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17 dicembre 2023 7 17 /12 /dicembre /2023 23:56

 

 

 

 

Non ho mai seguito le prassi da lui indicate ma trovo i suoi scritti marxisti affascinanti.

Ritengo che egli sia stato prima usato e poi perseguitato da uno Stato ipocrita.

Pace.

 

 

 

 

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22 febbraio 2021 1 22 /02 /febbraio /2021 10:17

 

 

Il centenario della scissione di Livorno che portò alla nascita del Partito Comunista d’Italia è stato trattato con una insolita reverenza. Il mainstream ne ha parlato con un certo risalto in quanto nascita del PCI ovvero una delle principali forze costitutive della Repubblica e della Costituzione. Era un tributo doveroso e le incrostazioni della GUERRA FREDDA hanno pesato meno del solito. 

 

 

Ci sono state commemorazioni in Italia, alcune come quella di Livorno caratterizzate da contestazioni tra comunisti. Evidentemente c’è ancora chi si sente un comunista puro tradito dai collaborazionisti del neoliberismo e inneggia a Pietro Secchia. O forse c’è chi rimpiange la gioventù militante sessantottina. Tuttavia sarebbe stato più utile riflettere su quel momento storico, sugli effetti del biennio rosso e sul mito rivoluzionario.

Io ho avuto un padre e un nonno socialisti, cosa questa non molto comune a Valdagno dove nell'ottobre del 1921 davanti alla portineria della fabbrica ci fu un grave attentato contro Vittorio Emanuele  Marzotto, e pertanto ho pensato con ammirazione alle loro scelte. Ho quindi tirato fuori dalla mia disordinata biblioteca la STORIA DEL PCI, di Giorgio Galli Bompiani 1976 e ho steso questi appunti.

G. Galli

Il termine Comunismo lo ha rilanciato Lenin nel suo scritto “Progetto di piattaforma del partito del proletariato” dell’aprile 1914. In quell’anno inizia WW1 ovvero quel processo che, nell’analisi marxista dell’epoca, è il conflitto imperialistico. Col termine imperialismo si intende definire la nuova fase di riorganizzazione del capitalismo, una fase che, scrive Lenin, sfocia nella guerra conducendo l’umanità intera sull’orlo del baratro. Lenin vede l’inizio del conflitto imperialistico come una esplosione delle contraddizioni interne a sistema capitalistico e al tempo stesso come la dimostrazione dell’insufficienza del movimento operaio a fronteggiare la catastrofe nonostante essa fosse stata prevista e preannunciata dalla II Internazionale nel congresso di Basilea del 1912. In pratica i partiti socialdemocratici invece di mobilitare il proletariato contro la guerra avevano finito per avvallarla. E pertanto il 4 Agosto del 1914 segna la fine del vecchio modello di organizzazione del movimento operaio e l’occasione per una nuova fase, quella che culminerà nella rivoluzione russa del 1917. Ecco, questa è la fase comunista della storia; una fase nella quale si vede il proletariato contrapporsi all’imperialismo inteso come fase suprema, cioè definitiva, del capitalismo attraverso una nuova organizzazione capace di portarlo al potere.

 

In Italia alla fine della guerra, dopo un anno e mezzo di pesanti dispute tra correnti di pensiero  interne e l’arresto del vice segretario Bombacci prima e quello di Serrati poi con l’accusa di “tradimento indiretto” commesso durante la rivolta di Torino, la direzione centrale del Partito socialista dichiara “giunto il momento storico della realizzazione internazionale del socialismo” e diffonde un ordine del giorno nel quale il Partito si dichiara “pronto per un’azione immediata” a raccogliere le rivendicazioni rivoluzionarie indicando come proprio obiettivo “L’istituzione della repubblica socialista e la dittatura del proletariato” (documenti del 7 e dell’11 Dicembre 1918). Tale linea si basa sulla persuasione che la guerra abbia diffuso nella mente del proletariato la consapevolezza di “che cosa sia l’assetto economico borghese basato sulla proprietà privata”. In effetti le masse che tornavano distrutte dal fronte aspiravano ad un radicale mutamento; un sentimento che si traduceva anche in adesione alle organizzazioni di massa: la CGL triplicherà gli aderenti rispetto all’anteguerra raggiungendo il milione di iscritti, il Partito Socialista passerà da 50.000 a 87.000 iscritti e nelle elezioni politiche del Novembre 1919 le liste socialiste vinceranno raggiungendo il 32,3% con l’elezione di 156 deputati al Parlamento. Le cronache del 1919 riportano un bilancio dell’anno di 1.663 scioperi in agricoltura e 208 nell’industria. In Emilia e in Toscana i contadini di ritorno dalle trincee occupano le terre che la propaganda aveva loro promesso durante la guerra e gli operai fermano le lancette degli orologi, occupano le fabbriche e ottengono (nel settore metallurgico) le otto ore di lavoro giornaliero. Si diffondono le cooperative e nascono i consigli di fabbrica.

Nelle piazze e nelle fabbriche, anche di Schio e di Valdagno si cantava “e noi faremo come la Russia, chi non lavora non mangerà!” E ancora: “se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorar e proverete la differenza tra lavorare e comandar!”.

Lo stato italiano appariva inoltre debole, screditato e inefficiente anche nel consesso internazionale ove si trattavano le condizioni della pace e ciò nonostante il fatto che l’Italia risultasse tra i vincitori della guerra con centinaia di migliaia di morti per la conquista di due provincie che stentavano ad essergli riconosciute. E’ il periodo caratterizzato dai gesti di Dannunzio contro la “Vittoria mutilata” e il decollo dello squadrismo fascista.

 

Il 2 Marzo 1919 viene fondata a Mosca la III Internazionale. E’ quella di Lenin e nasce come partito mondiale del comunismo. La linea politica si caratterizza per la intransigenza nei confronti del colonialismo mentre la prassi organizzativa si caratterizza per un forte accentramento russofilo e una marcata tendenza alla bolscevizzazione degli altri partiti.

In Italia il 1 Maggio parte il biennio rosso. Gramsci, Tasca, Terracini e Togliatti fondano Ordine Nuovo e progressivamente durante le lotte che seguono si sintonizzano con l’area del napoletano Bordiga.

Il fallimento, in senso rivoluzionario, delle forti lotte del 1920 con l’occupazione delle fabbriche nel nord e occupazioni di terre al sud, ingenera nella sinistra la convinzione che con il Partito Socialista la rivoluzione non sarebbe mai stata fatta nonostante i proclami dei massimalisti e pertanto il secondo congresso della III Internazionale, esaminata tra le altre la situazione dell’Italia, raccomanda un congresso straordinario e approva un documento con 21 condizioni da rispettare. Tre di esse sono decisive: cambio del nome, espulsione dei gradualisti (compresi i dirigenti riformisti della CGL) e obbedienza a Mosca. Sono le condizioni che Serrati, pur confermando l’appartenenza all’Internazionale, non accettava e in particolare vedeva con estrema preoccupazione i rischi di una rottura con la Confederazione del lavoro perché essa raccoglieva la gran massa del proletariato organizzato. Pertanto si arriva al Congresso con tre posizioni già formalizzate: la sinistra di Bordiga e Gramsci, che chiede l’applicazione secca delle condizioni moscovite, la maggioritaria di Serrati che si riserva margini di autonomia da Mosca e rifiuta sia il cambio del nome che l’espulsione dell’ala riformista e la destra di Turati che ribadisce la prospettiva gradualista.

A Livorno Terracini parlerà per la frazione comunista dando atto dei meriti del partito socialista (mutue, cooperative ecc.) ma rimproverandogli di “non aver mai creato né tracciato un decisivo programma d’azione” quando invece “il partito di classe non è quello che fa avvenire secondo la sua convenienza i fatti della vita di un Paese, ma è quello che non si lascia mai sorpassare dai fatti”. Terracini sostiene che ora dopo la guerra il proletariato italiano si trova all’improvviso di fronte al problema concreto della presa del potere ma si ritrova senza lo strumento adatto a causa di tale mancanza di elaborazione e pertanto occorre creare il partito di classe del proletariato.

Alle votazioni, che avvennero nella mattinata del 21 Gennaio 1921 il centro massimalista ottenne più di novant’ottomila voti, la frazione comunista cinquant’ottomila e i gradualisti poco meno di quindicimila (si tratta di voti espressi dai delegati in rappresentanza degli iscritti). Dopo la proclamazione i comunisti uscirono dal Teatro Goldoni, sotto la pioggia, e si recarono al San Marco dove sotto la direzione di Bordiga venne approvato l’ordine del giorno approvato da Fortichiari che dichiarava costituito il Partito Comunista d’Italia sezione della Internazionale Comunista.

Tutto questo avveniva nella totale sottovalutazione, soprattutto da parte di Bordiga, dei rischi di involuzione autoritaria controrivoluzionaria che si concretizzeranno nel quinquennio successivo fino agli arresti e al confino. Il movimento dei fasci creato dall’ex socialista Benito Mussolini praticando la violenza contro gli oppositori (botte, incendi delle Camere del Lavoro e purghe con l’olio di ricino) raggiungeva infatti il suo apice sotto gli occhi distratti sia dei socialisti che dei comunisti fino ad ottenere nell’Ottobre del 1922 l’incarico dal Re di formare il governo.

 

La rivoluzione secondo il modello bolscevico non avverrà mai, ma il Partito Comunista italiano sarà però destinato ad avere un ruolo di grande protagonismo due decenni dopo nella Resistenza, nella creazione della Repubblica e nell’assemblea costituente. Dei cento anni che sono trascorsi dal Congresso di Livorno ben settantacinque portano il marchio fondamentale di una repubblica fondata sul lavoro nata grazie al contributo decisivo del Partito Comunista Italiano rimodellato da Palmiro Togliatti.

 

 

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21 gennaio 2021 4 21 /01 /gennaio /2021 00:22

 

Alla fine della guerra civile contro i russi bianchi controrivoluzionari, sconfitti dall’Armata Rossa creata e diretta da Trotzkj, viene fondata l’Unione Sovietica. E’ il 30 Gennaio 1922. In quel periodo Lenin si ammalò e dovette combattere la malattia per due anni. Sempre in quel periodo egli scrisse anche brillanti pagine di analisi oltre al famoso testamento politico nel quale manifesta freddezza verso Stalin. La sua parabola mortale non è ancora chiara, coperta da molti decenni di retorica, ma in epoca post perestroika sono emerse foto e documenti impressionanti.

 

 

Fu quasi certamente un ictus a causare l’inizio della sua malattia mortale. Ma la sua è una morte senza diagnosi. Verso Alla fine dei suoi giorni, nel periodo delle foto volute dalla sorella, Lenin non era in grado di farsi capire. Emetteva suoni incomprensibili ed era già paralizzato. Morì Il 21 Gennaio del 1924.

 

Prima della sua morte per la diagnosi del suo stato vennero fatti pervenire, tra varie difficoltà, dei luminari dalla Germania i quali parlarono di alzaimer e sclerosi multipla. Essi valutarono seriamente anche la possibilità di un’intossicazione da piombo causata dai proiettili sparati da Fanni Kaplan nel 1918, ma senza giungere ad una conclusione definitiva.

Tra gli storici trotzkisti fu popolare la tesi che Lenin fosse stato avvelenato da Stalin ma secondo alcune analisi storiografiche all’epoca Stalin non avrebbe ancora avuto il potere di ordire un simile complotto. I bolscevichi fecero in modo che venisse tacitata ogni diceria circa una morte causata da sifilide ma anche questa è una possibilità. Il diario della sorella Maria Ulianova, nel quale costei si confida convinta della sifilide, venne tenuto segreto.

A tutt’oggi un’opinione attendibile rimane quella dell’accademico delle scienze mediche Jurij Lopuchin il quale riconduce tutto ad una occlusione nella carotide interna sinistra di Lenin nella parte intracranica e scrive che: L’arteria si era trasformata in un solido canale biancastro e denso. Ciò sarebbe compatibile con l’idea di un lento avvelenamento da piombo. Le pallottole che erano state sparate dalla Kaplan il 30 Agosto del 1918 non erano infatti mai state tolte ed una di esse, vicina all’arteria, venne estratta dopo la morte.

 

E’ possibile quindi che Lenin sia morto per le conseguenze dei proiettili o per la sifilide. In ogni caso il suo cervello tagliato a fette è ancora disponibile.

 

Spero che in vista del centenario della sua morte venga fatta chiarezza; ma prima scade il centenario  della nascita dell’Unione Sovietica, e questo, nel bene o nel male, non è certo un fatto trascurabile nella storia Russa.

 

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Spes ultima Dea

 

 

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16 gennaio 2021 6 16 /01 /gennaio /2021 23:05

 

 

LiMes di dicembre 2020 chiude l’anno dedicando l’analisi al virus, ovviamente. Non so se per confermare l’adesione al mainstream mediatico e star fuori dalle polemiche o per tentare una sorta di bilancio.

Il numero però è chiuso da un articolo che ci aggiorna su uno dei temi che hanno caratterizzato l’annata politica di Macron ovvero i rapporti della Francia con l’Islam domestico. Nell’Ottobre scorso alcuni gravi episodi di violenza hanno rianimato l’interesse della società francese per questo tema. La decapitazione di un insegnante e la sparatoria contro fedeli cattolici dentro una chiesa ha offerto alla TV qatarina Al JAZEERA l’occasione per una intervista al presidente dell’Eliseo per fare il punto su tali problematici rapporti. Essi infatti si aggravano sempre più e nella intervista Macron stesso parla di “contro-società islamiche”.

Si tratta della minoranza musulmana francese che ammonta ormai a sei milioni di residenti, ovvero l’8% della popolazione. Sono strati di popolazione che derivano da varie ondate di immigrazione, storiche e recenti, principalmente dall’Africa sub-sahariana, dall’Algeria e dal Marocco. Essi, anche se residenti da più di una o più generazioni sono malamente integrati nelle banlieau e lamentano discriminazioni di vario genere che sarebbero da attribuire al loro retroterra etnico e religioso.

La Francia istituzionale è consapevole del problema e fin dai primi anni novanta ha avviato una politica di ricerca della convivenza agendo sul fronte amministrativo. Sono state create due istituzioni che hanno il compito precipuo di organizzare la rappresentanza musulmana. Esse sono Il Consiglio Francese della Fede Musulmana e la Fondazione dell’Islam di Francia. L’azione gode del sostegno diplomatico anche di Algeria, Marocco e Turchia, ma le tensioni geopolitiche non sempre aiutano. Queste politiche di integrazione sono state anche accompagnate da altre misure come il divieto del velo nei luoghi pubblici.

Nonostante questi tentativi le tensioni nel rapporto con l’Islam si sono aggravate e negli ultimi cinque anni le vittime civili degli attacchi messi in atto da gruppi terroristici islamisti sono diventate quasi trecento.

Macron quindi ha maturato la convinzione di dover intervenire per la sicurezza civile e sta adottando un orientamento che si fonda sull’idea di separare l’Islam dall’islamismo. L’articolo di LiMes definisce “manicheo” questo approccio che però è approdato ad una proposta di legge sul “separatismo” islamico. Essa prevede un forte regime di controllo delle moschee e delle organizzazioni culturali sospettate di diffondere l’odio e l’istigazione alla violenza, nonché la repressione delle pratiche come la “separazione dei sessi” e la “scolarizzazione domestica”.

Le nuove misure contemplano l’idea di bloccare l’afflusso di imam provenienti dall’estero, assegnando invece al Consiglio il compito di formarli in Francia. Il Consiglio stesso ha accettato l’idea e sta lavorando per costruire un accordo con le comunità islamiche. La Fondazione per l’Islam di Francia verrebbe invece finanziata direttamente dal governo francese per organizzare piani di studio islamico nelle università e la creazione di una cattedra di islamologia. E’ l’dea di un “Islam dei Lumi” che verrebbe distillato negli studi accademici in aperto contrasto con l’islamismo radicale, il cui insegnamento verrebbe represso (anche nelle moschee e controllando la predicazione degli Imam).

Si tratta di una sfida non semplice e tutta da verificare. Ma è un’ipotesi interessante nel medio/lungo periodo per un’Europa avanzata, tollerante e pienamente capace di convivenza multietnica.

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26 novembre 2019 2 26 /11 /novembre /2019 23:45

 

 

 

Il GdiVi di oggi riporta un articolo che, dando notizia di un convegno archeo-antropologico di Creazzo, richiama alla attenzione dei vicentini un argomento riguardante aspetti misteriosi dell’America Latina. Il Paititi.

La “ciudad perdida” di Paititi è da tempo al centro delle ricerche. Si tratta infatti di uno dei tanti mitici luoghi dell’eldorado INCA che si troverebbe nel bacino del rio Madre del Dios a sud est del Perù. Ne erano convinti almeno trent’anni fa Jacek Palkiewicz e Carlo Lenci, componenti vicentini di un team internazionale incaricato di sviluppare un apposito progetto di ricerca. Tale progetto era sostenuto anche dal governo peruviano e utilizzava già allora il ground penetrating radar ovvero particolari immagini satellitari. Ora la notizia è corroborata da una foto che mostra una montagna quadrata perché tagliata come una piramide tronca. La foto è suggestiva perché lascia pensare ad una piattaforma aeroportuale spaziale. Un sogno che rimanda a suggestioni kolosimiane. Ma l’articolo è molto politically correct e non si permette sbandate complottistiche anche perché a lavorarci è impegnata l’archoeastronoma Silvia Motta di Milano. In quelle aree potrebbe essere esistita una civiltà agricolo-idrica fino al 1610; cioè quando scompare l’impero dei quattro cantoni Tahuantinsuyo che si estendeva dal sud dell’attuale Colombia al nord dell’Argentina con ad occidente l’oceano e ad oriente l’Amazzonia. Tale impero, espressione di una civiltà scomparsa era nato nel 500 d.C. (o nel 1130 a seconda delle scuole archeologiche) ed era crollato nel XVI secolo sotto le armi dei conquistadores. Esso avrebbe avuto come capitale CUZCO che sorge in una fertile e riparata valle laterale dell’Urubamba. Pakawara è il nome di una tribù realmente esistente fino a pochi decenni fa. Alcuni archeologi delle civiltà precolombiane sostengono che l’ultimo discendente potrebbe essere deceduto nel nordest della Bolivia nel 1992.

 

 

 

 

 

 

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3 novembre 2019 7 03 /11 /novembre /2019 23:52

 

 

 

 

“The House of Gucci: A Sensational Story of Murder, Madness, Glamour, and Greed.” Scritto Sara Gay Forben è il libro al quale si è ispirato Roberto Bentivegna per scrivere il film Di Ridley Scott interpretato da Lady Gaga e pubblicizzato in queste settimane.

Si tratta della murder story su un assassinio che ha visto la condanna della moglie dello stilista Patrizia Reggiani quale mandante.

Maurizio Gucci, noto per l’omonima importante casa di moda, venne assassinato nel 1995 e per tale omicidio la ex moglie venne condannata a diciotto anni di galera. Di questa vicenda mi interessa soprattutto la connessione con la pista che, nell’ambito delle indagini sulla strage di Piazza Fontana, ha portato il giudice Guido Salvini a sviscerare le connessioni con il terrorista bombarolo arzignanese Delfo Zorzi.

 

Chissà se il film ne parla.

Delfo Zorzi è uno dei principali stragisti veneti protetti dai servizi segreti. Ha messo una bomba il 12 dicembre 1969 a Milano e nel 1974 è fuggito in Giappone dove è stato ampiamente aiutato a rifarsi una vita. Oggi è un cittadino nipponico e da imprenditore di successo svolge un ruolo di rappresentante del made in Italy. La cosa è tenuta in disparte con qualche imbarazzo dalla narrazione di regime, ma dimostra con nettezza che i militari dell’esercito segreto italo-statunitense che in nome dell’anticomunismo ha fatto 150 morti e 600 feriti tra inermi cittadini italiani vengono tutt’ora coperti, aiutati e ampiamente premiati.

Delfo Zorzi a Tokio è stato aiutato dal diplomatico e orientalista Romano Vulpitta che lo ha introdotto negli ambienti di import-export tra il ministero degli esteri nipponico e la Comunità Europea. Da lì venivano i 30 milioni di franchi francesi che aiutarono Maurizio Gucci, rampollo di un dinastia al tramonto, a salvare il marchio dalla scalata dei soci arabi. Questo enorme prestito fruttò poi a Delfo Zorzi un rientro di 37 miliardi di lire. Ma non salvò l’impero delle borsette.

 

Maurizio Gucci perse l’azienda, si buttò nella costruzione di casinò in Svizzera e la sua avventura finì il 27 Marzo 1995 dopo che un killer gli sparò sotto casa in via Palestro a Milano.

 

 

Mi auguro che il film con Lady Gaga ne parli, sono tutte verità accertate negli atti giudiziari, e mi auguro anche che Delfo Zorzi venga catturato almeno nel giudizio morale dell’opinione pubblica. Ridley Scott è un cineasta in gamba, e potrebbe permetterselo.

 

 

 

 

 

 

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22 novembre 2018 4 22 /11 /novembre /2018 16:50

 

 

Ludmilla godeva in bicicletta. Più pedalava e più godeva. Teneva il rapporto basso per pedalare più forte e godere di più in meno strada. Il rapporto era inversamente proporzionale soprattutto in salita ove lei soleva pedalare e godere furiosamente, con tanta energia. Arrivava doppiamente sudata, stanca ma felice. Il problema era in discesa, quando pedalava poco e faceva un sacco di strada. Odiava le discese. Erano diseconomiche, le ghiacciavano le mani e l’aria che entrava nella scollatura le raffreddava la pancia. A poco servivano i guanti e le magliette a collo alto: arrivava comunque annoiata e stizzita. E soprattutto non godeva quasi mai. Doveva tenere il rapporto alto e pedalare piano, doveva frenare e stancare le dita. Insomma doveva soffrire pedalando inutilmente.

Un bel giorno di primavera uscì di strada in discesa mentre pedalava a vuoto come una pazza. Con gran fortuna non si fece niente e si accovacciò per riprendere fiato e riflettere.

Già. Si rese conto che non era la quantità percorsa che contava nella sua vita ciclistica, ma la quantità goduta. Nel suo intimo ordine di valori il rapporto pedale/chilometro era sostituito dal rapporto di orgasmo podalico. Ludmilla era ciclovenerea, orgasmopodalica e discesofoba. Erano queste le cause dei suoi continui stati ansiogeni. L’unica soluzione era la pianura. Se ne fece una ragione e pedalò in pianura. Meno orgasmo/meno freddo, più pedale, più godimento a parità di strada percorsa. Il rapporto era direttamente proporzionale. Forse poco stimolante, insomma un po’ banale. Ecco, sì. Trovò la giusta definizione e se ne fece una ragione: d’ora in poi la sua vita ciclistica sarebbe stata “orgasmobanale ma ciclomensurale”.

Alla fine quindo, grazie al piano orizzontale, Ludmilla visse felice e pedalò contenta fino alla fine dei suoi chilometri.

 

 

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11 maggio 2018 5 11 /05 /maggio /2018 16:52

 

In un suo scritto che risale al Marzo 1982, Borges narra dei suoi genitori. Fu suo padre Jorge Guillermo a stimolarlo a scrivere e per questa ragione penso proprio che il mondo contemporaneo gli debba infinita gratitudine. Scrivere quando se ne avverte necessità e poi nessuna fretta, a pubblicare c’è sempre tempo.

 

Jorge Luis lo racconta in una delle sue preziose autointerviste pubblicate da Il Giornale e oggi riproposte nella collana “fuori dal coro” sotto la direzione di Sallusti. E dopo aver descritto con simpatia le sue minime avventure pubblicistiche tra il 1923 e il1930 parla di sua madre: “Una creatura straordinaria” che “credo non ebbe alcun nemico”.

 

Egli ebbe un rapporto moto bello coi genitori e con tutta la famiglia e qui, in questo testo apparentemente semplice Borges richiama in poche righe alcuni dolci tratti biografici con la modestia dei grandi. In quelle poche righe c’è tutto, perché c’è il senso di una vita anche sofferta, ma sempre con amore.

 

                                                                                ***

 

In questo tempo nel quale si assiste al meschino fallimento del premio Nobel per la letteratura, un fallimento endogeno ma trattato dai media come scandalo sessuale per ottenere magnitudo, si rimpiangono in quelle righe le occasioni perdute. Borges è un Nobel mancato, ma forse non sentiremo più la mancanza del Nobel.

 

 

 

 

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22 giugno 2017 4 22 /06 /giugno /2017 01:34

 

 

 

Il testo narra lo spasmo del buttero il quale, al ritorno dal gran pascolo, lungo un sentiero sterrato, già brama l'incontro con l'oggetto del suo desiderio.

Si sente la voce del buttero provenre dal sentiero sterrato mentre i cani latrano e il bestiame muggisce. Senti i galli che cantano all'alba fredda, senti ol mormorìo dell'acqua nel fossato.


Accidenti donna mia non languire, che ho già adocchiato una rosa in bocciolo per te!
Ti ho desiderata molto, mia strega, lontano da qui. Perciò lego stretto questo laccio ad un pezzo del mio cuore e te lo mando con la brezza di questa mia canzone. Assieme a tutto il mio amore!
Col tuo amore e la brama di una fiera al sole, io mi sento felice, determinato, coraggioso!
E ho il sentimento di un trovatore.

Guarda la nube di polvere nel sentiero sterrato: è il trotto del branco che lascia il pascolo!
(Perciò) forza ragazzo, dai! Apri la porta del recinto che da qui già vedo la fattoria del Signr Pietro.

Accidenti donna mia non languire! Ecc. ecc.

 

 

 

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16 marzo 2017 4 16 /03 /marzo /2017 18:49

 

 

 

 

Nel 1949 Orson Welles, durante la lavorazione del film The Third Man, suggerì a Graam Green una battuta destinata a rimanere nella storia del cinema:

 

" In Italia per trent'anni sotto i Borgia hanno avuto guerre, terrore e criminalità con tanto spargimento di sangue. Ma venne prodotto il Rinascimento, con Michelangelo e Leonardo.

In Svizzera vivevano in amore fraterno, avevano cinquecento anni di pace e cosa ne è venuto fuori? L'orologio a cucù."

 

                          

 

L'impatto suggestivo della battuta è favorito dal biaconero espressionista di Kraser, e funziona ancora. Essa ad esempio, è stata ripresa recentemente anche nella serie televisiva The Good Wife. Il significato è connesso con l'idea un po' gothic british che senza il lato oscuro non vi sia creatività nell'animo umano, inoltre la fonetica del cognome richiama l'idea dell'orgia che aggiunge pruderie al dotto richiamo storico. Ma la battuta è sbagliata. La guerra dei trent'anni coi Borgia non c'entra niente e l'orologio a cucù è stato inventato dai tedeschi nel diciottesimo secolo.

 

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https://youtu.be/pBy5q-UdIrk

 

 

 

 

 

 

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