delle fiabe, poi la contessa trasgressiva che stava coi comunisti e le femministe, poi ancora l’amante scomoda di Guttuso che non stava ai giochi del potere ipocrita della Prima Repubblica, infine l’espertissima comunicatrice dell’era del lusso, maestra delle regie gossippare.

Sono curioso di vedere se verrà rapidamente dimenticata o se il compulsivo e superficiale sistema mediatico del terzo millennio ne farà un personaggio cult.

Lettura.

Laura Laurenzi, la scrittrice lifestyle che ha composto il volume, dichiara nell’introduzione che il “vero nucleo” del libro è la storia ventennale con Guttuso. Sono d’accordo. La parte autobiografica denota a volontà di battersi anche inpunto di morte per la verità sul caso Guttuso. Uno “scandalo artistico-cultural-politico” degli anni in cui comunisti e cattolici parlavano di compromettersi.

Mentre la preoccupazione che traspare nella parte redatta dalla Laurenzi è soprattutto quella di esaltare la forza di una donna che saprà rifarsi ogni volta che la vita la colpisce duro e che in particolare uscirà dalla vicenda Guttuso disegnando e firmando gioielli, orologi, borse, penne, occhiali, valigie, posate e profumi. Insomma concedendo alla vita “il permesso di passarle addosso”.

Il primo capitolo riprende il cliché degli anni cinquanta fondato sulla storia con Umberto Marzotto come favola troppo bella per essere vera. La poverissima col principe azzurro. Nel cinquantaquattro l’Italia era ancora povera ed affamata e ciò che attirava l’attenzione delle lettrici di rotocalchi in quella favola era l’accesso alla ricchezza attraverso l’amore. Ricchezza e amore. A questa visione, già spesa sui rotocalchi molti decenni fa, questa nuova biografia contrappone un teorema più semplice ed efficace: quando Marta Vacondio conobbe Umberto Marzotto era già uscita dalla povertà. Guadagnava bene nel mondo della moda di allora. Inoltre non era particolarmente bella, lo erano le sue gambe, questo sì, che furono le prime ad ispirare la pubblicità delle calze di nylon nel dopoguerra. Ma fu l’incontro di due personalità sintoniche a portare al matrimonio. A questo punto, certo, è arrivato il superlusso.

Da quel momento l’ex mondina scaltra, intelligente e carismatica entra nella dimensione del lusso e del potere galattico. E ne farà buon uso per tutta la vita. Farà anche cinque figli, uno meglio dell’altra con la commovente e dolorosa eccezione di Annalisa che morirà trentaduenne consumata dalla fibrosi cistica. Il libro ricorda che ciò avveniva anche in un periodo già particolarmente duro.

Guttuso.

Ognuno di noi ha un sogno nel cassetto: il mio sogno si chiamava Renato Guttuso. Un cassetto bene aperto però, perché non ho mai nascosto nulla a nessuno. Tutti sapevano tutto: i nostri rispettivi coniugi, i miei figli, il Partito comunista, l’Italia intera.” (Pg. 74)

Questa è la pare centrale e più ricca del libro. Oddio, alcune pagine sono un po’ troppo diluite dalle parole d’amore dell’artista. E’ chiaro che i due si amavano e che lei ebbe un ruolo notevole come musa ispiratrice. E’ chiaro che nei quadri famosi c’è lei decine e decine di volte, col suo corpo e la sua sensualità. E questo ha contribuito a fare li lei ciò che è stata “al di là delle regole di un moralismo spicciolo”. (pg. 56)

In queste pagine Marta Marzotto racconta di aver conosciuto Renato Guttuso nel 1960 e di non averlo più rivisto “per i successivi sette anni” (pg 55) quando era incinta di Matteo. In tale circostanza il pittore le regalò un suo disegno riguardante la guerra in Viet Nam. Era destinato al PCI “ma Guttuso volle darmelo ugualmente”. Questa anteposizione di Marta al Partito era quindi inscritta nella loro storia fin dall’inizio, ma il destino non vorrà che si ripeta alla fine, quando, dopo la morte dell’artista, il PCI abbandonerà Marta nella sua battaglia per la verità sulla presunta conversione di Guttuso al cattolicesimo.

Di diverso tono e di minore intensità è il racconto relativo alla storia che Marta Marzotto ebbe con l’altro comunista di primo piano: Lucio Magri.

Lo definisce un errore, ma dev’essersene accorta tardi perché la storia, secondo quanto riferisce il libro stesso, durò dieci anni. Dal 1976 al 1986. “Ho trascinato le mie storie a lungo – scrive Marta – tutta la mia vita lo dimostra”.

In effetti durò a lungo anche la storia con suo marito Umberto dal quale divorziò dopo il 1987. “Dopo tanti anni si diventa complici: sempre vicini, nello stesso letto coniugale, fino all’ultimo giorno del nostro matrimonio”. (pg 48)

Marta Marzotto ha sempre sostenuto, anche nelle assemblee delle femministe, di aver avuto solo tre uomini nella vita e in questo libro li definisce con queste parole: Umberto l’amore, Renato l’incantatore e Lucio l’errore.

Lucio Magri viene descritto come un tombeur de femmes insaziabile e ingrato. Ingrato soprattutto con Luciana Castellina, suo vero grande amore, ma anche con la stessa Marta che costui abbandonò a se stessa quando era il momento della battaglia contro la falsa narrazione sulla conversione e morte di Guttuso. “Diceva di amarmi, ma la verità e che amava solo se stesso” (pg 155)

Fu il clima da compromesso storico (nonostante fosse già politicamente morto e sepolto) a far sì che passasse sulla stampa (e anche di fatto in tribunale) la versione propalata dal vescovo, poi cardinale, Fiorenzo Angelini secondo la quale il pittore in fase terminale per cancro ai polmoni si sarebbe convertito e avrebbe adottato il proprio giovane segretario Fabio Carapezza per farlo unico erede dei diritti artistici sulle sue opere.

In quelle circostanze, difronte al profilarsi di una battaglia pubblica sui diritti legali di colui che aveva disegnato lo stemma del PCI, una battaglia legale ma soprattutto mediatica che li avrebbe contrapposti al Vaticano e ad Andreotti (che della conversione si proclamava testimone) Nilde Iotti e Napolitano scelsero il silenzio. I comunisti abbandonarono il salotto e la famiglia Marzotto pure perché spaventata da giornali e giornalisti (pg 181). Ma ciò che il libro considera inaccettabile non riguarda tanto i diritti, quanto il fatto che quel grande amore, ispiratore di cotante opere d’arte, anziché glorificato, venne sputtanato.

La parte migliore di questa mia lettura ha riguardato le citazioni e le descrizioni dei quadri di Guttuso laddove Marta indica al lettore i volti e i corpi (quasi sempre il suo) ivi rappresentati. Tutto ciò che viene detto nel libro sarebbe documentato dalle lettere che il pittore le scriveva mentre creava. Lettere in parte scomparse, in parte inutilizzabili.

Ristabilire la verità è il vero motivo per cui ho scritto questo libro”. (pg 204) Se questo è vero diventa particolarmente suggestivo e giallistico il particolare relativo alla lettera misteriosa che Guttuso, prigioniero in fin di vita avrebbe scritta di nascosto a Marta per farle sapere del raggiro in atto. Una lettera che a lei non pervenne mai, ma che finì agli atti di un ennesimo processo. La storia è raccontata nelle pagine 202 – 204 e successive…

Buona lettura.

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