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14 giugno 2017 3 14 /06 /giugno /2017 13:37

 

LiMes di giugno. La quinta monografia di quest’anno è dedicata agli scenari di un divorzio atlantico possibile. Più precisamente è dedicata alla Germania, la sua cultura e il suo potenziale geopolitico, come perno di una svolta che Lucio Caracciolo nel suo articolo introduttivo definisce: ”processo di emancipazione dal vincolo americano e progressiva normazione della normalità”.

La Germania attuale è il risultato di una fuoriuscita vincente dalla subordinazione cui l’avevano sottoposta i vincitori di WW2. L’America in particolare “vinta la seconda guerra mondiale, inventò la sua Europa per controllare la Germania ed impedirne l’aggregazione all’impero sovietico” scrive Cracciolo. Questo piano rispondeva ad una strategia di “doppio contenimento, antitedesco e antirusso” in una idea che richiama una sorta di Euramerica.

Il battesimo del marco, nel 1948, fu favorito unilateralmente dall’iniziativa americana. Esso fu poi seguito dal robusto schieramento militare che, a partire dal 1949, creò la Repubblica Federale di Germania in funzione anticomunista, uno Stato satellite cui venne contrapposta la creazione della Repubblica Democratica Tedesca. In tal modo “la spartizione della potenza sconfitta era la garanzia reciproca tra vincitori… per cui nessuno poteva aggregarla interamente al proprio carro”. In un primo tempo il processo fu condiviso anche da britanni e francesi, ma il disegno egemonico era soprattutto americano. “Accordi segreti mai denunciati – scrive sempre Caracciolo – consentivano all’intelligence statunitense di intercettare a piacimento ogni genere di comunicazioni aperte o riservate dello Stato alleato” (pg 12). E la stessa intelligence della Repubblica Federale fu creatura totalmente USA.

 

Dopo gli anni di Guerra Fredda l’unificazione ha favorito la Germania al di sopra delle aspettative. La stessa creazione dell’Euro fu concepita da “francesi e italiani come riparazione che i tedeschi dovevano agli europei per essersi unificati” ma in realtà oggi funziona “da moltiplicatore della potenza commerciale tedesca nel mondo. “E ultimamente, anche con l’avvento di Trump, siamo giunti al tempo delle recriminazioni palesi.

Al G7 di Taormina il nuovo clima è stato in pratica solennizzato.

A tenere in vita l’Euro, scrive Caracciolo, resta la paura di catastrofi monetarie. Ma è pronto un Piano B. Merkel infatti pensa ad un euro del Nord (una moneta che nell’articolo viene definita ‘Neuro’, non so se ironicamente o seriamente) pronto a scattare in caso di emergenza. Si tratterebbe di passare ad una Unione Monetaria ristrutturata, germanocentrica, che coinvolga, tra i principali partners commerciali europei, un gruppo più ristretto di paesi. In pratica una eurozona consolidata, ma più piccola della attuale. Qui è interessante notare che nella cartina che la prospetta l’Italia appare spezzata in due: Italia del nord e resto del Paese. IL testo non ne parla, ma la mappa è chiarissima.

 

 

 

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