La canzone Stille Nacht viene eseguita per la prima volta il 24 dicembre 1818 durante la messa di Natale ad Oberndorf, in Austria, con l’autore del testo Joseph Mohr che canta la linea di tenore e il compositore Gruber che lo accompagna alla chitarra e voce di basso. Nei decenni successivi la canzone viene diffusa soprattutto nel Tirolo dai cori i quali la includono nel proprio repertorio itinerante e la sua successiva ampia diffusione la porterà ad essere tradotta in centinaia di lingue fino ad essere riconosciuta come un classico natalizio universale e venire dichiarata “patrimonio universale immateriale” dall’UNESCO nel 2011. La motivazione si fonda sul fatto che il messaggio di pace e spiritualità in essa contenuto trascende il contesto religioso cristiano e promuove valori condivisi dall’intera umanità.
Il testo è stato composto dal prete austriaco Josef Mohr in giovane età. Nasce come poesia e solo successivamente viene proposto al maestro di musica Franz Xaver Gruber affinché ne appronti una composizione musicale per chitarra d’accompagnamento. Pare infatti che l’organo locale fosse in attesa di riparazione. Quindi il brano è concepito avendo a riferimento la chitarra. Ciò è rintracciabile nelle progressioni armoniche semplici, nell’arpeggio degli accordi e nell’aspetto melodico idoneo per uno strumento a corda. Ma soprattutto è l’evidente carattere nostalgico e intimo di tutta la canzone che viene conferito da questo strumento, la chitarra appunto, in ciò notevolmente diversa dalla solennità dell’organo.
Stille Nacht! Heilige Nacht! Notte silenziosa! Notte santa! Hirten erst kundgemacht
Per prima annunciata ai pastori Durch der Engel Alleluja.
Attraverso l’Alleluja degli angeli. Tönt es laut bei Ferne und Nah:
Risuona forte lontano e vicino: Jesus, der Retter ist da!
Gesù, il Salvatore, è qui! Jesus, der Retter ist da!
Gesù, il Salvatore, è qui!
ASTRO DEL CIEL. Adattamento italiano del1937. Grazie alla melodia familiare e al testo accessibile Astro del Ciel mantiene una forte rilevanza tutt’oggi quale canto natalizio italiano più famoso, adottato in parrocchie, famiglie e scuole. Il testo non è una traduzione ma un perfetto riadattamento alla cultura cattolica nonché alla metrica italiana. In particolare, pur mantenendo centrale il tema della nascita di Gesù, viene introdotta l’immagine della stella cometa, non presente nell’originale tedesco, ma profondamente radicata nella tradizione italiana del presepio.
È il libro di Sara Wagenknecht che analizza come la sinistra attuale si sia allineata al neoliberismo, indebolendo i valori tradizionali del socialismo. Wagenknecht, col suo partito, critica l'abbandono degli obiettivi di giustizia sociale e solidarietà in favore di un pragmatismo che favorisce interessi neoliberali. Il libro esplora le origini della sinistra nei movimenti operai e sottolinea come l'adozione di politiche neoliberali abbia tradito i lavoratori, portando a disuguaglianza, riduzione dei diritti e degrado dei servizi pubblici. Inoltre, Wagenknecht mette in guardia contro la globalizzazione indiscriminata, che ha causato la perdita di posti di lavoro nei paesi sviluppati. Critica la disconnessione tra i valori tradizionali e le azioni dei leader attuali, evidenziando come la politica identitaria distolga dall'affrontare le emergenze economiche. Conclude chiedendo un rinnovamento della sinistra attraverso il ripristino dei principi di giustizia sociale e la costruzione di alleanze per sfide capitaliste moderne.
Mi è piaciuto il suo concetto di “sinistra alla moda” (left in fashion) che la sua scrittura sa criticare con ironia e ho apprezzato la parte dedicata al programma per una comunita i cui valori siano la coesione e il bnessere (inrteso come bene comune e non come consumo).
In conclusione direi che nella profonda crisi politica e strategica in cui si trova la Germania oggi, l’elettorato si mostra interessato ad un cambiamento e vede nelle nuove forze poitiche nascenti motivi di speranza. Ebbene Sara Wagenknecht è una di queste. Mi auguro che dopo aver realizzato il 15 per cento alle elezioni in Turingia ella sappia essere netta nell’attacco alla UE e alle forze dell’entourage filo NATO. Ho visto che ha preso le distanze dalla AFV che viene continuamente presentata come forza di estrema destra ma che continua a crescere nelle elezioni dei Lander aumentando la propria credibilità nell’elettorato moderato. Io non condivido la incertezza di giudizio che su di lei caratterizza il dibattito italiano. Io penso che le forze antisistema d’Europa debbano costruire un dialogo che riesca a consolidare lo spazio d’opposizione.
“CONTRO LA SINISTRA NEOLIBERALE” DI Sara Wagenknecht, Fazi Editore, è un libro da leggere e tenere sul comodino per tenere su il morale.
“Audi altera partem”. L’idea di ascoltare entrambe le parti di una quaestio ha le sue radici nel diritto romano ed è stata formalizzata nel diritto canonico evolvendosi poi con impatto signficativo nelle leggi di diverse culture moderne. Negli scritti di Cicerone si trova sottolineata l’importanza del contraddittorio e l’ascolto delle diverse parti coinvolte in dispute e conflitti. E si tratta di un insegnamento di grande civiltà. Tuttavia ciò non ha caratterizzato l’informazione europea nel conflitto Ucraino. Alla nostra opinone pubblica è stata infatti negata la possibilità di conoscere il punto di vista russo. Le reti televisive Russia Today e Sputnik sono state bandite ed accecate generando una paradossale iniquità di giudizio presso l’opinione pubblica laddove invece proprio la televisione russa ha continuato a trasmettere le trasmissioni dei paesi UE. Anche Facebook, Google, YouTube e TikTok hanno bloccato l’accesso a RT e Sputnik nell’UE. È un esempio che dimostra il regresso culturale e civile che caratterizza l’infomazione occidentale nell’era dall’unipolarismo stelle e striscie.
Ora a questo miserabile gap viene data una opportunità di correzione con la pubblicazione del libro LE VERE CAUSE DEL CONFLITTO RUSSO UCRAINO, edito da Visione Editore che è uscito fresco di stampa nell’Ottobre 2024. Esso offre al lettore l’opportunità di riflettere obiettivamente sulla incongruità della propaganda occidentale e ne sfida i pregiudizi consolidati.
Lo fa traducendo un saggio di Vladimir Putin scritto nel 2021 ancor prima della operazione militare speciale che abbiamo visto degenerare progressivamente in una guerra della NATO contro la RUSSIA col rischio di condurci ad un conflitto globale.
In esso il Presidente risponde a domande che arrivano da tutta la Russia sulla TV di Stato e sostiene che russi ed ucraini sono un sol popolo. Egli è convinto che tra i due popoli sia in atto uno scontro tra parti che “essenzialmente condividono il medesimo spazio storico e spirituale”. Tale scontro consegue ad errori ma anche ad un disegno mirato alla divisione. Una volontà divisiva che contraddice una storia millenaria. E qui parte una rievocazione storica che vede nella scelta spirituale di San Vladimir, principe di Kiev e Novgorod, la nascita di una stretta parentela all’interno della antica Rus che fu lo Stato più grande di Europa. Ciò è documentato nelle “Cronache degli anni del Passato” scritture che risalgono al IX secolo. Nel XIII secolo avviene poi la rovinosa invasione del condottiero mongolo Batu Khan con la devastazione di molte città, inclusa Kiev. Al tempo del Gran Ducato di Lituania e Russia guidato da Jagellone, la Russia occidentale e quella orientale parlavano la stessa lingua e condividevano la fede ortodossa. Ma nel XIV l’elite dominante del Granducato di Lituania si converti al cattolicesimo e successivamente si formò la Confederazione polacco Lituana. Nel 1596 parte del clero ortodosso occidentale si sottomise all’autorità del Papa con la conseguente latinizzazione e polonizzazione.
Ma la tesi di fondo del testo vede l’Ucraina non come una vera nazione bensi come una creazione della Russia bolscevica. Per secoli infatti i territori che costituiscono l’Ucraina moderna sono stati sotto il controllo di diverse potenze. In particolare l’Impero Polacco-Lituano, l’Impero Austro-Ungarico e l’Impero Russo. Non esisteva pertanto un’entità politica unificata che si chiamasse Ucraina fino alla Rivoluzione russa. Ebbene in questa prospettiva si può sostenere che l’Ucraina moderna abbia preso forma solo nel contesto sovietico e che la Russia bolscevica ha contribuito in modo determinante alla sua costituzione politica, economica ed istituzionale. In proposito Putin ci ricorda che durante la creazione dell’URSS nel 1922, la RSS (Repubblica Socialista Sovietica ucraina che defini i confini polacchi col Trattato di Riga del 1921) fu tra i principali promotori della nascita dell’Unione Sovietica. Pertanto per ragioni connesse coi legami spirituali, umani e di civiltà nonché i “legami di sangue che uniscono milioni delle nostre famiglie … la vera sovranità dell’Ucraina è possibile solo in collaborazione con la Russia” e la Russia non è mai stata e mai sarà anti-Ucraina”. Per poi concludere che “Cosa sarà l’Ucraina dipende dalle decisioni dei suoi cittadini”.
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Proseguendo poi nella lettura di questo agile volumetto, si incontra una interessante analisi che riguarda il ruolo del nazionalismo ucraino nella creazione dell’Ucraina. L’analisi viene affidata per 43 pagine a Eduard Popov e Kirill Shevcenko due pensatori di alta qualità intellettuale. Il primo infatti è un autore di articoli e pubblicazioni specialistiche noto per gli studi euroasiatici e di sicurezza internazionale; il secondo è un economista che ha avuto lunga carriera dirigenziale presso banche statali e private ricoprendo anche il ruolo di governatore della Banca Nazionale dell’Ucraina dal 2020 al 2022.
La Galizia (da non confondere ovviamente con l’omonimia della penisola iberica) è una regione storica dell’Europa orientale oggi divisa tra l’Ucraina occidentale e la Polonia meridionale. Essa, abitata da popolazioni miste di polacchi, ruteni ed ebrei, durante il periodo dell’Impero Austro-ungarico si caratterizza per la presenza di movimenti culturali e linguistici panrussi. Negli anni trenta dell’ottocento ivi nascono e si sviluppano i sentimenti nazionalistici. Essi verranno successivamente sfruttati dai dirigenti polacchi incoraggiando influenze cuturali e linguistiche in un “progetto ucraino” con l’obiettivo di fare della Galizia il centro del nazionalismo ucraino. Si tratta di un movimento che ha radici austro ungariche e propaggini moderne. Nelle scuole venne introdotto l’alfabeto fonetico in alternativa alla scrittura etimologica russa consolidando l’orientamento ucrainofilo. Nel 1919, dopo la rivoluzione in Russia la Galizia diventa polacca e nel 1929 nasce l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini i cui attivisti studiavano nelle scuole del Partitto dei Nazisti Tedeschi. Poi con l’ascesa al potere di Hitler abbiamo l’inizio di un periodo di forte attenzione da parte dell’ABWEHR (servizi delle SS) e il 30 GIUGNO 1941, con l’abbandono di Leopoli da parte dell’Armata Rossa, i seguaci di Bandera proclamano lo Stato Ucraino dando vita ad un regime pienamente collaborazionista con la Germana di Adolf Hitler. Nel 1943 viene creato l’esercito ribelle ucraino e inizia lo sterminio della popolazione polacca. Nel 2016 il senato polacco riconoscerà in tale massacro un atto di genocidio. Il totale delle morti di quel periodo oscilla tra le 30.000 e le 60.000 vittime. Alla fine di WW2 i profughi banderiti (seguaci di Bandera) vennero accolti negli USA e in Canada dando luogo alla creazione di quelle comunità filonazistiche che dopo il crollo dell’URSS sono rientrate in ucraina e fatte oggetto di sostegno ed inserimento in piena continuità ideologica ed organizzativa col nazismo storico. Da tali ambienti vetero nazionalisti ucraini nascono le unità militari che vedremo all’opera nella cosiddetta rivoluzione arancione di Euromajdan.
Segue infine il saggio conclusivo di Gyorgy Varga, ex ambasciatore che ha ricoperto il ruolo di Capo della Missione OSCE in Russia dal 1917 al 2021. Egli sostiene la tesi di un conflitto di carattere interno, scoppiato tra Kiev e le regioni russofone dell’Est Ucraino ancora nel 2014 dando luogo poi agli accordi di Minsk. Ma tali accordi non sono stati rispettati dal ceto di governo filo UE che li ha usati solo per prendere tempo e armare l’Ucraina orientale. I garanti internazionali degli accordi di Minsk erano proprio la Russia col presidente francese e la cancelliera tedesca. Si badi bene, non erano i sottoscrittori, ma i garanti. Pertanto la Russia non ha violato alcun accordo ma solo preso atto del loro fallimento e messo in atto una conseguente operazione militare speciale.
Oggi la Russia sostiene che in quel conflitto sono morti almeno 900 mila uomini ucraini. E ciò è stato dovuto all’intervento dell’Occidente (protagonista Boris Johnson) che ha fatto fallire la prima mediazione preparata ad Istambul. Le vere cause del conflitto Russo Ucraino pertanto vanno ricercate nelle manipolazioni dell’Occidente rispetto alla risoluzione del conflitto interno Ucraino.
E Varga conclude amaramente osservando che Chruscev e Kennedy “ indubbiamente si comportarono in modo molto piu intelligente nel 1962, quando evitarono l’escalation della crisi missilistica cubana, rispetto agli attuali politici europei, americani, britannici e ucraini.” Ma i popoli li ricorderanno tutti, secondo i meriti di ciascuno.
Stiamo facendo i conti con una catastrofe educativa. Scolari inconsapevolmente ignoranti , gratificati da diplomi appariscenti, docenti depressi e famiglie rassegnate. Tutto ciò a causa di una pletora di pseudo riforme che hanno snaturato il senso dell’insegnare e dell’imparare. Una vera e propria “demolizione controllata a mezzo riforme”. Tale processo ha come obiettfivo il fatto di “accelerare la transizione digitale e allinearlo alle priorità della Unione Europea secondo le linee di investimento previste dal PNRR”.
Occorre abbandonare la retorica della innovazione, liberarsi della suggestione del protagonismo dell’alunno, recuperare la bella scrittura, la buona lettura ecc. respingendo la legge 92/2019 che sistematizza il nuovo indottrinamento scolastico in una nuova materia pigliatutto definita “nuova educazione civica” la quale comprende come piatto forte la catechesi sull’Agenda 2030.” Tutto ciò consegue in particolare alla DAD che nel periodo emergenziale ha fatto da apripista alla contactless society.
Dobbiamo riaffermare che lo studio non è un gioco. Lo studio è lavoro e sacrificio nel senso di cui scriveva Gramsci nei suoi quaderni:
“Occorre persuadere molta gente che anche lo studio e un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso; e un processo di adattamento, e un abisso acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza.”
Questo è il portato fondamentale di questo libro curato da Elisabetta Frezza che raccoglie tredici interventi mirati su aspetti didattici e materie di insegnamento. Tra questi scelgo quello che mi ha colpito di piu, ovvero IL TEATRO A SCUOLA, Nuove prospettive per una Didattica delle Arti Performative, di Felice Panico regista, autore, attore e formatore teatrale.
Qui di seguito pertanto traggo e ricompongo frasi dall’intervento di Felice Panico al convegno di ContiamoCi sulla scuola tenutosi nel 2023.
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L’insegnamento curricolare del teatro a scuola continua ad essere osteggiato. Negli anni sono nati licei musicali, sportivi, istituti per l’audio-visivo ecc. ma il liceo teatrale è ancora tabù. L’insegnamento del teatro a scuola non consiste tanto nel formare attori, registi drammaturghi, consiste soprattutto nel creare esseri umani consapevoli di una tradizione culturale. Gli spettatori sensibili a valori estetici sono come cittadini allenati a riconoscere i pericoli della demagogia, le seduzioni e gli inganni del potere. Il motto di riferimento sta nella seconda scena del quinto atto dell’Amleto di Shakespeare. Dove Amleto dice ad Orazio: “Essere pronti è tutto”. Ecco noi dovremo essere pronti a resistere nella prossima emergenza che verrà e saper combattere su terreno ostile. Sull’esempio delle opere del novecento. Essere pronti come i Berliner Ensamble di Brecht, il Teatro delle Tredici File, il Workcenter di Jerzy Grotowsky e tanti altri fino alla Societas Raffaello Sanzio di Romeo Castellucci. Dovremo saper combattere il potere impazzito delle elites e la loro imposizione dell’Agenda 2030.
Nei secoli i grandi teatranti come i tragici greci, Aristofane, Seneca, Moliere, Brecht e Camus (solo per citarne alcuni) hanno fondato la loro attività sulla feroce contrapposizione al potere dominante per il risveglio delle coscienze, per la demistificazione della propaganda e della demagogia. Il teatro a scuola è la pratica propria della letteratura. Mentre nelle ore curricolari gli alunni imparano ad ascoltare le opere, nella pratica del teatro prestano ad esse la loro voce ed il loro corpo cosi da renderle vive. E lo sforzo di dare vita alle opere consente la loro comprensione adeguata. Ora, nella prospettiva della digitalizzazione 4.0 il teatro è il baluardo dell’off line e dell’interazione reale. I nostri ragazzi stanno migrando completamente verso il virtuale. Non hanno manualità, non hanno consapevolezza dei loro sentimenti e faticano pesantemente a raggiungere una concentrazione che vada oltre alla soluzione immediata a mezzo smartphone e come se non bastasse, rischiano la devastazione dell’identità con la teoria gender-fluid. Ecco quindi che fare teatro a scuola non è mai passività ma memoria, intelligenza esercitazione, esposizione e questa costituisce la prospettiva antagonistica per cui battersi qui ed ora per il loro futuro.
Danny boy, or Londonderry air, is probably a traditional Irish tune, but not the lyrics, written by an Englishman in 1913 and re-edited in 1915. It refers to a military call to fight against Germany. But most Irish people did not accept the call and began to fight against English imperialism. Later the song took on ambiguous meanings and was used by both sides in the game of New Ireland Divided. Today calling it Londonderry means to be on the side of the English, this is in fact the name given to this tune in the pro-English county of Derry. In any case it is an extraordinarily powerful and heartbreaking song, with a touching melody that played by Celtic bagpipes with an octave drone, prepares the soul for the ultimate sacrifice.
Italian
Danny boy, o Londonderry air, è probabilmente una melodia tradizionale irlandese, ma non il testo, scritto da un inglese nel 1913 e rieditato nel 1915. Si riferisce a una chiamata militare per combattere contro la Germania. Ma la maggior parte degli irlandesi non accettò la chiamata e iniziò a combattere contro l'imperialismo inglese. In seguito la canzone assunse significati ambigui e fu usata da entrambe le parti nel gioco della Nuova Irlanda divisa. Oggi chiamarla Londonderry significa stare dalla parte degli inglesi, questo è infatti il nome dato a questa melodia nella contea filo-inglese di Derry. In ogni caso è una canzone straordinariamente potente e straziante, con una melodia toccante che suonata da cornamuse celtiche con un bordone di ottava, prepara l'anima al sacrificio estremo.
L'immagine mostra il libro intitolato "Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione" di Alexandre Koyré. Questo libro, parte della serie "Piccola biblioteca Einaudi" (numero 12), è stato pubblicato da Einaudi nel 1967, con la sesta edizione stampata nel 1980. Il sottotitolo del libro, "Tecniche, strumenti e filosofia dal mondo classico alla rivoluzione scientifica," indica che il testo esplora l'evoluzione delle tecniche e degli strumenti, oltre alla filosofia scientifica, dall'epoca classica fino alla rivoluzione scientifica. La copertina è caratterizzata da un design minimalista, con un semplice quadrato rosso al centro, un tema iconico che negli anni ottanta verra anche adottato come logotipo dqlla Cgil (Confederazione generale italiana del lavoro.
Alexandre Koyré è stato un filosofo noto per il suo lavoro sulla filosofia della scienza e la storia del pensiero scientifico. Il suo pensiero si concentra principalmente sulla transizione dal mondo medievale a quello moderno, evidenziando il ruolo fondamentale della rivoluzione scientifica del XVI e XVII secolo. Egli sostiene che la scienza moderna non è solo una successione di scoperte empiriche, ma rappresenta un cambiamento profondo nella visione del mondo, caratterizzato da una nuova concezione della realtà. Egli enfatizza il passaggio dall'idea aristotelica di un universo in cui dominano i corpi concreti e i loro moti, a un modello eliocentrico e matematico, dove le leggi della natura vengono formulate in termini quantitativi e universali. Inoltre, Koyré introduce la separazione tra soggetto e oggetto, che culmina nell'idealismo e nel razionalismo.
Questa edizione Einaudi contiene, dopo il lungo saggio introduttivo di quarantasei pagine di Paola Zambelli, due tra i suoi principali articoli: quello sul macchinismo e il piu famoso “Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione”. Nel suo saggio sul macchinismo, Alexandre Koyré analizza l'impatto della rivoluzione scientifica e della meccanizzazione del pensiero sulla comprensione del mondo. Koyré sostiene che il macchinismo non è solo una questione di strumenti fisici, ma rappresenta un nuovo modo di concepire la realtà in termini di leggi matematiche e fisiche. Questo approccio porta a una visione del mondo come una grande macchina, dove i fenomeni naturali possono essere spiegati attraverso meccanismi razionali e quantificabili. Koyré evidenzia le implicazioni filosofiche e culturali di questa transizione, che segna una rottura con le concezioni medievali e teologiche della natura.
Nel saggio "Dal mondo del pressappoco all'universo della precisione," Viene esplorata la trasformazione della scienza da una fase dominata dall'approssimazione e dalla vaghezza a un'epoca caratterizzata dalla precisione e dalla rigorosità matematica. Koyré sottolinea come, durante la rivoluzione scientifica, gli scienziati abbiano iniziato ad applicare strumenti e metodi quantitativi per misurare e descrivere fenomeni naturali. Questo passaggio ha dato vita a un nuovo paradigma che consente una comprensione più profonda e accurata dell'universo, spostando l'attenzione dall'intuizione e dall'esperienza immediata alla razionalità e alla logica.
L'attualità del pensiero di Alexandre Koyré si manifesta nel contesto odierno della scienza e della tecnologia, dove la precisione e la quantificazione continuano a dominare. La sua analisi della transizione a un universo meccanico risuona nell'attuale era dell'intelligenza artificiale e dei big data, dove i modelli matematici e le simulazioni ricoprono un ruolo cruciale. Inoltre, la sua riflessione sulla separazione tra soggetto e oggetto invita a interrogarsi sull'etica della scienza moderna e sull'impatto delle innovazioni tecnologiche sulla società. In un mondo sempre più complesso,
Francesco Guccini e Loriano Machiavelli hanno scritto un bel libro. Uscito in ottobre 2023 mi appare destinato a successo. La mia libraia preferita dice che ne ha già vendute parecchie copie e che dovremmo essere alla ristampa.
La coppia di autori mi era già nota per “Questo sangue che impasta la terra” del 2002. E devo dire che anche questa storia, ambientata in uno sperduto paese di nome Montefosco sull’appaennino, prende avvio con il ritrovamento di una salma ormai mummificata e impastata di sangie nella terra. Cio avviene nel 1972 a ridosso delle elezioni che si conclusero con l’elezione di cinquantasei deputati e ventisei senatori del Movimento Sociale Destra Nazionale. Tra questi però, nella fiction, non ci sarebbe stato il camerata Ardito Richeldi sulle cui cause di morte per omicidio si sviluppa la storia.
Una storia interessante, molto suggestiva, che si snoda lungo tre appuntamenti topici della storia del secolo scorso: la guerra di Spagna, la resistenza con le sue sue vendette postume del 1948, e il golpismo post sessantottino che ha oppresso l’Italia nei primi anni settanta.
Può essere letto come un noire, ma su questo terreno ci sono autori piu graffianti, oppure come un realistico romanzo a sfondo storiografico. Ed è questo che mi è piaciuto di piu’. In particolare la parte sulla guerra di Spagna. Nel personaggio sopranominato Bakunin, o Gambetta viene racchiuso il sentimento anarcoide che io attribuirei a Guccini mentre la vicenda stessa lega in un rapporto di amicizia totale anarchici e comunisti.
Nella realtà non fu cosi, salvo singoli casi specifici e la vicenda qui narrata tra i due protagonisti descrive proprio uno di questi.
Ho apprezzato i riferimenti a Orwell, cui viene dedicato un modesto omaggio traendo dal suo “Homage to Catalogna” pubblicato per la prima volta nel 1938 senza successo a causa delle persanti critiche al comunismo stalinista in Spagna e al comportamento del capitalismo europeo. L’ho trovato un libro ispirato ed intellettualmente onesto.
Amigdala. La parola come termine anatomico si riferisce ad una glandola a forma di mandorla che sta dietro alla gola. Mi interessa però la sua variante terminologica che si riferisce al “nucleo amigdoloideo” perché si riferisce alla formazione encefalica in sostanza grigia che si trova nella circonvoluzione dell’ippocampo. Essa è una parte del nostro cervello che funziona come centro di controllo emotivo. È lì infatti dove trovano origine la paura e l’ansia o addirittura la rabbia. Essa mi interessa perché un recente articolo di Nature sostiene che essa viene stimolata dal fatto di “camminare in mezzo alla natura”, cosa che io faccio due volte alla settimana approfittando della bellezza dei miei luoghi. Si sostiene anche che tale stimolazione avrebbe una effettualitàbenefica tale da costituire addirittura una cura naturale per il corpo e la mente.
Due Tazze ed una Teiera. Il soggetto narrante guarda le finestre di un appartamento sopra Catharine Street, al civico 37 ove, sopra una teiera in mezzo a due tazzine, appaiono figure femminili. Ma questo è soprattutto il disegno (eccellente) a chiarirlo. Le tazze sono preziose tanto che la stessa bella donna che apre la porta spiega che evita di toccarle perché appartenevano alla nonna col letto a baldacchino. C’è l’amico Erick che come una voce fuori campo spiega ad ogni mossa di che si tratta. E si tratta di una probabile casa di appuntamenti perché la giovane è “spogliata da ingordi figuri”. Il soggetto prova grande attrazione per la giovane ma altrettanta delusione quando, accostatosi alla famosa finestra, esamina le tazzine toccandole con le mani. Scopre che sono cinesi e, del 2003 per giunta. Quindi aveva ragione Erick lo scettico realista il quale lo ri-accoglie quando, cacciato malamente, il nostro esce fuori dalla porta.
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La voce del bosco. Questo racconto cita proverbi africani che si possono trovare editi nel libro Pensieri di Cotone. Il soggetto (e forse l’autore del testo) è un addetto alle captazioni idriche. Egli si reca nel secondo racconto a San Vito di Leguzzano dove un appuntamento saltato lo incammina in sentieri boschivi. Anche qui una voce fuori campo, stavolta deridente, turlupina un suo gesto citando un saggio proverbio africano. E abbiamo il tuffo nella psicoanalisi che ci spiega come Adelino sia stato un bambino sveglio e buono, capace di ritagliarsi uno “spazio immaginifico” tra gli eccessi violenti di rabbia del padre. La chiave di questa autoterapia vien ben riassunta in poche parole: Adelino non ha mai abbandonato quell’amico immaginario che tutti abbiamo avuto nel cuore infantile. E parla ancora da solo. Tuttavia ciò non è privo di conseguenze che con l’adolescenza arrivano alle bullizzazioni. Più grande, a Milano, Adelino scopre che oggi coi cellulari tutti parlano da soli e le curiose avventure/disavventure proseguono fino al lieto fine con Miranda.
Parmisana. Una special sex night con l’avvenente vicina attribuisce carattere paradossale alla circostanza in cui il soggetto apprende di essere stato abbandonato dalla moglie per fuga d’amore. Ma è proprio qui che la parmisana si rivela un potente antidepressivo. E, forse, anche un potente afrodisiaco.
Presente. Qui il soggetto scopre che parlare da solo è una forma che aiuta a pensare. E che “essere presente” è anche un modo per non essere tra le nuvole. Ma forse non abbastanza per essere anche testimone avveduto.
Nelle Storie di marciapiede un’ironia surrealistica ci fa conoscere Marc Passante il portavoce dei marciapiedi. Una sorta di domino di moduli tedescofili potrebbe coprire i sottoservizi cittadini dando maggiore efficienza agli impianti. Ma anche un sistema di botole segnalate con flussi ad aria compressa potrebbe potenziare l’efficienza dei futuri sistemi di raccolta rifiuti, Questi solo alcuni tra i suggerimenti al luppolo che quel chiacchierone dell‘amico immaginario suggerisce in funzione del tipo di birra ingerita. Forse quando si cede all’alcool non si e più soli ma in conferenza affabulatoria con prostitute che di marciapiedi magari se ne intendono. Dipende da quanto dura la vedovanza. Ma alla fine per migliorare il futuro bisogna sempre affrontare i marciapiedi.
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Questa è solo la prima metà di un percorso narrativo che si sviluppa in 237 pagine. Lo trovo leggero ed accattivante e lo lascio scoprire da solo al lettore, senza “spoilerare”… ulteriormente. (Che parola orribile. Piatta espressione di un’era dominata dal Marketing, ovvero una pseudo cultura scevra da ogni senso estetico dell’eloquio. Bleah!)
L’autore è un medico di famiglia valdagnese specializzato in medicina dello sport che ha esercitato per 40 anni. E stato il mio medico di base e oggi, stimolato dai suoi viaggi e dalla sua passione per la scrittura, scrive romanzi.
Incuriosito e incoraggiato dal fatto che il volume di esaurisce in 90 pagine ho letto tutto d’un fiato la sua terza pubblicazione dal titolo LA MORTE NEGLI OCCHI. Sono stato sedotto sin dalle prime pagine da una scrittura colta ed evocativa, che mi ha portato in atmosfere caraibiche tra i resti archeologici e i paesaggi naturali dei Maya. La narratrice è Amanda, compagna di coppia di Dedo (Edoardo) col quale costei fa l’amore alla fine di ogni capitolo. O quasi. Nonostante la bellezza dei primi giorni infatti nel proseguio non tutto va come previsto e i due finiscono dentro una rischiosa e misteriosa avventura.
Nelle novanta pagine vengono descritti molto bene gli ambienti naturali delle sponde del Rio Dulce e quelli unici come i cenotes maya e i resti di quelle che furono vestigia di un’epoca di grande splendore e che ora lentamente vengono recuperate alla civilta’ (pg 51). Infine gli scenari dal sapore horror sciamanico.
Mi incuriosisce e mi sorprende questo Roberto scrittore che sceglie di divenire un io narrante femminile. E lo fa con talento. Quando descrive i nudi maschili ti pare propri di stare dendtro gli occhi di una donna. Quando nel momento del pericolo estremo arrivano le salvifiche spalle maschili sembra proprio una scrittrice ecc. Insomma una lettura coinvolgente e piacevole per chi ama la narrativa misteriosa.
Ok Roberto grazie e auguri per tanti nuovi approdi tra hotel di lusso e tours all inclusive che possano trasformarsi in altrettante letture con LA MORTE NEGLI OCCHI.