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6 settembre 2014 6 06 /09 /settembre /2014 12:50

Sotto i colpi del vertice NATO a Glasgow sono riemerse piccole e grandi nostalgie recentemente sopite. Quelle per il protagonismo “indipendente” di Berlusconi ad esempio.

E’ noto che Berlusconi aveva sviluppato una politica estera aperta a Putin e Geddafy, poi è stato fatto fuori dai bielderberghiani (diciamo così per evocare l’ambiente di potere illegale, sovranazionale, occulto che dirige clandestinamente l’Occidente) per ricondurre l’Italia, ma soprattutto l’ENI di Scaroni, a miti consigli in tema di approvvigionamenti energetici. E’ stata quindi distrutta la Libia per permettere a Francia e Inghilterra di tirarsi un po’ su e ora tocca (toccherebbe) a Putin. L’Italia nicchia un po’ ma non è un problema. Si tratterà solo di testare meglio il grado di resistenza passiva che il governo renzino saprà opporre. Tra le forme di velato non allineamento italiane potrebbe esserci la mano leggera sulle sanzioni economiche. Ma ovviamente non se ne parlerà fintantoché non sarà formalmente sciolto il nodo della nuova governance NATO.

Dicevo delle piccole nostalgie. La retorica bellicista di Rasmussen, il “pazzo atlantico” (v. IL MANIFESTO DI mercoledì 3 settembre u.s.), è stata tarpata dalla notizia diffusa in mattinata secondo la quale Putin e Poroshenko avrebbero raggiunto un accordo di cessate il fuoco e lo slancio armageddone si è quindi ridimensionato sbilanciandosi sul fronte levantino anziché ucraino.
In realtà non è la Russia in quanto tale che spara, bensì i suoi prodromi del sistema militare ex sovietico, ma comunque dal pdv geopolitico l’interlocutore giusto per la crisi est-ucraina è appunto la Russia aldilà della forma diplomatica; ebbene di fronte a tale notizia l’informazione occidentale, che era in stato di allerta per il vertice e quindi doveva sottostare alle veline NATO, è stata per alcune ore spiazzata… ma poi si è subito riallineata. Il seminazista Yatsenyuk (eroe di paglia di piazza Maydan ora divenuto premier del governo di Kiev) ha sparato la sua dichiarazione che tentava di smentire l’evidenza e i nostri l’hanno enfatizzata nei titoli. Per fare un esempio il Fatto Quotidiano di Giovedì 4 Settembre titolava:” La tregua Mosca-Kiev forse è un bluff di Putin”. Ma gli articoli interni e soprattutto le analisi del giorno dopo vertice registrano il passo indietro NATO. La cosa viene condita di circonlocuzioni varie, ma pare proprio che non si andrà oltre le manovre militari congiunte ai confini polacchi e baltici.

Il punto vero sono le sanzioni. Agli Stati Uniti fa molto comodo che l’Europa non cresca e non compri gas da Putin. Fa comodo perché nei decenni scorsi ha investito nello shale gas e ora deve pur piazzarlo, non foss’altro per la cointeressenza con il Qatar e gli Emirati nel business del trasporto e rigasificazione. Inoltre i vari Hedge Founds arabo-occidentali soffrono la presenza della finanza russa nella City e tramano affinché vengano messi all’angolo alcuni personaggi che hanno molti mezzi finanziari e giocano duro sul tavolo speculativo. Da qui l’invenzione delle sanzioni ad personam.


Oltre alla Germania che, aldilà delle sparate renziane, se la sta cavando molto bene nella crisi e continua a crescere, le sanzioni danneggiano l’economia italiana soprattutto da noi nel NordEst. Ci sono poi in ballo le prospettive di grandi contratti con nostre grandi industrie, Finmeccanica, Marcegaglia ecc. ma il nerbo della nostra produzione sono gli esportatori veneti ed emiliani, aree che hanno dato un grosso contributo elettorale alla vittoria renziana delle recenti europee. La Confindustria veneta parla del 41% sul totale dell’export in ballo con le nuove sanzioni… Insomma una situazione che mi fa pensare che se il regime sanzionatorio auspicato dal vertice NATO dovesse consolidarsi avremmo una ricaduta politica che non si limiterebbe a ridimensionare il consenso verso il governo, ma andrebbe a farsi sentire anche nel referendum per l’indipendenza.


***

Curioso osservare che il vertice si tiene nei giorni che il martirologio dedica tra gli altri, al culto di san Giordano. Costui, qualora si tratti di Giordano di Sassonia, nel tredicesimo secolo fu generale dell’ordine domenicano e morì in un naufragio di ritorno dalla Palestina. E’ sepolto ad Acri dove è onorato anche dai musulmani. Una figura interconfessionale si direbbe oggi, al punto che la sua santità venne posta in discussione nei secoli scorsi, per essere poi riconfermata da Leone XII nel 1826.
Qualora si trattasse invece di San Giordano Giacinto Ansalone, pure lui domenicano, ma nel diciassettesimo secolo, sarebbe altrettanto curioso notare che costui morì a Nagasaki (nel 1634) martirizzato a causa di persecuzioni anticristiane causate da rifiuto di abiura. Una fine tristemente attuale.



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commenti

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