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13 luglio 2012 5 13 /07 /luglio /2012 23:19

Ecco cos’è il Noir per me. Quello che sta scritto in questo saggio.

Finalmente una sistematizzazione di questo genere letterario che ormai sfreccia sibilante nel futuro della lettura. Lettura del conflitto ovviamente, anzi: lettori del conflitto. Ecco, ho letto questo saggio e mi dichiaro lettore del conflitto. Nel senso di Carlotto. Oltre il noir.

black-album-bis.JPGQuesto libretto si compone di tre parti: un breve saggio introduttivo di Marco Amici, una lunga conversazione tra i due che abbraccia tutta l’opera di Carlotto e una postfazione, breve ma preziosa, di quest’ultimo, dove tra l’altro loda e ringrazia Amici. Costui è uno che se ne intende di letteratura moderna e possiede anche una mente ordinata a precisa. Nel saggio iniziale, come nel corso di tutta l’intervista Amici si mostra capace di spendere in modo ottimale le genuine competenze che ha. E il tutto ben si sposa con la lucidità analitica e corrosiva del “principale esponente della narrativa noir in Italia” ovvero Massimo Carlotto, appunto.

Il breve saggio introduttivo fornisce indicazioni per orientarsi verso una definizione attuale e sostenibile di noir, che appare come “un ambito narrativo etichettato in modo vario e spesso confuso, affollato di autori e sovrasfruttato dall’editoria…” Sono d’accordo fin da questa premessa. Ho appena visto le vetrine dove l’ultimo di Jo Nesbø appare sormontato da una enorme etichetta dove si dice che “Jo Nesbø è il noir”. Da notare che la parola Noir ha gli stessi caratteri del nome dell’autrice, un chiaro indizio che per il marketing editoriale, in questo caso, autore e genere si equivalgono in termini di efficacia promozionale, anzi considerando che l’etichetta serve solo ad incentivare le vendite e a potenziare il messaggio promozionale nelle scaffalature del franchising, qui è il genere a tirare le vendite più che il nome dell’autrice.

Amici ci spiega che il noir è un ambito riconducibile ad un processo di differenziazione progressiva della “letteratura a tema criminale” che va da Poe alla Cornwell lungo una linea che possiamo chiamare romanzo poliziesco. Un tipo di racconto che ruota attorno a tre elementi fissi: crimine, indagine, risoluzione. Fuori da questo schema, ma sempre all’interno del “poliziesco”, inizia il noir. Hammett---Chandler.JPGLa corrosione dello schema tripartito inizia con l’affermarsi di un nuovo gusto nella letteratura poliziesca degli Stati Uniti tra le due guerre, con Dashill Hammett e Raymond Chandler (nella foto rispettivamente primo da destra e secondo da sinistra in piedi), esponenti di quella che viene definita hard-boiled school. Però l’uso della parola “noir” come indicazione di genere nasce in Francia nel secondo dopoguerra con la série noir edita da Gallimard.

Amici in questa disamina tiene presente le elaborazioni di Laura Grimaldi (alla memoria della quale il mio cuore si strugge visto che è morta  proprio in questi giorni) del 1996 e di Fabio Giovannini nel 2000.

Ma in Italia il carattere dominante della vicenda narrativa riconducibile al noir è quella del giallo mondatori; vicenda che qui non c’è ragione di sviluppare, ma che sta alla base della nomea entrata nel linguaggio comune italiano. In linea di massima possiamo comunque convenire con la visione proposta dal saggio: “la differenza profonda tra i due generi sta nella filosofia che sottende la narrazione”. Infatti “il giallo non descrive mai una realtà interamente caotica o malvagia e i personaggi hanno una loro etica…  mentre nel noir il mondo è iniquo e il crimine regola le relazioni…” ecc. Per questo nel noir i personaggi sono “perdenti, disperati, carogne o lucidi assassini che spesso esprimono il punto di vista del Male”. Da un lato c’è quindi una profonda differenza nella struttura della narrazione, perché non ci sono più le tre fasi del giallo canonico, anzi quella struttura tripartita collassa proprio, sotto il peso del fattore criminale che domina totalmente la narrazione. Dall’altro lato il clima e il contesto sono valorialmente negativi, devianti e trasgressivi.

Oggi comunque il termine è concepito dall’industria culturale più come un “brand”, inteso come nel lessico del marketing ovvero un fattore dinamico di promozione del prodotto, proprio per questo superficialmente indicativo e abbastanza indefinito.

 

**

 

La ricchezza del saggio, in termini di di spunti, rinvii e annotazioni, meriterebbe una trattazione sistematica con tutti i libri di Carlotto, più un’altra decina, sopra il tavolo, ma non è necessario farlo per cogliere l’impulso fondamentale che il libro offre al lettore, ovvero questo: usare il campo di forze creato dal noir per sovvertire la narrazione di regime passando” dalla letteratura della crisi alla letteratura del conflitto”.

Sono parole che hanno il respiro di un Manifesto e vanno molto oltre l’idea del noir come semplice genere, stile o ambito di investimento editoriale, e mi stimolano alcuni ragionamenti. Innazitutto il pensiero narrativo noir diventa il campo stesso del conflitto per la verità. I soggetti in campo, autori, lettori ed editori possono essere coinvolti in una partita politica che aggredisce la realtà apparente con un nuovo messaggio di libertà e impegno. Insomma una cosa che sostituisce il vuoto angosciante generato dalla fine del giornalismo d’inchiesta.

Altro ragionamento che mi viene stimolato è che oggi siamo difronte ad una forte tendenza mediatica, particolarmente televisiva , a presentare i fatti  di cronaca come misteri. E’ il risultato di un lavoro ormai venticinquennale dei format giallistici: Telefono Giallo, Chi l’ha visto, ecc. Posto che queste tendenze determinano un peggioramento del rapporto tra verità istituzionali e realtà, perché essa viene progressivamente sostituita dalla narrazione mediatica, ciò permette anche una aritmia delle campagne informative sulla quale si aprono gli spazi per la costruzione delle emergenze. La cosa ovviamente, nel periodo massimo del conflitto di interessi, ha attenuato le resistenze al cambiamento delle regole sociali, la restrizione delle libertà di stampa, ecc, non voglio ritornare su cose che ho già scritto in altri post,  sono le moderne tecniche di comando dei comportamenti collettivi. Ora, verso la fine dell’intervista ce lo spiega bene Carlotto quali siano le grandi potenzialità “eversive” del noir contemporaneo in tale contesto. Ed è una delle parti che più mi ha elettrizzato. Carlotto dice (pg 108): “Il giornalismo investigativo è morto. Il noir d’inchiesta l’ha resuscitato ed è in grado di fornire delle risposte comunque.” Occorre quindi una nuova prospettiva narrativa che prosegua nel racconto delle storie negate, per raccontare la realtà senza vincoli di genere, aprendo la narrazione dal graphic novel al fantapolitico.

In Perdas de fogu (“un romanzo che è frutto di una accurata inchiesta sul poligono di Salto di Quirra, ma essendo un romanzo, nulla è vero”) 1200/2000 pagine di inchiesta sono state trasformate in 160 pagine di romanzo. “La forma romanzata è stata l’escamotage per raccontare una storia che altrimenti sarebbe rimasta taciuta. Storie così, infatti, non possono essere divulgate, pena la querela.” Ma i lettori ne hanno fatto un uso sociale, anche recentemente in Germania, che “rompe gli argini di una reticenza sociale” che era durata troppi anni. E la conclusione è solenne: “ Difficile prevedere se sarà di lunga durata, certo ha creato una nuova figura di lettore.”(pg 135)

Oltre il noir, appunto.

Attenzione però : ciò che arriva in mano al lettore non deve essere una “inchiesta travestita, ma un romanzo”, un romanzo le cui fonti non nascono dalla fantasia dell’autore, ma da un lavoro tipico del giornalismo investigativo.

 

***

Io sono solo un lettore arrangione, anarcoide e diffidente, sono senza una formazione accademica, e confesso di non aver ancora del tutto chiaro cosa significa “romanzo di genere” confesso di non aver studiato le figure retoriche ecc. Ma ho letto e leggo tanto. Lo faccio perché mi piace, perché ho il tempo di farlo (visto che ho il privilegio della pensione e trovo la lettura, assieme al canto e alle passeggiate col cane, il miglior modo di valorizzare i quattro decenni di contributi previdenziali versati), ma soprattutto leggo per sentirmi libero. Leggo perché leggere, leggere per capire, è eversivo. Chi legge è “contro”. Chi legge corregge, contrasta, critica il sistema. Già, quando uso questa parola, che è un vero jolly, intendo il contesto orwelliano della cultura occidentale e la sua dieta, quella dieta mediatica mascherata da “democracy” che asfissia la nostra mente. Per me ogni ora passata in lettura è un’ora di lotta contro il governo. Ho passato una vita a lottare contro il governo e suoi padroni e oggi non mi lascio colonizzare la mente. Non mi lascio colonizzare da chi mente.

E la lettura di “Massimo Carlotto THE BLACK ALBUM, il noir tra cronaca a e romanzo, conversazione con Marco Amici, Carocci Editore 2012, mi ha rifornito di speranza.

 

****

Dear comrades,

                          verrà la morte e avrà i miei occhi, certo, solo allora quando non avrò più occhi per leggere, avrò smesso di lottare e sarò appagato.

Verrà la morte e avrà le mie mani fredde, con le dita in rigor mortis sulla qwerty. Ma voglio che trovi il mio cuore sincero, e il mio animo sincerato.

Sono le mie piccole parole d’amore di tanti anni fa: “Mani fredde e cuor sincero”.

La morte è un fatto naturale, voglio che la mia vita sia stata un fatto vero.

Ho lottato con la tuta e ora lotto con la qwerty, verrà la morte e avremo il party.

O bella ciao.

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commenti

M
<br /> Grazie per la bellissima recensione!<br />
Rispondi
O
<br /> <br /> De nada. E' quello che penso. Buon lavoro e complimenti a voi.<br /> <br /> <br />  <br /> <br /> <br /> <br />