diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
Massimo Carlotto torna in libreria rilanciando il proprio standard noir.
Nelle interviste dice in giro che ormai (dopo sei anni) doveva farlo per la pressione dei lettori. Penso anch’io sia così perché si tratta di uno scrittore cult, che presuppone un codice lettore/scrittore condiviso. Chi cerca Carlotto difficilmente accetta il politically correct, o le donne idealizzate e pretende le allusioni alla realtà, quella veneta in particolare, con i suoi fatti di nera. E qui si ritrova.
L’alligatore, Pellegrini e Campagna si ritrovano sul medesimo stage. Un corto circuito che fa di questo romanzo una tappa miliare nell’itinerario carlottiano.
La lettura è quella tipica: non meditare, divora le pagine. Qualche volta i nomi dei nuovi personaggi devi ricontrollarli perché non ti ricordi più chi sono, ma questo è tipico dei gialli, soprattutto quelli americani con i nomi comprensibili solo a coloro che hanno studiato inglese. Di solito però non c’è problema e non si perde mai il filo.
In due tre casi qui cambia anche l’identità dell’io narrante e te ne accorgi dopo un po’. Di solito parla Buratti, ma un paio di volte parla Pellegrini. Niente male, si capisce meglio la situazione. Pellegrini è ordinato nella sua ratio criminale e quando parla lui ti offre un punto di vista risolutivo. Insomma il risultato è felice. Bravo Massimo.
La parte francese della storia è un po’ per conto suo e costituisce un preambolo emotivo alla storia principale del libro, la banda degli amanti, appunto.
Poi il ph tipicamente acido della narrazione carlottiana viene un po’ neutralizzato dal personaggio della riccona svizzera (Oriana Pozzi Vitali) troppo sentimentale per essere vera. Nelle sue pagine in corsivo, tipicamente femminili, si raggiungono sviolinate insolite, tipo: ”Mi ritrovai nuda tra sue braccia, sembrava che lui mi conoscesse da sempre. Sapeva come, dove…”(pg 57) Qui il ph punta verso Liala, contrastando palesemente con quello del narrante standard Giorgio Pellegrini il quale, per descrivere una circostanza similare, usa termini più precisi: “L’aiutai a scendere e la feci distendere sul parquet. Le strappai gli slip e le aprii le gambe con gesto secco. Martina mi accolse con gratitudine.” (pg 123)
Penso che LA BANDA DEGLI AMANTI possa aprire un nuovo filone, quello dei cross-over tra personaggi letterari altrimenti esausti. Alcune strizzatine d’occhio del finale lo lasciano intendere: chi dovrebbe morire non muore, qualche promessa di vendetta ecc. Mi auguro quindi che Carlotto ne scriva altri perché merita, anche questa volta, di essere letto.