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9 luglio 2014 3 09 /07 /luglio /2014 11:37

El galan in veneto indica un dolce fritto e freddo da mangiare carnevale, quando ogni scherzo vale.


La settimana scorsa Marco Lillo e Marco Travaglio, due penne solitamente non accomodanti, hanno intervistato Gincarlo Galan. Costui, politico berlusconiano in fase calante, dopo essere stato prima governatore del Veneto, poi ministro della cultura è stato recentemente coinvolto nello scandalo Mose ove, sulla base di una inchiesta della Guardia di Finanza, si ipotizza l’esistenza di un gran giro di corruzione tra gli appalti della grande opera. In questa intervista sembra che egli voglia battersi con tutt’altro stile rispetto a coloro che lo hanno preceduto.
Galan è un padovano che ha avuto fortuna fin da giovane nel management finanziario e che poi si è “prestato alla politica” assieme a Berlusconi all’inizio degli anni novanta per salvare l’Italia dagli scandali della prima repubblica. E’ un veneto atipico perché, è ottimista e cura una certa immagine esuberante sui media. Ora questo ottimismo e questa esuberanza son messi a dura prova dalla prospettiva carceraria, e dal rischio di gogna mediatica. Una pratica quest’ultima che dipende soprattutto dai giornali e dalle TV della sua parte politica. Egli è incazzato perché, accusato dai suoi ex soci che hanno patteggiato, rischia la galera senza poter patteggiare niente, perché in quanto innocente non avrebbe nulla da rivelare. Ma agli atti dell’inchiesta giudiziaria stanno molti fatti pesanti. Vediamone alcuni.


1 - Galan non attacca la magistratura. Sostiene di essere innocente, o come vedremo, accusabile al massimo di”culpa in vigilando” per eccesso di bonarietà e fiducia, ma argomenta contro gli errori dell’inchiesta senza asti ed ostilità verso gli inquirenti. Il primo errore da lui considerato riguarda i suoi redditi. La GdF sostiene che durante i periodi indagati egli sia vissuto al di sopra delle possibilità offerte dal reddito dichiarato e che ciò dimostrerebbe l’esistenza di guadagni da attività illecite. Ma la GdF sbaglia i conti, dice il nostro, perché non considera la parte non imponibile dei suoi guadagni. L’ammontare di questi errori per difetto arriverebbe a 1 milione e 700 mila euro in dieci anni, importo al quale per valutare il tenore di vita andrebbero aggiunte le entrate della moglie non calcolate da GdF arrivando sopra i due milioni.


2 – Galan viene accusato dai suoi soci: la MINUTILLO, ex segretaria, Mazzacurati presidente del Consorzio Venezia Nuova e Baita, potente manager. Tale legame societario, in Adria Infrastrutture, espone Galan al sospetto di cointeressenza con attività da lui stesso commissionate in forza della sua posizione di governatore. E soprattutto richiama l’idea di una pesante illegittimità in quanto occultato dietro una intestazione fiduciaria che lo nasconde. Ed egli stesso lo ammette: “E’ vero, non lo dovevo fare”, ma il suo è solo un giudizio (per quanto tardivo) di opportunità politica perché di fatto non c’è reato; l’associazione tramite fiduciaria (di Banca Intesa) è perfettamente legale. Ma allora perché l’ha fatto? Perché grazie a tale schermatura “per anni i giornalisti hanno scritto di Baita e Minutillo senza mai poter dire che c’era anche lui”. E qui gli intervistatori smascherano un calcolo politico eticamente sgradevole ai limiti della legalità. Quanto all’attività Adria Infrastrutture non ha ricevuto incarichi, aveva solo un scopo di lungo periodo, Galan voleva assicurarsi una occupazione alla fine della carriera politica. Inoltre, dice Galan, la società in sé “non valeva proprio un cazzo”, l’aveva inventata Baita per dare uno stipendio alla Minutillo.


3 - Quanto ai finanziamenti politici in nero di cui parla la sua ex segretaria la difesa di Galan è la stessa del sindaco di Venezia Orsoni (centro-sinistra): non ne sa niente perché alle campagne bada il partito. Opere in corso? Anche qui Galan non c’entra niente perché dal 2010, ovvero da quando non è più governatore: “in Veneto non conto più nulla”.


4 - La Regione Veneto in quanto ente “non c’entra nulla con il Mose”, che sarebbe stato secondo le accuse illegalmente finanziato dal Consorzio Venezia Nuova, l’opera dipende dal Ministero e dall’apposito comitato insediato presso la Presidenza del Consiglio.


5 - Gas indonesiano. La società Thema Italia spa, riconducibile a Galan secondo gli inquirenti, opera nel settore della distribuzione di gas in Indonesia ed è rilevante perché costituisce il secondo gruppo privato in tale mercato. Essa rappresenta anche la facciata italiana di un importantissimo affare avente per oggetto il commercio di gas. Galan possiederebbe anche il 10% del capitale di Energia Green Power ed avrebbe vari interessi maturati nel campo dell’approvvigionamento energetico. Ma il nostro in proposito è molto liquidatorio: l’argomentazione in discolpa poggia sul rigasificatore di Porto Tolle, opera da lui voluta e inaugurata: “Se volevo parlavo col Qatar che fornisce materialmente il gas e me ne facevo impacchettare un po’ a mio nome per farci il business. Ma non l’ho fatto, e l’Indonesia non so neanche dove sia…”.


6 - Conto corrente a San Marino. Galan da governatore firma il primo accordo tra una Regione e uno Stato estero, San Marino appunto. Apre simbolicamente un conto corrente a suo nome sul quale versa duecento euro, ma l’anno dopo se ne trova cinquantamila versati dalla sua segretaria “con firma falsa” a suo nome. Anche il successivo prelievo sarebbe stato eseguito con falsa firma. Quel conto in pratica sarebbe stato a suo dire usato con frode dalla segretaria per affari a lui estranei.






Insomma Galan si difende e per farsi una opinione consapevole e non propagandistica val la pena di seguire con attenzione. In molte altre vicende simili l’informazione non era così approfondita. Se è una strategia comunicativa essa poggia su uno stile seduttivo e non aggressivo, ci si aspetterebbe dal modo in cui Galan parla che avesse l’aspetto tipico del veneto da barzelletta, col nasone rosso da “ombre” mentre invece si ratta di un politico navigato con tratti di autonomia anche dal grande capo. Un politico della vecchia guardia che si difende, almeno sui punti che riguardano il finanziamento illecito delle campagne elettorali, come il sindaco di Venezia, che appartiene all’altro campo politico.
Il parlamento deciderà se passare all’arresto oppure no. Mi auguro che i parlamentari dispongano di elementi valutativi molto più di noi e che decidano non per calcolo politico, prendendo a riferimento opportunità di scenario, ma per valutazione di merito.

Ora l’indagine si sta allargando verso Tremonti, ex avversario interno di Berlusconi, e l’arresto del suo collaboratore è un segnale preciso che va nella direzione del suo coinvolgimento in attività illegali. Spero che non vi sia accanimento o uso propagandistico. Lo scenario “renzusconi” che caratterizza l’attuale contesto potrebbe esserne tentato.







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