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29 marzo 2014 6 29 /03 /marzo /2014 23:35
Glocal Weekly Memo 4

Ottima settimana questa che si chiude. E’ la tredicesima dell’anno 2014, chiude il terzo mese e conclude anche la terza lunagione. Tutto questo avviene di Domenica, giorno del Signore, ed è la quarta di quaresima.

Il mese uscente ci ha portata la primavera, il mese entrante ci porta la Pasqua. Quest’anno quindi avremo una Pasqua pienamente primaverile il che, mi auguro, allieverà la cupezza dello Stabat Mater.

Come se non bastasse ci affida la nuova ora legale al prezzo di una ora di sonno domenicale. Poco male, sarà un’ora in più di sole e profumi. E lo sa bene il mio cane, Barce, il quale in queste ore non riesce proprio a stare fermo.

Prima di buttar via i giornali di questa settimana che si chiude voglio darci l’ultima occhiata, anche per non dimenticare le perle di disinformazione che ci ha donato.

Le principale notizia glocal è ben riassunta nella vignetta dell’International New York Times: Putin sul carro armato minaccia l’Europa che saluta il ritorno di Obama. L’assurdo sta nell’etichetta che richiama l’Ucraina. In Ucraina non c’è stato nessun carroarmato russo, c’è stato invece un referendum per l’indipendenza in una regione, la Crimea, che per ragioni storico-politiche ha scelto di tornare con la Russia. Ma tant’è, meglio dipingere Putin come un aggressore militare. Ora, si tratta di una notizia glocal perché anche il Veneto ha tenuto un referendum per la indipendenza e questo su iniziativa di un comitato promotore tutt’altro che istituzionale, ma legittimato da una deliberazione della UE che considera un eventuale referendum veneto per l’autodeterminazione come un diritto esattamente come in Scozia e in Catalogna. E si scopre che il ceto politico veneto-romano, che aveva tenuto del tutto ignorata la notizia relativa al pronunciamento europeo, non si aspettava un afflusso di popolo così marcato. Un’altra prova che non capiscono più cosa si muove nella pancia della gente e che saranno sempre più costretti a prospettarci presidenti del Consiglio imbonitori.

Russia Today, esprimendo un punto di vista che sta al di fuori dei piani comunicativi NATO, ha osservato come l’opinione pubblica europea sia stata sovrainformata sul referendum Crimea e sotto informata sul referendm veneto (Vedi servizio). Chiaro che si tratta a sua volta del punto di vista russo, anch’esso di parte, ma confrontandolo si può farsi un’idea autonoma e critica. Ed è questo ciò che la NOSTRA informazione non ci offre più. Dovrebbero essere i nostri organi di informazione ad offrirci le varie campane, specie quelli pagati con soldi pubblici. Invece abbiamo solo un costoso spreco, un continuo e soverchinte scampanio propagandistico.

L’idea che il Veneto si distacchi dall’Italia deve costituire un ansia mortale per i governanti centrali, visto che il Veneto fornisce il 9,4 % del Prodotto Interno Lordo Italiano, visto che il Veneto è la terza regione per livello di benessere e soprattutto visto che fornisce la quota maggiore di fatturato turistico. Senza Venezia il Turismo italiano sarebbe mutilato gravemente mentre le agenzie internazionali corteggerebbero più di prima il nostro territorio alla ricerca di contratti che oggi sono taglieggiati da interessi nazionali. E’ la stessa ansia che coglie David Cameron, il premier britannico, quando pensa ad una Scozia indipendente che possa stipulare in proprio i contratti di concessione allo sfruttamento petrolifero del mare del Nord.

Ma non sono queste le cose che si trovano dette e scritte nei media di regime. Si preferisce relegare il tema degli autonomismi al rango di fenomeni folcloristici da passare ai programmi comici. Così la gente continuerà ad atteggiarsi in modo approssimativo e disinformato.

Questi piccoli grandi scempi di verità si sono svolti sotto gli occhi semimuti della nuova ministra degli esteri, Federica Mogherini, alla quale faccio sinceri auguri, ma al tempo stesso suggerisco il versetto di Paolo in Efesini 5,25:

“Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siano membra gli uni degli altri”

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28 marzo 2014 5 28 /03 /marzo /2014 12:56
SÜDTIROL, il caso Amplatz

Il caso Amplatz è un fatto misterioso del quale si conoscono gli atti del processo, conclusosi a Perugia nel 1971. I fatti avvennero durante l’estate del 1964. Il 7 settembre, mentre era in corso un incontro a Ginevra per la trattativa di pacificazione Italoaustriaca. Venne data notizia del ritrovamento del cadavere di Amplatz, noto militante dell’autonomismo sudtirolese. Ai suoi funerali parteciparono oltre cinquemila persone. Ciò fornisce la misura del consenso locale che aveva l’idea autonomista.

Il mistero consiste però nelle circostanze della sua morte perché coinvolgono i servizi segreti italiani. In una baita della val Passiria il cittadino austriaco Kerbler, che non fu mai catturato e venne giudicato in contumacia, uccise Amplatz e ferì Klotz, riuscendo poi rocambolescamente a fuggire. Un infiltrato del nostro controspionaggio? Gli atti processuali si avvalsero della testimonianza di Klotz medesimo, il quale rilasciò in rogatoria, anni dopo, tutte le informazioni per ricostruire gli eventi.

Un altro caso che vede coinvolti i servizi segreti italiani è relativo al fallito attentato al Brenner express del 15 Novembre 1964 in quel caso fu un architetto tedesco di Lubecca, Charles Joosten ad avvisare gli italiani. Costui si rivelò poi, anche con la rogatoria di Klotz, un agente infiltrato del controspionaggio italiano.

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27 marzo 2014 4 27 /03 /marzo /2014 14:47

Come abbiamo visto alla fine degli anni cinquanta la questione del Brennero si presentava già in tutta la sua rischiosa complessità. E c'è da aggiungere, anche se gli autori del libro non ne fanno cenno, che i piani del Patto di Varsavia prevedevano di passare con i carri armati per il Brennero...

Gli anni tra il '56 e il '59 furono preparatori, con la creazione di gruppi di azione e propaganda e l'accentuazione dei contrasti etnici. Tra il '59 e il '61 ci fu l'organizzazione logistica e militare e la successiva distribuzione di armi ed esplosivi.

In Italia venne insediata una commissione. La commissione dei 19, dal numero dei componenti, sotto la presidenza del giurista Paolo Rossi. Venne insediata presso il Viminale il 13 Settembre 1961, l’unico vincolo di fatto per tale commissione era dato dalla intangibilità del confine al Brennero.

Il suo lavoro si concluse il 10 Aprile del 1964 dopo due anni e mezzo. Silvius Magnago mostrò soddisfazione mentre altri componenti misero per iscritto e fecero allegare alla relazione finale, note e osservazioni riguardanti parti a loro giudizio non risolte. Le proposte in essa contenute tracciavano una road map verso la pacificazione del conflitto. Essa si articolava in due livelli che contemplavano la trattativa diretta tra lo Stato Italiano e la minoranza sudtirolese e una trattativa tra Austria e Italia tesa a definire le garanzie e la tutela internazionale degli eventuali accordi.

Alla fine del 1964 Il ministro degli esteri italiano Giuseppe Saragat e il suo omologo austriaco Kreisky raggiunsero un accordo a Parigi dopo un accorto lavoro di diplomazia segreta. La segretezza era una misura di sicurezza perché fino ad allora l’andamento degli attentati era risultato correlato agli incontri Italia/Austria. La situazione infatti era nella fase in cui il terrorismo autonomista aveva iniziato a sganciarsi dagli ambienti istituzionali austriaci e anzi sembrava legarsi ad ambienti nostalgici nazional socialisti collegati anche con la Germania. (Vedi denuncia di Simon Wiesenthal al congresso di Anversa pg 75).

Giuseppe Saragat venne eletto Presidente della Repubblica il 28 Dicembre 1964. Nel periodo che intercorre tra la sua elezione e la sua sostituzione al ministero degli esteri con Amintore Fanfani, cosa che avviene iI 5 Marzo 1965, la funzione di ministro degli esteri fu retta ad interim da Aldo Moro, allora presidente del Consiglio dei ministri.

In tale periodo in Austria avvenivano le consultazioni con la Sudtiroler Volks Partei nel tentativo di far approvare il pacchetto di misure elaborate a Parigi. Tentativo che si rivelò inutile. In particolare l’8 Gennaio 1965 ad Innsbruck si tenne una riunione nella quale la SVP rigettò ogni proposta e il Governo austriaco dovette ufficializzare all’Italia la propria posizione negativa il 30 Marzo 1965.

Dopo un anno di sospensione delle attività diplomatiche durante il quale la SVP consolidò, anche a scapito dei rapporti con le ali estreme, l’impostazione moderata, il dialogo riprese. Il 13 e il 15 Settembre 1965 vi furono episodi gravi di attacco a luoghi di interesse italiani come caserme ed edifici ENEL.

Il più importante è quest’ultimo perché avvenne lo stesso giorno in cui Moro incontrò riservatamente il cancelliere austriaco Klaus dal quale ottenne via libera ad un nuovo confronto con la minoranza sudtirolese senza più coinvolgimento internazionale. Ciò si rivelò alla lunga risolutivo. Ma costò un pesante inasprimento dell’attacco terroristico. A Passo Vizze, che si trova a 300 metri dalla frontiera, una enorme carica di esplosivo uccise un finanziere. Vi fu poi un eccidio, a colpi di arma automatica, contro la Guardia di Finanza, il quale causò due morti ed un ferito. Questo fatto fu commentato come un gesto motivato da idealità nella televisione bavarese. Ciò avvenne in una intervista del tutto inopportuna e fu seguito da una ripresa di attentati dinamitardi a partire dalla esplosione del 3 Agosto 1966 che avvenne all’interno del Palazzo di Giustizia di Bolzano. Però la Volkspartei di Magnago riuscì ad ottenere il mandato per un congresso del partito che accettasse i risultati delle trattative e ciò causò l’inasprimento estremista con la Strage di Malga Sasso.

La strage avvenne vicino al Brennero con l’esplosione di ameno 25 chilogrammi di esplosivo collocati all’interno di una caserma della Guardia di Finanza. Nonostante in Italia si facesse strada l’idea che l’Austria non collaborasse abbastanza alla lotta contro il terrorismo il Parlamento approvò il mandato a concludere la trattativa con SVP.

IL 20 Gennaio 1967 Moro e Magnago definirono i termini dell’accordo che poneva fine alla vertenza per l’applicazione dell’Accordo di Parigi. Esso conteneva grandi concessioni in campo economico e nei settori della scuola, del collocamento al lavoro, del controllo anagrafico e del credito. I termini dell’accordo vennero discussi da Magnago ad Innsbruck e infine accettati da SVP con una maggioranza risicata.

Sul piano giuridico internazionale il pacchetto definito si configurava come una specificazione attuativa dello storico Accordo Degasperi - Gruber e con esso l’Austria accettava di riferirsi alla Corte internazionale dell’AIA per la soluzione delle controversie.

Vi fu però una nuova fermata nel processo di pacificazione. Essa fu causata dai fatti collegati al processo di Linz ove venne assolto da una giuria popolare Norbert Burger nonostante avesse dichiarato in pratica di voler continuare la lotta antiitaliana.

L’Italia prese una dura posizione contro l’entrata dell’Austria nella Comunità Europea. E avvenne la strage di Cima Vallona. Questa volta però, secondo la ricostruzione di Marcantoni e Postal, le comunità sudtirolesi, compreso lo stesso quotidiano Dolomiten, reagirono con estrema condanna staccandosi nettamente da ogni pratica violenta. L’Austria arrestò Nobert Burger.

Seguirono altri atti stragisitici l’ultimo dei quali avvenne il 30 Settembre 1970 a Trento dove, nella stazione affollata, morirono due poliziotti per l’esplosione di una valigia.

Ma la strada era ormai tracciata ed accettata anche dall’Austria. Nell’ottobre 1969 venne definitivamente approvato il pacchetto. Nell’ Agosto del 1972 venne pubblicato il Testo Unico n. 670 con l’entrata in vigore del nuovo statuto per l’Autonomia la cui implementazione richiese un lungo lavoro che si protrasse fino al 1992 quando l’Austria consegnò la quietanza liberatoria al segretario generale dell’ONU compiendo in tal modo l’atto formale di conclusione della controversia.

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26 marzo 2014 3 26 /03 /marzo /2014 11:29
SÜDTIROL. Estate 1961, notte dei fuochi.

Estate 1961 notte dei fuochi.

Una delle immagini più significative e ormai iconiche, delle vicende sudtirolesi è quella relativa alla “notte dei fuochi”. Si tratta di un evento legato alla tradizione locale del Sacro Cuore in ricordo della resistenza hoferiana del 1909 contro le truppe francesi. Si celebra nella notte tra l’11 e il 12 giugno accendendo roghi e falò a forma di croce ben visibili dal fondo della valle.

Nella notte del Sacro cuore del 1961 caddero diversi tralicci, vennero danneggiate due linee ferroviarie e la città di Bolzano rimase senza luce in diversi quartieri. Fu il fatto eclatante che fece emergere il problema tirolese in tutta la sua gravità.

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Il fondamento storico del problema attiene ai rapporti confinari tra Italia ed Austria. Risale al trattato di Saint Germain del 10 Settembre 1919 quando, dopo la conclusione della Prima guerra mondiale, viene portato il confine al Brennero con la conseguente annessione dell’Alto Adige. La popolazione germanofona non si riconosceva nell’Italia e negli anni del fascismo vi fu una italianizzazione forzata che trasformò Bolzano in una città a maggioranza italianofona immigrata. Inoltre il regime volle l’abolizione del “maso chiuso”, ferrea regola secolare per la trasmissione della proprietà familiare. Ma tutta la popolazione di montagna non accettò mai tale processo e quando negli anni precedenti la seconda guerra l’Austria sparì come entità statale per entrare nel Reich, in seguito all’Anschluss, i nuovi trattati italo-tedeschi divisero la popolazione in optanti e Dableiber. Con la creazione della Repubblica di Salò poi l’area altoatesina venne quindi inquadrata nella ALPENVORLAND, un disegno politico amministrativo che anticipava una annessione alla Germania, annessione che poi non avvenne con la caduta di Hitler. Il trattato d pace tra l’Italia e le potenze alleate, firmato a Parigi il 10 Febbraio 1947, assunse un allegato che riportava le clausole territoriali elaborate nell’accordo Degasperi – Gruber. Con tale accordo però non venivano definite alcune questioni come le reali condizioni di autonomia e soprattutto la differenza tra Bolzano e Trento. Gruber infatti voleva che l’autonomia fosse riservata alla sola provincia di Bolzano.

Gli sviluppi internazionali del dopoguerra riportarono l’Austria a ricostituirsi con il Trattato di Stato del 1955. Con tale trattato l’Austria rimaneva vincolata ai confini del 1938 e si impegnava a non espandersi territorialmente. Per la popolazione germanofona altoatesina non rimanevano pertanto altre possibilità che la definitiva italianizzazione a statuto speciale o l'indipendenza. La dimensione regionale della autonomia non era gradita ai germanofoni perché temevano che alla fine avrebbe vanificato del tutto le aspirazioni all’autogoverno.

Da questo quadro parte una vertenza dolorosa che prende simbolico avvio nel 1959 con la ricorrenza del centocinquantenario hoferiano, con la rievocazione della rivolta dei tirolesi contro le truppe napoleoniche e bavaresi.

Nell’Ottobre del 1960, su richiesta dell’Austria, la questione altoatesina fu iscritta all’ordine del giorno della Assemblea generale dell’ONU.

... continua

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24 marzo 2014 1 24 /03 /marzo /2014 17:21
SÜDTIROL. Storia di una guerra rimossa (1956 – 1967)

Gli autori, un giornalista e un autorevole uomo politico già sottosegretario, ricostruiscono lo scibile sulla vicenda terroristica che interessò il Trentino Alto Adige tra la metà degli anni cinquanta e gli anni sessanta. L’approccio è top down perché si parte dai trattati internazionali per la descrizione della cause politico internazionali e poi si passano in rassegna i fatti di sangue fino alla pacificazione etnica.

Il tema è importante ed interessante ed offre una comoda rilettura di fatti che sono passati in secondo piano con l’avvento degli anni di piombo. Fatti che attraversano quasi un secolo e configurano una vicenda esemplare, un esempio di ricomposizione. L’anno scorso è uscito il romanzo di Lilli Gruber che, sullo sfondo biografico di un personaggio femminile ha narrato al grande pubblico le sofferenze e le umiliazioni delle famiglie altoatesine nate austriache e italianizzate per forza da una Italia fascista senza scrupoli. Quel romanzo è utile per comprendere ed immaginare il background della vicenda terroristica conosciuta dalla nostra generazione. Ma per averne una visione d’insieme in chiave saggistica servono libri come questo.

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3 marzo 2014 1 03 /03 /marzo /2014 14:10

Sulla crisi Crimea il comunicato della Farnesina è inconsistente e tendenzialmente ambiguo. Mi auguro che non corrisponda allo stile politico del nuovo trend Mogherini. La Merkel, scusate se è poco, ha tutta un’altra visione, chiara e netta: dialogare con Putin.

In una ipotetica guerra Russo-Ucraina avrebbe ragione la Russia, ma noi saremmo costretti dal giogo NATO a stare con il nuovo governo di Kiev. Il nuovo governo di Arseni è tale solo in virtù di un voto improvviso del parlamento composto dalle stesse persone che fino a dodici ore prima sostenevano Yanucovic. E tutto questo in una Kiev molestata militarmente da pseudo europeisti armati e travestiti da manifestanti.

Sia chiaro: gli ucraini hanno pieno diritto a sceglie se vogliono o meno stare con l’Europa e penso anche che Yanucovic si sia reso responsabile di errori drammatici nel processo di avvicinamento all’Europa. Egli non è certamente esente da colpe e gli ucraini farebbero meglio a cambiarlo. Ma con elezioni democratiche. Ora invece gli occidentali, in particolare gli USA, hanno una particolare fregola a sostenere militarmente il nuovo governo e preferirebbero congelare la situazione (ed evitare un referendum sulla indipendenza della Crimea) inviando forze ONU anziché lasciare che si dispieghi un processo elettorale democratico.

Ciò è incompatibile con l’assetto geopolitico internazionalmente riconosciuto. La sicurezza del gasdotto South Stream (che passa sotto le acque del Mar Nero) dipende infatti dalla marina russa le cui basi stanno, legittimamente, in Crimea. E ciò sulla base di trattati internazionali Russia – Ucraina noti e incontestati. Il punto è che il gasdotto South Stream nel caso di un fallimento totale dello stato Ucraino (cosa immanente) costituirebbe l’alternativa agli approvvigionamenti che passano sul territorio ucraino. E in questo scenario gran parte dell’occidente dipenderebbe per le forniture del gas direttamente dalla Russia. Pertanto l’Occidente ha interesse a un governo fantoccio per lo Stato ucraino. Un governo di garanzia europeista, che dipenda finanziariamente solo dall’Occidente in modo tale da assicurare le forniture e gli stoccaggi strategici di gas.

E’ possibile che su questa visione sia stato impiantato nei mesi scorsi, dopo il voltafaccia di Yanucovic a Novembre, un piano di destabilizzazione politica. Ovviamente non ci sono prove e quindi l’ONU dovrà prendere decisioni solo sulla base di strategie diplomatiche.

Sul perché avrebbe ragione Putin mi baso su una suggestione suggerita dal generale Fabio Mini, i quale Sabato scorso ci ricordava su La Repubblica che:”la Crimea, nell’ambito della Ucraina, ha uno status giuridico di regione autonoma e una situazione etnica con maggioranza russa esattamente come il Kosovo aveva status di provincia autonoma e maggioranza albanese nei confronti della Serbia.” Il significato di questa affermazione, un po’ nascosta nella impaginazione del quotidiano, sta nella sua specularità. Nel momento in cui un referendum crimeo attestasse una dichiarazione di indipendenza la Crimea di oggi sarebbe esattamente nella situazione kossovara di allora, e di conseguenza se hanno avuto ragione gli Stati Uniti di Clinton a sottrarre il Kosovo dalla Serbia altrettanto vale per la Russia nei confronti della Crimea ucraina.

Non dimentichiamo, però, che gli Stati Uniti ci riuscirono solo grazie ai bombardamenti NATO.

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2 marzo 2014 7 02 /03 /marzo /2014 19:24

Patricia, “ragazza vivace, ingenua ed immatura” studiava storia dell’arte a Berkeley e fu rapita di notte nell’appartamento ove risiedeva col fidanzato, la notte del 5 Febbraio 1974. Ella, ancor’oggi vivente se non mi sbaglio, appartiene ad una famiglia miliardaria che discende da un fortunato cercatore d’oro che scoprì un enorme giacimento d’argento (George Hearst, un possibile personaggio ispiratore del racconto di Stevenson The Silverado Squatters).

E’ una esponente della quarta generazione dei potenti proprietari della carta stampata americana. Alla figura di suo nonno si è infatti ispirato Orson Welles nel suo film Quarto Potere. E per varie circostanze familiari è destinata a diventare l’unica erede dell’intero impero finanziario.

L’Esercito di Liberazione Simbionese auspicava la lotta armata per abbattere il capitalismo e realizzare una società fondata sulla perfetta uguaglianza tra uomini e donne di ogni razza e colore. E per realizzare il suo progetto aveva bisogno di soldi per finanziare la guerra rivoluzionaria.

Il 12 Febbraio il padre Rudolph riceve un nastro registrato nel quale la voce di Patty lo invitava ad accettare le richieste dei rapitori. Ella era assistita dalla voce del maresciallo Cinque che spiegava quali esse fossero: “Consegnare a tutti i poveri della California che vivono col sussidio statale settanta dollari di cibo a testa.”

Oggi sembra una barzelletta, ma allora faceva un certo effetto. Mi viene in mente che anche il giudice Sossi, rapito in Italia dalle Br il 18 Aprile dello stesso anno, proponeva ai suoi rapitori di chiedere allo Stato in cambio della sua liberazione, la distribuzione di soldi agli operai. E non si trattava, nel caso americano, di bruscolini, bensì di qualcosa come trecento milioni di dollari.

A differenza del caso Sossi, in America la stampa fece in quei mesi da cassa di risonanza alla causa simbionese e vi furono molte adesioni. Come è noto la più famosa fu quella appunto della stessa Patty, la quale si innamorò del comandante Cujo (Willie Wolfe, quello che morirà sparando tra le fiamme nella pozza d’acqua) e mandò il 3 Aprile un altro nastro nel quale si annunciava che Patty non era più una prigioniera, ma una combattente rivoluzionaria col nome di TANIA (la compagna del CHE).

Ovviamente non ci credette nessuno, ma tutti dovettero ricredersi qualche giorno dopo quando venne assaltata la Hibernia Bank di San Francisco e la sua foto col mitra tra i rapinatori, presa da una telecamera di sicurezza, fece il giro del mondo.

Venne quindi tirata fuori la teoria della sindrome di Stoccolma, destinata a diventare nota agli italiani per il caso Moro, ma allora per smentire, Tania scrisse in un volantino che i suoi genitori erano dei porci capitalisti. La vicenda, sempre sostenuta dall’interesse della stampa paterna e non solo, appassionò gli americani che assistettero angosciati in diretta televisiva all’attacco SWAT con i gas incendiari. Poi si saprà che Patty si era salvata in tale circostanza perché situata in un rifugio a poche decine di metri nelle vicinanze della casa/covo. Ella verrà catturata (o ritrovata a seconda dei punti di vista) in settembre quando la FBI, spiando la famiglia Hearst scoprì il suo nuovo nascondiglio. Patty si dichiarò in quel frangente “prigioniera politica”, ma durante il carcere nel 1975 tornò ad essere la ragazzina acqua e sapone di buona famiglia. Il processo, con la difesa tutta incentrata sulla teoria della sindrome di Stoccolma, si celebrerà nella primavera del 1976 (quando in Italia parte quello sulle Brigate Rosse).

La corte dopo soli 36 giorni, accettando in parte le tesi difensive le inflisse una condanna di sette anni. Il Pubblico Ministero ne aveva chiesti trentacinque.

Molti osservatori ricondussero la bontà della sentenza agli effetti della enorme campagna di stampa paterna. In ogni caso Patty non li scontò tutti: il 31 Gennaio del 1979 venne graziata dal presidente Carter.

Da allora, si narra, Patricia Hearst vive felice e contenta con la propria guarda del corpo.

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2 marzo 2014 7 02 /03 /marzo /2014 16:54
UNA STELLA INCORONATA DI BUIO, di Benedetta Tobagi.

Che Benedetta Tobagi fosse, oltre che fotogenica, anche brava lo si sapeva già. E ciò almeno fin dal suo libro precedente:” Come mi batte forte il tuo cuore”. Che Manlio Milani fosse tenace ed informato anche. E questo almeno fin dal 1993 quando in una trasmissione televisiva accusò il generale dei carabinieri Delfino di aver depistato le indagini. Ora la bravura di Tobagi e la competenza di Milani si uniscono dando vita a questo libro che permette finalmente di monitorare quasi tutto lo scibile sulla strage di Piazza della Loggia. E non è una partnership professionale, il libro lo ha scritto la Tobagi, ma morale. I due infatti, che appartengono a due generazioni molto lontane, sono uniti dai casi della vita e da una similare esperienza di elaborazione del lutto: entrambi cercano la verità sulla morte, l’uno della moglie, l’altra del padre, dovute a fatti di terrorismo. Una verità che costituisce un diritto morale e civile non solo per loro, ma per tutti noi.

La strage di Brescia è avvenuta il 28 Maggio 1974, cinque anni dopo quella di Piazza Fontana a Milano. Ma sono due stragi con parecchi punti in comune e diversa storia giudiziaria. Ora più che mai esse sono legate dalla possibilità di arrivare al riconoscimento giuridico di una analisi storica ormai nota e confermata.

Se l’iter giudiziario relativo alla strage di Piazza Fontana è infatti già chiuso per sempre senza condanne per i colpevoli, ciò non vale per piazza della Loggia. Su di essa infatti si è appena espressa la corte di Cassazione annullando la sentenza, assolutoria, per due importanti personaggi coinvolti anche nella prima. E ciò permette in linea di massima di ottenere la verità e la comprensione di entrambe. Speriamo.

Il complesso iter giudiziario, che viene ricordato anche nel libro, ha avuto un punto di caduta un paio d’anni fa con una sentenza beffarda che assolveva gli imputati e condannava i parenti delle vittime al pagamento delle spese processuali. In tale occasione un articolo del (16 Aprile 2012, La Stampa) Manlio Milani stato chiaro; dicendo: “è ridicolo che le vittime paghino le spese allo Stato quando lo Stato dovrebbe stare sul banco degli imputati”. E qui sta il punto critico. Le difficoltà processuali enormi che hanno caratterizzato queste due stragi risiedono nel fatto che lo Stato, per ragioni legate all’anticomunismo dell’epoca, c’era dentro fino al collo.

Ora questo libro della Tobagi è ottimo e non nasconde niente, almeno a quanto mi consta perché non sono un esperto, ma è appesantito da una serie di accortezze tese a non attaccare troppo lo Stato. Tobagi dedica anche un capitolo a smontare la tesi, cara alla estrema destra, secondo la quale “le stragi le hanno fatte i servizi segreti”. Io capisco l’intento di negare ogni alibi ai dirigenti di Ordine Nuovo, ma al tempo stesso ritengo dominante il ruolo dello Stato nelle trame nere e ritengo da semplice cittadino che sia necessario dirlo fuori dai denti, con una campagna di trasparenza patrocinata dalla presidenza della Repubblica per capirci, perché lo Stato italiano e la sua scarsa credibilità agli occhi dei cittadini è uno dei più grossi problemi che abbiamo tutt’oggi, in pieno clima antipolitico.

Tornando al libro ho trovato molto interessante il capitolo “Fascisti” che esamina molto bene il punto di vista dei militanti di estrema destra sullo stragismo degli anni settanta. Vi ho trovato ad esempio chiarezza sulle motivazioni che hanno spinto Vincenzo Vinciguerra alla strage di Peteano. Si trattò di una strage punitiva nei confronti dei Carabinieri, veri autori, secondo Vinciguerra, dello stragismo e veri manipolatori dell’estrema destra. Lo stesso vale per le motivazioni di Tuti e Concutelli.

Il capitolo “Fabbriche” del libro di TOBAGI è affascinante per la leggerezza con la quale l’autrice affronta temi pesanti come quello relativo al tessuto produttivo industriale della città di Brescia. Dalle famiglie storiche ai tondinari. E diventa poi emozionante nella parte dedicata ai funerali.

Dalla descrizione di Brescia e la sua potenza industriale all’inizio degli anni settanta, Tobagi passa alla paura dei padroni nei confronti delle lotte operaie. Altro punto che ho apprezzato. “La piazza fa paura, non solo e non tanto le molotov, i disordini e gli scontri degli extraparlamentari di sinistra. Dall’autunno caldo alle grandi ondate di mobilitazione successiva, prende piede la sensazione che sia la piazza a guidare la politica.” Ma a muovere quegli operai verso la piazza non è solo la condizione di lavoro o la condizione sociale degli immigrati dal sud, c’è anche il sistema politico con la sua inadeguatezza. Le riforme capaci di risolvere i problemi operai dell’epoca non venivano prodotte dal sistema politico italiano perché esso era “bloccato”. La sinistra italiana era egemonizzata dal PCI, ovvero una forza politica incompatibile con i patti fondativi dell’assetto internazionale post bellico. Perciò il principio della alternanza bipolare tipo laburisti-conservatori non poteva dispiegarsi e le istanze innovatrici proprie del nuovo modo di vita si bloccavano in parlamento. “Una alternativa di sinistra al governo è impossibile.” La tecnica del ricatto occulto in forma d’intentona imbriglia il parlamento incanalando di consegenza le spinte riformatrici verso la piazza: scioperi, manifestazioni e referendum. E nel 1974 si tiene infatti il più importante, quello sul divorzio. La DC, all’epoca dominante, viene sconfitta solo fuori dal parlamento e messa sotto accusa nelle piazze. Ma paradossalmente in quegli anni ciò non genera disgregazione antipolitica, ma al contrario genera partecipazione. La mobilitazione sindacale di piazza, incanalata nelle organizzazioni di massa diviene l’alternativa al sistema bloccato. Ma viene interpretata e temuta dai golpisti come situazione prerivoluzionaria.Gli industriali tondinari vedono in questo processo l’anticamera di una dittatura che “si sta preparando senza spargimento di sangue” (pg 198) e quindi una minaccia ai propri interessi. E’ questo padronato ottuso e spaventato che apre la porta ai neofascisti dentro i quali si annidano i golpisti atlantici. Si crea il contesto della strage. Brescia è a soli 27 chilometri da Salò. La cosa era già visibile ai tempi della strage di Piazza Fontana quando, nell’ottobre del 1969 esplodevano bombette incendiarie davanti alle sedi del PCI e dell’Associazione Industriali bresciane. E la reazione padronale agli scioperi era pesante. “Alla Comini di Nave… dal 1971” il cui titolare fu condannato per attività antisindacale, ricorda Tobagi, “si segnalano casi di picchiatori fascisti assoldati per dissuadere gli operai”. La Cisnal, finanziata da quei padroni, recluta operai dal sud. Ma il movimento sindacale è forte. L’unità e la credibilità sindacale galoppa. Se ne vede un esempio quando Tobagi passa a descrivere i funerali delle vittime della strage.

E’ il 31 Maggio 1974, la credibilità dello Stato è a zero. Sette giorni prima i brigatisti hanno liberato il giudice Sossi, dopo il rapimento durato oltre un mese, senza aver ottenuto in cambio la liberazione dei prigionieri; due settimane prima la DC, che esprime il Presidente della Repubblica Leone e il Presidente del Consiglio Rumor, ha appena subìto la storica sconfitta referendaria sul divorzio. La città di Brescia che normalmente conta poco più di duecentomila abitanti, viene invasa da 600.000 persone. La sicurezza è affidata ai servizi d’ordine di Cgil Cisl UIL e funzionerà benissimo. Anche la sicurezza delle autorità sul palco è assicurata da uno spesso cordone di picchetti operai. E tutta la piazza fischia, fischia forte impedendo di parlare al presidente Leone. Qui Tobagi mostra le foto scattate quel giorno alle autorità. Leone e Rumor sono fortemente imbarazzati. La piazza grida slogan come:” MSI fuorilegge. Morte alla DC che lo protegge!”. Giornali e telegiornali tennero tutto all’oscuro.

Interessante infine l’apparato delle NOTE E FONTI che occupano le ultime venti pagine.

La strage di Piazza della Loggia ha avuto cinque fasi istruttorie e dieci fasi di giudizio. Nella quinta, che parte il 24 maggio 1993 ed è una indagine preliminare, si acquisiscono i contenuti probatori forniti da Carlo Digilio (che morirà il 12 Dicembre 2005) e punta ai vertici di Ordine Nuovo del Triveneto: Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi. Il 3 Aprile 2007 la Procura di Brescia chiede il rinvio a giudizio per concorso in strage. Esso verrà disposto dal GUP il 15 Maggio 2008. Zorzi, Rauti, Tramonte, Delfino, Maggi e Maifredi. Il procedimento si conclude il 16 Novembre 2010 con l’assoluzione in primo grado e il 14 Aprile 2012 in secondo grado. Sisifo attende il 20.2.14, quando arriva la sentenza di annullamento delle assoluzioni, ma non per Delfo Zorzi, il quale pertanto è definitivamente fuori dalla storia.

A pagina 444 c’è un sintetico riassunto dell’esito delle principali vicende giudiziarie delle stragi. La quarta indagine, del giudice Zorzi si conclude con la sentenza ordinanza del 23 Maggio 1993. Essa contiene soprattutto i materiali della “fonte Tritone” ovvero una ottantina di note informative protocollate. Si tratta di Tramonte che si trovante in Toscana tra i bombaroli come infiltrato e riferiva (“era gestito”) dal centro di controspionaggio di Padova.

(pg 445) Sulla strage dell’Italicus, del 4 Agosto 1974, l’approdo investigativo più importante è quello (extragiudiziale) della commissione parlamentare di inchiesta (P2, 1984) laddove si afferma:

Si può affermare che gli accertamenti compiuti dai giudici bolognesi così come sono stati base per una sentenza assolutoria per non sufficientemente provate responsabilità penali degli imputati, costituiscono altresì base quanto mai solida, quando vengano integrati con ulteriori elementi in possesso della Commissione, per affermare che: la strage dell’Italicus è ascrivibile ad una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana; che la logia P2 svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi extraparlamentari della destra toscana; che la loggia P2 è dunque gravemente coinvolta nella strage dell’Italicus e può anzi ritenersene responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale.”

Per me, semplice cittadino e lettore coevo di quei fatti tragici, questo giudizio è ancora valido.

***

Il libro è uscito in vista della sentenza di Cassazione relativa all’ultima fase istruttoria. La sentenza è arrivata il 20 Febbraio 2014. In essa si annulla la precedente assoluzione per Carlo Maria Maggi, dirigente di Ordine Nuovo e per Maurizio Tramonte, uomo dei servizi segreti. Per me questo esito ribadisce il legame operativo tra lo Stato e i suoi eversori di estrema destra nel quinquennio ’69 – 74. Non importa quanto tempo sia passato. Ormai sulla scena politica si sta affacciando la terza generazione, e, secondo la narrazione convenzionale, si sono già alternate due “repubbliche”; ebbene anche questo non ha importanza: chi accetta oggi come ieri di vestire i panni di questo Stato si assuma la responsabilità di chiudere questa vicenda con verità e giustizia perché se vuole mantenere uno straccio di credibilità lo Stato italiano alla fine dovrà risarcire le vittime e chiedere scusa ai cittadini. Una utile occasione potrebbe essere il prossimo 9 Maggio, giornata della memoria per le vittime del terrorismo.

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22 febbraio 2014 6 22 /02 /febbraio /2014 17:48
Emergenza Renzi

Questa settimana il Presidente della Repubblica italiana, quella nata dalla Resistenza e voluta col sangue e il sacrificio da chi si assunse il compito di cacciare i nazifascisti, ha violato le prassi istituzionali del parlamento in nome dell’emergenza. La stessa Boldrini, impegnata nella lotta al bullismo, ne ha, rispettosamente, presa distanza.

Fosse stato tale Berlusconi Silvio, colui che ha pianificato e realizzato una frode milionaria contro lo Stato Italiano approfittando anche della propria posizione istituzionale, non mi sarei scomposto, ma non è così. Si tratta di Giorgio Napolitano, colui che ricopriva la carica di Responsabile della Organizzazione del Partito Comunista Italiano quando, giovane illuso, ad esso mi iscrissi. Negli anni in cui, da operaio, dovevo scegliere da che parte stare davanti ad un sistema di sfruttamento che ritenevo insopportabile, Napolitano venne a Padova, città da me frequentata, e tenne una Conferenza su “Operaismo e Centralità Operaia”. Fu in tale circostanza che mi formai una opinione politica secondo la quale non era necessariamente quello extraparlamentare l’ambito ottimale per esercitare la lotta liberatrice. Fu allora che mi convinsi che lottare contro lo sfruttamento in fabbrica non significava per gli operai italiani dover abbattere, o anche semplicemente contrastare, uno Stato del quale avevano contribuito a creare le regole e le garanzie fondamentali. E se non sono andato con quelli che poi si sono armati ed hanno fatto tante terribili crimini finendo come fantocci al servizio di potenze ostili, fu anche per quella conferenza che Giorgio Napolitano concluse felicemente.

Ma è lo stesso uomo politico? Mah! Per raggiungere la sua età mi manca ancora qualche decennio e chissà come sarà il mio cervello allora, ma ora, mi spiace, non posso seguirlo.

Il punto è che l’emergenza non viene spiegata. C’è una situazione nota di grave crisi economica e finanziaria, con il conseguente pericolo di fuoriuscita dal controllo sociale. C’è una incerta sostenibilità degli impegni auspicabili nel semestre europeo, il quale non è un fatto di normale rotazione perché nel suo periodo si svolgeranno le elezioni e c’è un incalzante crescita del movimento di opposizione denominato 5 Stelle. Certo. Ma nessuna di queste situazioni giustifica l’emarginazione del Parlamento dalla dichiarazione di crisi di governo.

..

[19 Febbraio 2014] In attesa della prevista sentenza di Cassazione su cui dirò dopo, questa settimana ho concluso la lettura di: “ Benedetta Tobagi, UNA STELLA CORONATA DI BUIO. Storia di una strage impunita.”

Il miglior capitolo si trova alla fine: il peso nel cuore. E’ un capitolo dove riesce l’obiettivo di fare della letteratura di qualità, diversa dall’inchiesta, su un tema come la strage di Brescia. Non ho ancora capito il senso del titolo del libro, ma quello del capitolo si. Con riferimento al libro egiziano del Morti si riferisce al peso che simbolicamente l’anima trasferisce al cuore del deceduto per poter entrare nell’aldilà. Quante più sono le cose dimenticate, rimosse, nascoste durante la vita e tanto più pesante sarà il cuore quando verrà pesato per entrare nel regno dei morti.

La Tobagi non racconta, né sistematizza. Tobagi scrive una storia. Centrata sulla figura di Manlio.

Il ’74 è l’anno decisivo. Si chiude il ciclo, diciamo così, di Piazza FONTANA, viene sciolto Ordine Nuovo sciogliendo altresì i legami tra la destra eversiva e i servizi deviati. Vengono incaricati Maletti e Labruna di una indagine interna sulle compromissioni del SID di Miceli. Costui viene fatto fuori da Andreotti, Moro e Taviani che rilanciano la DC e creano le condizioni per l’apertura al PCI. Che si realizzerà quattro anni dopo, quando ne rimarrà solo uno: Andreotti. Quanto sarà il peso del suo cuore?

[22.Febbraio 2014] Come i sona se bala

Com’era intuitivamente prevedibile, Renzi Matteo zè “montà in scano”. Con questo non voglio dire (almeno non subito) che il nuovo accordo tra i poteri occulti (e illegittimi) che stanno dietro la politica italiana è stato raggiunto, ma certo la neo trattativa ha trovato un suo upgrading.

In proposito i dietrologi patologici come me non possono non osservare che ciò avviene nel giorno con il quale la Cassazione rilancia uno sprazzo di luce sulla strage di Brescia. Un giorno nel quale gente come il dr. Carlo Maria Maggi dirigente di una organizzazione occulta che disponeva degli esplosivi NATO e spie dei servizi come Tramonte vengono finalmente indicati per ciò che furono: pianificatori e organizzatori delle trame nere. In realtà oggi appare chiaro che quella bomba chiuse un ciclo e determinò il ricompattamento verso il compromesso storico. E lo fece sganciando larga parte del quadro istituzionale e soprattutto i servizi, (che passarono da Miceli a Maletti), dall’atlantismo golpista secondo il modello greco.

Si può vedere in questo la metafora ciclica del cambio di fase, dove un assetto di potere precedente lascia il posto ad uno nuovo. Ma si tratta di poteri illegali, che usano metodi criminali per fini anticostituzionali. Quei poteri la cui esistenza è stata sancita ufficialmente e dimostrata NON da qualche giornalista con la testa più o meno calda, ma da commissioni parlamentari in piena regola. Vuoi vedere che la esautorazione del Parlamento è cominciata allora?

Come sarà questa nuova fase?

Non lo so. Lo vedremo, ma certo gli italiani continueranno a ballare. E la RAI continuerà a produrre Sanremo…

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16 febbraio 2014 7 16 /02 /febbraio /2014 23:23
Soči a Recoaro Mille.  (Glocal Weekly memo 7)

La settima settimana del 2014 ci ha portato la memoria delle foibe. Ho seguito la spiegazione politically correct di Mieli alla TV di Stato. Tito è morto e sepolto da ormai trent’anni, ma l’anticomunismo no. Ho come l’impressione che si tratti di una nostalgica scuola di pensiero: siccome era bello fare i giornalisti ai tempi della guerra fredda, perché i dollari non mancavano mai, oggi, difronte allo scenario vacuo e desolante del giornalismo attuale, meglio continuare a fare gli anticomunisti. Ci si illude di essere ancora utili…

2 -

Da Sochi a Recoaro Mille. Nonostante l’abbondanza di neve e un discreto movimento sulle nostre piste, non c’è stata alcuna appassionata partecipazione alle vicende dei giochi olimpici invernali di Sochi tenutisi questa settimana. Potenza dei media. Se avessero montato una campagna di informazione, con relativi interessi sponsoristici in gioco, avremmo avuto grandi discussioni nei bar e i nostri atleti a Sochi sarebbero delle star. Invece niente; silenzio e disinteresse. E tutto questo nonostante il Presidente del Consiglio in carica Letta sia andato ufficialmente alla inaugurazione senza allinearsi al boicottaggio occidentale. Che sia stato fatto fuori anche per quello?

La settimana di Sochi (o “Soči ”se si accetta la grafia proposta dall’autorevole LiMes) era comunque stata preparata, seppur con incertezza, dai media internazionali. TIME ha infatti dedicato un Olympic Special di dodici pagine ai giochi e LiMes, rivista di geopolitica, è uscita con una apposita monografia.

In entrambi i casi si parte dal tema del terrorismo, vero mainsteam dell’evento. TIME dedica infatti il primo articolo al fatto che la paura ha determinato tra gli organizzatori una psicosi che fa di questi giochi i più “fortified” della storia. Il secondo invece è di contenuto agonistico e mette in evidenza la motivazione del team sportivo russo. Gli atleti russi vedono infatti in Soči la possibilità di riscatto rispetto alla delusione ricevuta nella tornata precedente di Vancouver. E poi si dilunga negli altri articoli sulla presentazione degli atleti americani che partecipano. Traspare anche qui la centralità del confronto USA Russia.

3 -

Distaccata invece, e molto più complessa, l’analisi di LiMes che coglie l’occasione dei Giochi Olimpici Invernali per esaminare tutto lo scenario geopolitico regionale e i relativi “grandi giochi nel Caucaso”.

La mia impressione è che il cripto-boicottaggio mediatico dei giochi sia stato poco fruttifero. Putin sta confermando la sua forte leadership organizzativa e l’Europa invece ha perso una opportunità di business turistico.

Bisogna ovviamente seguire la “end ceremony” per trarre giudizi, ma intanto vale la pena di ricordare che la Carta Olimpica vieta esplicitamente ogni tipo di uso propagandistico delle sedi olimpioniche, e ribadisce lo spirito di Pierre Decoubertin: l’importante è partecipare.

Altri tempi?

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