Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog
1 luglio 2012 7 01 /07 /luglio /2012 23:36

Qualcosa-di-scritto-1.JPG

Me lo hanno segnalato come possibile vincitore dell’imminente premio Strega, in competizione diretta, forse, con Carofiglio e il suo “Il silenzio dell’onda”. L’ho trovato interessante, ma alla fine mi si è depositato in testa un giudizio controverso. La prosa, il tema e la qualità del ragionamento depongono decisamente a favore, ma l’impianto, come dire, “cognitivo” dell’opera non mi ha conquistato. Anzi, forse un po’ deluso e allontanato.

L’autore, che non è l’ultimo arrivato e ha un ottimo background di cultura e letteratura, quand’era un po’ più giovane ha lavorato al Fondo P.P.Pasolini a Roma in Piazza Cavour, realizzando un’esperienza che oggi ci ripropone in forma meditata ed annotata. Allora aveva l’obiettivo di raccogliere tutte le interviste di Pasolini dai tempi di Ragazzi di vita (’55 – ’75), ma per realizzarlo doveva stare sotto il giogo di Laura Betti, cosa assolutamente penosa e opprimente al punto che per tutto il libro la conosceremo come “la Pazza”. “Mente ustionata e smarrita” egli scrive. Ma al centro della scrittura di Trevi non c’è una narrazione bensì una sorta di testimonianza culturale, una sua ricerca di incontro spirituale con l’animo artistico e culturale dell’ultimo Pasolini.

Trevi lascia trasparire una visione molto alta della figura letteraria di Pasolini e lo accosta a Cèline, Sylvia Plath. Mishima e altri che non conosco, proponendolo come perfetto rappresentante dell’età moderna anche se inconsapevole del fatto di essere al tempo stesso uno degli ultimi.  Si tratta del Pasolini di Salò o le 120 giornate di Sodoma ma soprattutto il Pasolini di Petrolio, opera complessa e controversa sulla quale si concentra la gran parte dell’idea motivante e del lavoro di scrittura di questo libro.

*

Si parte molto bene, l’approccio è seduttivo e promettente, al punto che si può anche rimandare la sosta prandiale arraffando biscotti (a basso contenuto calorico mi raccomando!) e analcolici. La lettura richiede concentrazione, un certo interesse per la tematica, e dunque, acquisite tali premesse, scorre veloce. Man mano che si procede però ci si accorge che ciò avviene fustigando le curiosità morbose o le lusinghe dietrologiche che caratterizzano la recente letteratura sul caso Pasolini. E qui c’è il punto problematico della mia  lettura. Ma andiamo con ordine.

Trevi, che in certi punti è assolutamente magistrale, accenna alla sua visione della letteratura moderna e delle sue tendenze con profondo acume ed ironia: accenna a Gordon Lish ad esempio, famigerato editor di Rymond Carver, per concentrarsi su questa figura professionale moderna, l’ ”editor” appunto, la quale a suo avviso sta per “ trasformare la letteratura tutta intera in narrativa”… fenomeno ineluttabile quanto repentino, simile ad un “colpo di stato spirituale”. E qui l’ho apprezzato perché mi ha fornito una chiave di comprensione per ciò che sta accadendo nell’editoria di questi anni in cui si riesce sempre meno a distinguere tra romanzo e saggio, tra testo e contesto, tra  “autore”, inteso come scrittore, e “testimonial”. Anni in cui le librerie sono sempre più piene di testi scritti da cuochi, politici, calciatori, cantanti… ecc. “E’ un romanzo, ma non è scritto come sono scritti i romanzi veri: la sua lingua è quella che si adopera per la saggistica, per certi articoli giornalistici, per le recensioni, per le lettere private o anche per la poesia.” Scrive Pasolini a Moravia a proposito di Petrolio. E più avanti Trevi dice del romanziere attuale che è un po’ una “persona informata dei fatti” e un po’ “fa finta, si tira indietro, conosce quello che basta per descrivere e quello a cui invece bisogna rinunciare per non soccombere.” Parole sante. Almeno per i miei gusti di lettore. Lo stesso Strega l’anno scorso ha premiato un testo che contiene molta più sociologia della globalizzazione che narrativa.

Ma così è in definitiva anche questo libro dove “qualche cosa di scritto” è l’espressione che a questo punto diviene un nuovo titolo, una nuova definizione di Petrolio. E Petrolio diviene un’opera dove scrivere “… significa intrattenere con le parole la stessa penosa intimità che unisce il bambino che piscia nel letto alla chiazza tiepida che si allarga sul lenzuolo”. Ottimo. Inoltre concordo con quanto detto a pagina 125: con Pier Paolo Pasolini se ne va anche il Novecento di Pollock, Artaud e Mishima come il Rock se ne è andato con Kurt Cobain nel 1994…

Ecco, questa è la parte che più mi affascina a mi coinvolge del libro. E si tratta di un discorso che calza con il travaglio della letteratura e dell’editoria moderne.

Poi ci sono altre parti più leggere e piacevoli. I personaggi descritti per esempio.

**

Ho già accennato alla povera Laura Betti, uno dei miei miti erotici del sessantotto (tra l’altro qui proposta in copertina proprio con una foto di quel periodo). Credo che solo gli addetti ai lavori, gli amici e i conoscenti sapessero della sua evoluzione bulimica e psicopatica degli ultimi anni di vita. Io non ne sapevo niente ed ho trovato perciò molto curioso e malinconico conoscerla nei termini coi quali Trevi la descrive. E’ una sprezzante paranoica aggressiva, dispettosa e turpiloquace che arriva al punto di orinare per dispetto nell’ascensore quando scopre che lei e i suoi due accompagnatori (Trevi stesso e il semiologo Massimo Fusillo) non sono sistemati in tre, ma in due camere d’albergo…  Ciò detto Laura Betti è la figura principale ed è anche trattata con rispetto e devozione artistica in vari frangenti del testo. Anzi, su di lei il libro raggiunge il suo livello più alto, ai limiti del tributo, con le parole acute che Trevi usa  a pagina 203, laddove ci rivela che la voce del demone nella versione italiana del film L’Esorcista, di Friedkind, è di Laura Betti e la genialità di quella storia sta proprio nel fatto che quel demone “rivela il suono della sua voce come il più osceno e terrificante dei suoi attributi”.

Poi ci presenta altri personaggi, nomi noti della letteratura come Walter Siti o sconosciuti come Dragan e Ljuda, tutta gente che è passata per la sede del Fondo Pasolini. E a seconda del personaggio il discorso vaga per territori vasti e imprendibili, o a volte semplicemente sconcertanti come i capitoletti sado-maso durante i quali confesso di essermi fermato per un time-break che, oltre a permettermi di portar fuori il cane, mio gran compagno di letture, mi ha permesso di staccare un po’ la testa dal senso di disgusto. Ecco, qui è bene a mio avviso organizzare una cena come si deve e rimandare al giorno dopo la ripresa della lettura. Magari, come nel mio caso con dei filetti di platessa, zucchine lesse e purea di patate accompagnate da un buon vino bianco fresco (come ad esempio un soave brut dei vigneti di Monte Tondo). La platessa è molto digeribile e gustosa, basta star leggeri col burro ed essa sfama dando un senso di profumato di candore e digeribilità che ben contrastano il sapido gusto del sadomaso, (specie se connesso ad immagini allusive di variegati fluidi corporei… )

***De-Sade.JPG

 

Veniamo ora al punto dolens, ovvero il fatto che questo testo veicola un messaggio fortemente “anticomplottista” sulla vicenda Pasolini e propone una visione della sua figura artistica più esoterica che corsara.

In questi ultimi anni sono emerse evidenze che Pasolini è stato ucciso con molta violenza da più malavitosi e che, probabilmente, costoro agivano su mandato dei centri occulti di potere che la sua opera stava attaccando. Il libro di Trevi lo nega. Beninteso, non mi sembra affatto questo il principale intento autorale, perché si tratta di un’opera che si occupa di molto altro, e al contrario vagheggia una certa indifferenza per il tema, ma in realtà è un discorso che troviamo in vari punti e a volte trattato con acrimonia.

Egli scrive di aver letto il dattiloscritto originale in fotocopia di Petrolio e di considerarlo un “qualcosa di scritto… che va molto oltre il concetto stesso di “letteratura”. Insomma un testo del quale i suoi scarsi lettori avrebbero capito poco e rinvia alla lettura del commento De Laude per quanto attiene all’ipotesi, cara ai complottisti, secondo la quale Pasolini nella preparazione di Petrolio disponesse di fonti particolari (servizi segreti, documenti speciali o altro)  In particolare, e non senza una certa dovizia filologica, questo aspetto viene affrontato in una nota al testo, la 17 di pagina 117. Qui l’autore, dopo essersi scagliato con immotivata veemenza in una insolita invettiva contro” il carattere italiano medio”, contro il gusto per il “ giallo, il noir, l’intrigo col morto…” ma soprattutto contro “ i letterati di sinistra ” i quali a suo dire “ onorano, nel detective, la suprema forma della conoscenza “, attacca la teoria del “capitolo rubato”.  Si tratta di un mainstream  di questi ultimi anni, sostenuto anche da familiari, secondo il quale a ridosso della sua morte sarebbero avvenuti dei furti tra le carte di Pasolini finalizzati alla eliminazione di parti del romanzo già scritte ma compromettenti per i giochi del potere. Sarebbe stato bello che tale tesi fosse dimostrata dal ritrovamento del capitolo “lampi sull’ENI” del quale il senatore dell’Utri aveva solennemente annunciato di essere entrato in possesso.  Ma tutto sinora si è risolto in un nulla di fatto.

Io sono di sinistra e amo il noir per cui ho cominciato a sentirmi escluso dal target cui l’autore pensava di rivolgersi idealmente quando scriveva quelle parole, in ogni caso ho solo continuato a leggere, registrando che questa parte del libro esprime di fatto una precisa presa di posizione in proposito.

 

Profondo Nero è un libro dedicato a Pier Paolo Pasolini uscito per Chiarelettere nel febbraio 2009.  In esso gli autori Giuseppe Lo Bianco e Sandra Razza sostengono con solide argomentazioni che quella di Pasolini è una storia pienamente inserita nelle trame nere italiane dove sguazzano fascisti, servizi segreti e personaggi violenti, nonché squallidi della malavita siciliana e tiburtina. Per dirla in sintesi la tesi del libro, formulata sulla base dello stato degli atti di varie inchieste concluse a metà degli anni duemila, è che i delitti Mattei, De Mauro e Pasolini sono collegati tra loro in una lunga trama nera, la stessa delle stragi di stato, una trama che Pasolini conosceva e stava ricostruendo e denunciando con l’obiettivo di svergognare un’intera classe politica non solo italiana. Ora, io sono un lettore che sta al gioco e cerca sempre la complicità con l’autore;  perciò non entro nel merito dell’assassinio di Pasolini. Riconosco che non è questo il tema del libro, anche se il capitoletto sul “pellegrinaggio” all’idroscalo lo richiamerebbe, e tralascio richiami e considerazioni sui particolari di quella morte. Ma in un’opera come questa, costruita sulla grandezza e sulla dimensione intellettuale di un protagonista del Novecento è difficile rimuovere il carattere battagliero, corsaro e alla fine eroico, di un autore che emergeva in quanto antagonista del potere e dei suoi trucchi violenti, uno che non solo non ci cascava, ma che anzi, era in grado di capirli, prevederli e ridicolizzarli.

Il Pasolini di Trevi mi è parso invece un artista intimo ed introverso, un uomo che certo comprende e disprezza il potere, ma si limita a stare in disparte nei suoi salotti che pur frequenta. Un artista che nell’ultima parte della sua vita cercava l’iniziazione ai misteri eleusini, più che la comprensione dei misteri italiani. Per Trevi quindi Petrolio non è il documento trasfigurato della ricerca di verità contro il potere politico, mediatico, consumistico che Pasolini annunciava nella sua invettiva pubblica oggi nota come “io so”, ma è solo “qualcosa di scritto” scopiazzando le analisi politiche dall’Espresso tra una ricerca e l’altra di “cazzi grandi” per film e notti violente con suggestioni sadiche.

Io amo sognare, è per questo che leggo, amo la verità e se non la raggiungo la sogno, ma ormai ho un discreto numero di anni di vita dietro di me e a volte sono anche cinico. Mi rendo conto che quelle parole di Pasolini: “ Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l’aiuto della CIA (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato… una crociata anticomunista a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della CIA, si sono ricostituiti una verginità antifascista… Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato disposizione e assicurato la protezione a vecchi generali…” ecc. pubblicate da Piero Ottone sul Corriere della Sera qualche mese prima della sua morte, sono oggi un ottimo manifesto per una sorta di filocomplottismo sinistrorso, e in questo gioco un uso acritico delle parole di Pasolini può nutrire qualche manovra politica sgradita in particolare al presidente della Repubblica, ma non rinuncio a credere che siano vere e vogliano dire esattamente ciò che dicono. E la eliminazione, fortemente simbolica, di chi le ha scritte non solo ha punito chi ha avuto il coraggio e la sfrontatezza di dirle, ma lo ha anche fermato perché lui, Pier Paolo Pasolini, quelle cose e quei nomi le stava scrivendo in un romanzo, che oggi conosciamo col nome di Petrolio.

Trevi esamina gli Appunti di Petrolio ma non lo fa sistematicamente, lo fa secondo un itinerario erratico e senza finalità analitiche. Per carità, è una scelta di sviluppo testuale assolutamente libera e legittima per un’opera letteraria che, per quanto dotta e fondata, faccio fatica a definire “narrativa”, ma che sul mercato librario è proposta come tale. Perciò che faccia pure, ma anche per questa ragione il suo qualcosa di scritto mi ha lasciato un senso di delusione e falsa neutralità. Per me questo è un libro da leggere, sì, perché è ricco e ben scritto, ma non da premiare perché lavora contro un processo di verità che il nostro Paese, a partire dalla sue energie intellettuali, deve fare se non vuol lasciare la letteratura in un ruolo di puro asservimento al potere.

Io sono solo un  lettore, ma un lettore libero, e penso che Pasolini non possa essere ricordato in un’opera come questa, che è di un certo spessore, prescindendo dal significato della sua morte. Io sto con chi oggi porta avanti un lavoro di aggregazione di una area politico culturale antagonista alle balle di stato, un’area oggi come allora temuta dalla sinistra conformista e odiata dalla moderazione, un’area che oggi ha anche a disposizione un quotidiano di successo che non dipende dai finanziamenti di Stato. Speriamo che duri.

E la lettura di questo libro è stata un’esperienza lontana da questo mio sentire.

 

                                                            ****

 

 

Un pensiero per Pier Paolo:Pasolini-morto.jpg

<<Non mi ricordo se c'era la luna,

 

e nè che occhi aveva il ragazzo,

 

ma mi ricordo quel sapore in gola

 

e l'odore del mare come uno schiaffo.>> Francesco De Gregori, A Pà

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Condividi post
Repost0

commenti

M
dependant upon Runyon's tales, the type Heavens Masterson, Co bettor, competed by means of Marlon Brando with the flick, is actually utilized because of Runyon's remembrance with her good friend Baseball bat Masterson.
Rispondi
A
<br /> Non ho letto il libro di Trevi, ma riconosco nel suo commento la stessa indignazione che provavo nei confronti di Zigaina, cercheró di procurarmelo perché, e lo dico con un certo sgomento,<br /> parrebbe che la lettura che ne sto facendo porti, malgrado tutto il mio scetticismo e un blocco lungo ormai due anni, in quella stessa diresione presa da Trevi<br />
Rispondi