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19 ottobre 2012 5 19 /10 /ottobre /2012 23:28

John-Lennon-s-portrait.jpgOggi si chiama “Femminicidio”, così ha voluto un filone di pensiero socio-giuridico che, a partire da Diana Russel, Marcela Lagarde e in Italia Barbara Spinelli, punta a farne una nuova categoria criminologica. Che cosa esso sia, più che importanti definizioni a me lo spiega bene il primo verso della canzone di Lennon McCrteney che chiude il Long Playng Rubber Soul:

 

preferirei vederti morta, ragazzina

piuttosto che con un altro uomo;

è meglio che tu tenga la testa a posto

o perderò il controllo.

 

Cantata da Lennon e uscita tra Rubber Soul e Revolver, testimonia di un’epoca in cui non si guardava ancora al significato politico dei testi rock. Questo per i Beatles è un fatto acclarato, ma non per John. Quella canzone val la pena di riascoltarla oggi che molti di noi hanno imparato l’inglese, con un occhio critico al testo e al suo significato. La si può gustare soprattutto se il testo è tradotto in spagnolo, perché per noi italiani può assumere una ironica passionalità che attenua l’aggressività del testo inglese.

 

 Run for your life!

 

Beh, non c’è dubbio che oggi, soprattutto sotto i colpi della campagna su femminicidio e stalking, appare una canzone reazionaria. E per quanto la verità possa essere rivoluzionaria non si può ignorare che John Lennon, grande artista, working class hero e poeta rock della Pace… nella vita picchiò varie volte le sue donne. Nessuna però lo ha mai accusato di questo, l’affermazione si trova nella biografia di Albert Goldman che non è certo tenero nei confronti di Lennon.

 

 

 

 

E’ giusto però dare atto a John del suo percorso di maturazione e a questo proposito si può apprezzare doppiamente il senso di quel “I didn’t want to hurt you, I’m just a jealous guy” di parecchi anni dopo.

 

*

 

La violenza domestica è un tema più volte trattato nel rock e non solo in chiave di gelosia. Elvis Presley già nel 1955 chiudeva i versi della sua canzone  Baby Let’s Play House con un verso inequivocabile; “senti un po’ ragazzina, cerca di capirmi, preferisco vederti morta che con un altro”. Poi nel 1966 abbiamo appunto Run fror your life! Dei Beatles, ma un testo rock fortemente femminicida è Hey Joe di Hendrix. Qui il narratore-cantante non si limita a minacciare, anzi canta perché ha già ucciso la sua hold lady … In Hey Joe c’è  l’immanente idea che si possa uccidere impuniti la propria donna se colta a “far casino” con un altro uomo. Egli dice: “Il boia non mi metterà addosso la sua corda” e dialoga con un altro uomo che lo incoraggia, ecc. Insomma un’idea che corrisponde esattamente al nostro concetto di delitto d’onore, che all’epoca di Hendrix era ancora diffuso in Italia. Esso fortunatamante verrà poi cancellato nei primi anni ’70 non senza aver dato spunto a stupende parodie cinematografiche.  

Tale idea violenta quindi non è penetrata nella coscienza della nostra generazione rivoluzionaria nonostante la potenza suggestiva di quel brano. E io melo spiego in termini musicali. Quel pezzo musicalmente è un dialogo antifonale tra il cantante e la sua chitarra (uomo e donna) e credo non ci sia niente di più efficace del brillante stridore di quella Fender che, in un assolo ancor oggi da brivido, urla a nome di quella donna, per quanto colta in flagrante, tutta l’assurdità di ogni morte per amore.

 

 

Ma poi evolvendosi, e politicizzandosi, il Rock cambia registro e prende la posizione opposta. Uno dei momenti più alti a mio avviso lo abbiamo con Tracy Chapman (che porta lo stesso cognome dell’assassino di Lennon) nella sua canzone (in realtà una monodia a cappella) Behind the wall dei primi anni ottanta. Una denuncia della violenza domestica tollerata dalle leggi nella quale il lamento di quella voce drammatica quanto incisiva: “last night I’ve heard the screamin’, loud voices behind the wall…” ecc. se si potesse comprendere senza traduzioni sarebbe, secondo la mia opinione, più efficace di qualunque spot contro la violenza sulle donne. Grazie Tracy.

 

 

**

 

 

Ora, è mia suggestione, forse per perdonare i Beatles, che quello di Run for your life sia stato un testo a tema, o comunque su commissione, per cercare una sigla ad una trasmissione TV.

La suggestione mi viene dalla lettura del libro di Padalino (Massimo Padalino: The Beatles Yeh!Yeh!Yeh! Testi commentati 1962-1966. Arcana Edizioni 2010 ), il quale a pg 480scrive: “Nel 1965 Run For Your Life non è solo una canzone, è anche una serie Tv. Ci recita Ben Gazzara, nella parte di uno che ha poco tempo da vivere. Va in onda sulla NBC, negli Stati Uniti: e continuerà dal 1965 al 1968.”

 

beatles by Padalino 

 

 

E’ un esempio di modalità persuasiva in quegli anni ai primordi, fondata sull’uso del media discografico, saldato con quello televisivo, per veicolare e far maturare messaggi politici.

 

 

***

 

 

Infine una nota malinconica, ma di alto profilo poetico. In quel periodo anche Tenco scrisse un testo e incise una canzone che divenne sigla di una importante serie televisiva nazionale, quella dedicata al commissario Maigret. Questo personaggio così come ideato dallo scrittore francese Simenon è un uomo che conosce l’animo umano e le sue debolezze, mentre nella versione RAI, è solo un pipettaro riadattato per famiglie italiane moderate. Ma se c’è qualcosa che resta ancora oggi di quella serie televisiva si tratta della grande lezione sul senso della vita che possiamo trovare ancor oggi tra quei versi, dove in un domani che è un altro giorno uguale a ieri … i sogni sono ancora sogni.

 

Una opprimente condizione esistenziale fa si che anche qui la vita se ne vada, ma non per femminicidio… qui la vita se ne va senza drammi e senza violenze tra le note di una scala minore. Grazie Luigi.

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commenti

J
Hey Joe non è di Hendrix, ma è un "traditional" ri-arrangiato da Hendrix. E' un brano scritto nell'Ottocento o giù di lì. Quindi non è corretto attribuire ad Hendrix un pensiero così reazionario. L'articolo è davvero interessante, a parte questa mia considerazione
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O
Ah, grazie della osservazione. Non lo sapevo.