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17 luglio 2012 2 17 /07 /luglio /2012 14:04

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L’onda del titolo è quella marina, quei cavalloni enormi dell’oceano Pacifico che si vedono nei film ambientati nelle coste del Pacifico tra i surfisti. Insomma non è un’onda mediterranea calda e confortevole sul bagnasciuga, questa può sommergerti, annegarti o annichilirti come una indomabile forza della natura. Ma si può cavalcare, sfruttare e in questo senso domare.

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Un mommy noir

Due itinerari narrativi organizzati, l’uno in trentadue capitoli, l’altro in inserti titolati “Giacomo”, procedono su storie molto diverse e indipendenti, ma  arrivati ad un certo punto, dopo una ventina  di capitoli col numero e una decina i capitoli “Giacomo”, il loro sviluppo rivela un progressivo intreccio. Il romanzo quindi si fonde, con un ritmo più intenso, nel finale. Non ci sono banalità, siamo a mio avviso su un buon livello, e non c’è cattivo gusto. Del resto l’autore sta sul mercato editoriale da parecchi anni ed è un personaggio noto, con una immagine pubblica palese e trasparente.

Due tra personaggi principali, Roberto e Giacomo, introducono il lettore fin dall’inizio in una prospettiva psicologica. Di problemi ne hanno parecchi, uno non riesce più a parlare di sé, l’altro parla telepaticamente col cane ecc. L’uomo, Roberto, che va verso la cinquantina, è un adulto vaccinato che, come si usa dire, ne ha viste di cotte e di crude, l’altro è un adolescente moderno, problematico come tanti che si vedono uscire da scuola nelle nostre città, ragazzini che sembrano vuoti, ma in realtà hanno molti più problemi dentro la testa di quanti siano i libri dentro lo zainetto.

Poi c’è il dottore, uno psichiatra dal volto umano nel cui studio si svolgono quasi tutte le conversazioni che narrano la storia, e c’è Emma, un personaggio a mio avviso abbastanza riuscito che è  protagonista, con i suoi problemi, dell’ intreccio.

Roberto è il protagonista principale del romanzo. E la sua guarigione, il suo “ri-scatto” dalla condizione patologica in cui si trova è la nostra storia. C’è un bell’esempio, all’inizio del sesto capitolo, che suggerisce una metafora per capire il suo problema: “C’è una trappola adoperata in una regione dell’India per catturare certe scimmie. La trappola ha un funzionamento semplice e micidiale. E’ una specie di nassa con una apertura stretta e del cibo all’interno. Il diametro dell’apertura consente alla scimmia di infilare la mano, ma le impedisce di tirarla fuori chiusa a pugno. Così, quando la scimmia afferra il cibo e poi cerca di estrarre la mano, non ci riesce. Se lasciasse andare il cibo riuscirebbe a liberarsi; siccome non lo lascia andare, rimane intrappolata.”

Roberto deve liberarsi dall’oppressione dei suoi ricordi mollandoli, raccontandoli al dottore, così potrà ritrovarsi e smettere i farmaci.

Ad un certo punto della storia Roberto comincia a sciogliersi e allora emergono dettagli di vita meno nobili. Roberto è un carabiniere, uno di quelli tosti, dei ROS. Ha agito per anni come infiltrato in vari punti chiave della criminalità internazionale, fino all’ultima storia, in Colombia, dove ha avuto una vicenda che lo ha definitivamente stroncato. Una vicenda d’amore straziato.

Emma è una non più giovanissima ex attrice che cerca di uscire dalle reti del suo passato. Vorrebbe essere una buona madre per suo figlio, visto che il padre non c’è più, e ce la mette tutta anche con l’aiuto delle cure psicologiche, ma soprattutto, a mano a mano che il libro prosegue, con l’aiuto di Roberto col quale si incontra casualmente, ma ripetutamente, nello studio del dottore sviluppando una relazione ecc. ecc.

Non vado oltre perché l’impianto della storia non è così semplice, ma mi permetto invece alcune considerazioni, anche critiche, che vengono dalla mia personale lettura.

Il retrogusto della storia è che esistono uomini nello Stato che ci garantiscono la sicurezza in questa società piena di pericoli. Grazie a questi uomini, abilissimi eroi che soffrono in silenzio, il silenzio dell’onda, le mamme possono stare tranquille e i nostri figli diventeranno sani, grandi e onesti.

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L’onda dei frassica.frassica

Faccio una piccola digressione. In questa settimana in cui sto scrivendo questo post, il romanzo di Carofiglio è indicato al nono posto della narrativa italiana, fuori dalla classifica generale che considera anche gli altri generi e i romanzi stranieri. Mi riferisco a Tuttolibri de La Stampa. L’effetto Strega non si è ancora dispiegato, e non è detto che si dispiegherà. Nel frattempo abbiamo il nuovo tormentone librario sadomaso, quello delle cinquanta sfumature variamente cromatiche, che impazza nelle classifiche mondiali e sulle vetrine delle librerie. Ho letto che negli Stati Uniti definiscono questo genere di sadomaso buonista “mommy porn” volendone indicare una accessibilità domestica anche per le famiglie perbene del ceto medio americano. Ecco, io definirei Il silenzio dell’onda una sorta di mommy noir per la famiglia italiana del ceto medio perbenista.

Il punto è che io sono perplesso sull’approccio diciamo così “buonista”  di Carofiglio alla descrizione di tecniche delicate, nel senso che sono pratiche operative sull’orlo della legalità o totalmente illegali, di indagine e contrasto della illegalità. In un sistema fondato su queste tecniche non è più possibile la distinzione tra parte sana e parte malata della società. C’è chi compie un reato, anche grave e non va in galera perché protetto mentre c’è chi compie lo stesso reato e ci va magari pagando anche per quell’altro. Se uno viene infiltrato tra gli spacciatori deve spacciare, se viene infiltrato tra i killer della mafia deve uccidere. Non sono fisime di un lettore sprovveduto che confonde la realtà coi romanzi, ma è il problema istituzionale più grave che abbiamo, quello che sta sulle prime pagine di questi giorni ovvero la contiguità, cioè la commistione tra criminalità e forze dell’ordine in un’area grigia ormai inestricabile. Questo problema era esploso nel 1992 e si riverbera ancora oggi ai massimi livelli dello Stato.

Un reato è un reato e quando un magistrato ne ha notizia deve procedere. Come si fa quindi a proteggere il carabiniere infiltrato? Bisogna addossare i suoi reati ad altri. Servono detenuti- spugna, ad esempio un criminale condannato all’ergastolo, visto che ha già il massimo della pena può essere utilizzato come ripostiglio anche per reati commessi da soggetti protetti. La pena per un omicidio è uguale a quella per due… ecc. Ora Il silenzio dell’onda si occupa della infiltrazione sotto copertura, ti coinvolge e ti fa stare dalla parte dei carabinieri, ma non la racconta tutta perché non ti dice come va a finire. I vari episodi del passato di Roberto che vengono accennati finiscono bene, coi cattivi che vanno in prigione. E gli unici strascichi che rimangono sono i traumi psicologici dell’eroico carabiniere. Ma non ci dice che fine fanno i reati che il nostro ha sicuramente commesso durante il periodo sotto copertura per guadagnarsi la fiducia dei criminali che infiltrava.

Non che debba farlo, per carità, è un romanzo non un manuale, ma ne esce una visione “perbene” delle tecniche che usano i ROS, una visione ipocrita, che nasconde le illegalità necessarie dello Stato, e che perciò non spiega una  parte significativa del marcio della nostra società.

Carofiglio non è uno scrittore romantico ispirato dall’avventura. E’ uno che di tecniche di indagine se ne intende assai ed è uno che svolge tutt’ora, a nome del popolo italiano, un incarico politico di prim’ordine. A lui possiamo chiedere di più. In questa storia egli sembra motivato a scrivere soprattutto il lato psicoterapeutico. E’ preciso, indugia nel dettaglio colloquiale come se avesse i nastri delle sedute. Egli mette al centro della narrazione i disagio psicologico derivante dalla condizione di infiltrato e presenta la prassi dell’infiltrazione come un compito eroico riservato ai migliori. E ci mostra come ciò è poi causa di ferite che turbano la personalità, lasciando tracce profonde. Una sorta di lavoro usurante. Penso si tratti di cose vere nelle dinamiche reali di contrasto alla criminalità, ma penso anche  che siano meno veri li scrupoli morali che sembrano avere i carabinieri di Carofiglio. Penso che la tecnica della infiltrazione sia oggi talmente sviluppata da non poter più essere trattata come una parte riservata, non nota al di fuori degli addetti ai lavori, delle tecniche di polizia. E forse qualcuno comincia a pensare che sia opportuno lavorare sull’opinione pubblica per renderla accettabile, un fatto normale, utile e ovvio. Libri come questo possono svolgere il ruolo di sostegno a questo punto di vista.

Se cominciassimo a vedere i Don Matteo e il maresciallo di Frassica che pagano informatori, infiltrano ragazzi nella criminalità, li lasciano delinquere e li proteggono nelle indagini rifilando ad altri i loro reati, penso che anche gli italiani comincerebbero a preoccuparsi dello stato di degrado della nostra situazione civile…

 

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