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28 luglio 2014 1 28 /07 /luglio /2014 14:41
LA STORIA CI HA MENTITO,  di Arrigo Petacco

Il ibro è uscito in Marzo per tipi di MONDADORI.
Il sottotitolo recita: Dai misteri della borsa scomparsa di Mussolini alle “armi segrete” di Hitler, le grandi menzogne del Novecento. Esso, così formulato, risulta un po’ ingannevole perché eccheggiando toni alla Voyager lascia credere che si tratti una ricerca sulle “grandi menzogne del Novecento” mentre invece è una collezione, una suite soggettiva di perline sulla storia italiana in vista del secondo conflitto mondiale.

Mussolini non era quel personaggio sgradevole che è stato confezionato per la mia generazione, ma al contrario era un acuto politico con doti di intuizione ed abilità non comuni. Uno che sapeva il fatto suo, ammirato e seguito in tutta Europa. Purtroppo è stato prima intralciato dai suoi nemici interni con il delitto Matteotti, poi trascinato contro volontà in una guerra voluta solo da Hitler, suo “imitatore d’oltralpe” scalmanato ed esaltato.

Il 1934 è l’anno vero della svolta mondiale verso la Guerra. Un anno che vede la fine del primo dopoguerra e l’inizio del secondo anteguerra. Da lì parte la tardiva avventura imperialista italiana i cui costi e i cui errori ci spingeranno inesorabilmente tra le braccia di un Hitler famelico, leader di una Germana prima umiliata a e poi allucinata.
Non sono un esperto e perciò potrei non sapere che i temi anticonformisti affrontati da Petacco in questa ricerca sono già noti e risolti, ma sono stato colpito favorevolmente dalle cose che non sapevo. Aspetti contraffatti della storia che mi affascinano.


***

Nel primo lungo capitolo Petacco espone l’idea che le balle della storia nascono per demonizzare il nemico, e perciò nascono come prodotto di entrambe le parti in conflitto, ma rimangono poi nella Storia ufficiale consolidandosi irreversibilmente perché i vincitori se ne servono per stabilizzare il consenso e coprire i propri crimini. In pratica vengono smontate e demolite solo le balle dei vinti mentre finiscono per essere insegnate a scuola quelle dei vincitori. Ed è così che nascono quelle che lui chiama “bugie dalle gambe lunghe”.

Un esempio efficace di questo ciclo ballistico è dato dal Giappone, potenza perdente, ove fino al 1970 è stata insegnata la storia sulla base di manuali scritti in pratica dagli americani. Il generale MacArthur impose infatti clausole di resa (ottenuta a suon di bombe atomiche) che prevedevano anche cosa raccontare alla nuova generazione di giapponesi con l’esplicito obbiettivo di eliminare ogni potenzialità di revanscismo futuro e cancellando tratti importanti della stessa identità nazionale giapponese. Lo stesso studio della storia venne bandito dai programmi scolastici giapponesi per dieci anni.
Probabilmente MacArthur la vedeva da militare, cioè come una misura tesa ad eliminare quella che era stata la risorsa militare più efficace del nemico ovvero l’eroismo e l’abnegazione nipponici, ma ci andò molto più pesante e alle nuove generazioni vennero negate molte delle conoscenze relative alla cosiddetta “Era Showa”, ovvero l’epopea della guerra giapponese.

Un altro esempio è quello relativo al delitto Matteotti. La versione che di quell’omicidio viene tutt’oggi narrata poggia soprattutto sul lavoro accusatorio e di denuncia politica svolto nel 1924, all’epoca del delitto, da Carlo Silvestri, deputato e giornalista filo socialista. Ma proprio Silvestri, reduce da anni di carcere e confino, il 3 Dicembre del 1943 su interessamento di Bombacci incontrò l’ex duce a villa Feltrinelli di Gargnano sul Garda ed espresse il desiderio di riscrivere la vicenda raccontandone finalmente la verità che scagionava Mussolini dall’accusa di essere il mandante. E nel 1947 quando, ricorda Petacco, Silvestri avrebbe avuto l’interesse a riaffermare le vecchie accuse, egli ribadì invece la necessità di correggere le proprie errate tesi del ’24 sulle responsabilità di Mussolini. In questa lotta controcorrente “Carlo Silvestri aveva insomma tutte le carte in regola per essere preso sul serio, invece non fu creduto.” Prevalse infatti nel dopoguerra la priorità di demonizzare Mussolini utilizzando anche le vecchie balle dei suoi avversari.

Questi sono, nel testo di Arrigo Petacco, due esempi di danni alla verità consolidati nel lungo periodo e devo dire che il secondo è un po’ difficile da digerire anche per me dopo una vita passata col mainstream antifascista. Poi ci sono altre ricostruzioni storiche inusuali e curiosità eretiche di ogni genere. Tutte interessanti. Infine l’ultimo capitolo è una “Mussolineide” squisita per chi non ha pregiudizio, mentre penso che apparirà insopportabile a chi conosce solo la storia raccontata nei circoli dell’ANPI.
In questa lettura ho avuto l’impressione di essere difronte ad un libro come quelli di Giampaolo Pansa, ma con tutt’altro stile. Cioè senza alcun intento provocatorio o vendicativo nei confronti di una verità puramente convenzionale, imposta da un vincitore pieno di scheletri nell’armadio.

In questa mussolineide abbiamo il tema d’italiano, finora inedito, col quale il maestro elementare Benito Mussolini affrontò l’esame di abilitazione all’insegnamento uscendone con un voto non brillante e un giudizio tagliente dell’esaminatore. Abbiamo il Mussolini scrittore di romanzi tipo “L’amante del cardinale” o “La tragedia di Mayerling”, romanzi commissionati nientemeno che da Cesare Battisti al fine di conquistare pubblico femminile per la sua rivista irredentista. Abbiamo le curiosità che emergono dai dossier conservati nell’archivio della sua segreteria particolare nei quali il Duce corregge gli strafalcioni scritti dai suoi gerarchi e accoglie, o bacchetta a seconda dei casi, le richieste clientelari dei suoi presunti parenti. Molti di questi sono divertenti e accompagnano il lettore in un crescendo di aneddoti e gossip che alla fine conducono ad una Clara Petacci sincera e romantica martire d’amore e ad un confino per gli oppositori politici tutto sommato sereno e ben diverso dai contemporanei gulag staliniani. Insomma un percorso non proprio affine ai gusti di un lettore di sinistra, ma reso a miei occhi interessante dal tema della “storia multiuso”, una storia che mente ai giovani con le balle dei vincitori. Una storia che umiliando la verità getta le premesse per nuovi odi e nuovi conflitti.

La tesi politico-storiografica di fondo, se vogliamo cercarla, di questo libro è che Mussolini avrebbe avuto tutta l’intelligenza politica e il carisma internazionale necessari per evitare la guerra ed anzi avviare il fascismo verso una prospettiva politica di coinvolgimento dei socialisti separando la prospettiva rivoluzionaria dall’esperienza sovietica. Un disegno reso impraticabile dalla miopia anglo francese e da circostanze negative (tra le quali qualche imperizia di Ciano) che alla fine lo subordinarono al nazismo razzista del Reich. E per sostenerla si avvale di fonti in parte nuove come documenti contenuti (e in parte depurati dai partigiani) nella borsa di Dongo, rimanenze e testimonianze relative al diario della figlia Edda Ciano e altri documenti d’archivio finora accantonati.
Ovviamente non è un trattato e non è una ricerca sistematica, anzi lungi dall’ostentare un approccio scientifico è un saggio di pensiero indipendente, divulgativo di una idea anticonvenzionale, ma critica della storia. Un testo scritto con la perizia e la finezza di un giornalista che sulla storia ci ha passato una vita dirigendo Storia Illustrata e sceneggiando film e programmi televisivi.

Un libro da leggere senza alcun pregiudizio.

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