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6 ottobre 2012 6 06 /10 /ottobre /2012 16:15

Tapestry.JPGRecenti scomparse, anche dolorose, mi hanno indotto a letture, approfondimenti e appunti come quelli che seguono.

Penso che i laici, gli atei o gli agnostici, come le persone autenticamente religiose, posti davanti ad una salma possano convenire che esiste una sacralità della vita come una sacralità della morte. Un sentimento che ciascuno di noi può vivere come crede, ma dal quale difficilmente può prescindere. Un sentimento collettivo che affratella, senza il quale una società è votata a perdere la speranza. Il ricordo del defunto, la cura della sua memoria, il rispetto del dolore dei parenti è un segno di civiltà. Un segno intimo di fratellanza che probabilmente non mancava neanche nella società tribale, ma che contraddistingue la moderna civiltà da queste per le forme e i riti con i quali si manifesta.

 

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CREMAZIONE

La cremazione è oramai la scelta di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, e la Chiesa non vuole ovviamente restare fuori dalla tendenza. E’ dal 1963 che anche la Chiesa cattolica ha abolito il divieto di farsi cremare per i propri fedeli. E nell'aprile 2002 il cardinale Jorge Medina Estevez, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, ha annunciato la preparazione di una liturgia apposita per questa cerimonia.

La posizione formale della Chiesa, comunque è sancita dal Codice di Diritto Canonico il quale, al canone 1176, recita che «la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana». In pratica quindi dal 1963 la CREMAZIONE  è ammessa, ma è invece la DISPERSIONE  ad essere osteggiata. Per la Chiesa Cattolica infatti:" ... essa priva ciascuno della possibilità di avere un luogo in cui pregare i defunti. Se si perde il luogo si perde anche la memoria, il culto dei propri cari e si scivola verso una dimensione individuale della preghiera e della fede."  (Severino Poletto, cardinale di Torino). In ogni caso per quanto riguarda l’Italia un  punto di riferimento certo è l'assemblea CEI tenutasi l'11 novembre 2009 ad Assisi, la quale ha stabilito e precisato che va condannata sia la pratica della dispersione che la tenuta in casa propria. Mentre è stato approvato,  per essere poi adottato programmaticamente, un nuovo rito delle esequie che recepisce la cremazione.

Ora, in forza di queste innovazioni, oltre che poter essere conservate in urna o tomba di famiglia le ceneri del defunto potranno essere disperse sul suolo, ma attenzione: esso dovrà essere consacrato.

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Prima di queste innovazioni il punto di conflitto tra la nostra legalità laica e il diritto ecclesiastico riguardava la validità o meno delle volontà testamentarie in materia di cremazione e dispersione delle ceneri. La Chiesa Cattolica infatti proibiva di dare esecuzioni a tali volontà perché il diritto canonico obbliga il sacerdote (ma anche il semplice cristiano) a considerarle nulle al punto che, anche di fronte alle insistenze degli eredi, il sacerdote, che non poteva opporsi alla esecuzione testamentaria in quanto tutelata dalla legge, poteva negare il funerale religioso. Oggi invece il celebrante deve solo essere certo che la scelta della cremazione non venga fatta in spregio alla fede nella resurrezione del corpo del defunto. Pertanto un ateo che voglia essere cremato e disperso potrà beneficiare della cerimonia in chiesa a patto che non abbia dichiarato in vita, o peggio stilato in sede testamentaria, una dichiarazione che precisa di volerlo al fine di evitare la resurrezione del proprio corpo. E ciò, in una prospettiva, per il momento inattuale, nella quale attraverso la pratica della clonazione sia possibile ricreare il fenotipo biologico del deceduto, non è una cosa priva di senso. E non c’è contraddizione tra il fatto che uno sia ateo, agnostico o semplicemente un razionalista e desideri la cerimonia in chiesa, perché nella prassi consuetudinaria reale è esattamente questo il momento collettivo del commiato.

Questioni di lana caprina, si dirà, che lasciano il tempo che trovano e non interessano a nessuno. Ma in realtà da queste disposizioni in Italia, come nel resto del mondo seppur in misura diversa, dipendono molti investimenti legati alle politiche dei Comuni per i servizi cimiteriali. Ad esempio gli spazi cimiteriali dovranno evolversi prevedendo un’area comune di dispersione, bisognerà distinguere tra semplice dispersione e interramento, ecc. Inoltre occorrerà prevedere un’area islamica nei cimiteri e, soprattutto, occorrerà dotare le aree cimiteriali di una SALA del COMMIATO; cosa questa che esiste già nelle grandi città, le quali spesso hanno aree cimiteriali ACATTOLICHE, anche se spesso si tratta di piccoli cimiteri ebraici tout-court.

Ma restiamo in ambito cattolico. I documenti sul nuovo rito delle esequie chiariscono che non c’è più lo storico divieto di dispersione, ma precisano che rimane un divieto di dispersione e di conservazione delle ceneri a di fuori di un luogo consacrato. Cosa questa che esclude ad esempio neo-padaniche “dispersioni sul Po’ ”.  Non si tratta quindi di innovazioni senza ricadute sui comportamenti civici, neanche per chi approccia il tema con puro senso pratico, si tratta invece di un fatto civicamente rilevante esattamente come per chi ragiona in termini di fede e coscienza.

 

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Un passo avanti quindi. Ora il pensiero razionalista e la cittadinanza acattolica si trovano di fronte ad una sfida: l’ideazione di nuovi riti di commiato laici e la costruzione di veri e propri Templi di Cremazione, altrimenti anche per il non credente occorrerà continuare ad andare in chiesa per piangere il morto.

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