Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio e
dell’Italia. Di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella. Ed.
CHIARELETTERE 2011.
E’ stata una lettura abbastanza interessante nonostante l’opera in sé non sia particolarmente innovativa. Diciamo piuttosto che uscendo nel momento apicale della guerra in Libia, questo libro può assumere l’aura della importante rivelazione controcorrente, ricerca storiografica e inchiesta giornalistica avanzata, indipendente e anticonformista. Ma c’è qualcosa che non mi cattura del tutto.
La novità è un po’ prefigurata fin dalla copetina e anche dalle recensioni di presentazione uscite sui quotidiani di fine Agosto. Si tratta della tesi secondo la quale la sovranità limitata della nostra costituzione è un portato voluto dagli inglesi, connesso con l’esito della seconda Guerra mondiale, alla fine della quale l’Italia non sarebbe stata riconosciuta come paese vincitore del conflitto, ma solo come Stato cobelligerante. A ciò corrisponderebbe uno status di rango secondario che sarebbe sancito ufficialmente nel trattato di pace del 1947, carta fondamentale deile relazioni con l’Inghilterra, vincolante, ancor più di quanto non sia stato sinora scritto nei confronti della dipendenza dagli Stati Uniti. Da ciò dipenderebbe l’ingerenza dell’intelligence britannica negli affari nazionali del dopoguerra, in contiuità con una linea storica di ingerenze che risalirebbe al risorgimento.
Tutto il libro, che si sviluppa sulle canoniche trecentoventi pagine anche con qualche leggera diluizione, è centrato, quasi ossessivamente direi, sul ruolo invadente della Gran Bretagna e sulla strategica difesa esclusiva dei suoi propri interessi petroliferi nel Mediterraneo e Medio Oriente.
Questa visione riconduce a disegni internazionali britannici le cause di molti fatti che caratterizzano la nostra storia politica ed economica. Il delitto Matteotti si spiegherebbe molto di più con le manipolazioni di Churchill che con la volontà di Mussolini, la morte di Mattei sarebbe una elimininazione concepita in Inghileterra e anche l’eliminazione di Aldo Moro, anche se per quest’ultimo le circostanze sarebbero più complesse e riconducibili ad iniziative NATO, rispondenti a decisioni anglo-franco-tedesco -statunitensi dalle quali l’Italia sarebbe stata tagliata fuori brutalmente.
Trovo possibili e credibili molte ricostruzioni, ma sono perplesso dall’assenza di riferimenti che consideravo ormai acquisiti dalle varie commissioni parlamentari di inchiesta. Si parla della massoneria come ambiente congegnale alle trame di controllo anglofilo, ma non si nomina mai la Gran Loggia Atlantica. Altro esempio: non viene praticamente mai chiamato in causa lo Stato Vaticano. E’ vero, ci sono Pacelli e Montini, ma vengono coinvolti più che altro come personalità individuali. Nel caso Moro si dà per scontato che gli esecutori materiali dell’attentato di Via Fani siano stati “quasi tutti” identificati, catturati, processati e condannati, si tralascia cioè il problema della vera composizione del commando mentre si attira l’attenzione sui misteri del dopo Via Fani, in particolare sulla scelta di via Caetani che andrebbe intesa come una indicazione implicita al palazzo della famiglia Caetani, punto di riferimento logistico per le trame degli anglofili. Non viene mai nominato il Mossad e si parla troppo pco di Israele. Si fa poi riferimento alle dichiarazioni, diciamo così, “post mortem” di Cossiga, già anticipate da Fasanella su Panorama, che riguardano il ruolo della Stay behind NATO durante i cinquantacinque giorni.
Trovo stimolante la considerazione che le letterature complottistiche e dietologiche, tutte centrate sulla demonizzazione di Washington, finiscano per impedire alla opinione pubblica di capirci qualcosa e condivido il giudizio, che peraltro avrebbe meritato un maggiore sviluppo nel testo, secondo il quale andrebbe analizzato meglio il dopo Moro, ovvero quel processo di eliminazione e intimidazione dei morotei che è continuato negli anni successivi per opera delle Br. Processo che ha a avuto come effetto il defnitivo affossamento della linea Mattei, ovvero quella linea politica di autonomia energetica italiana che è stata tanto osteggiata e temuta dagli inglesi, permettendo così il consolidamento dell’asse anglofilo della DC rappresentato da Donat Cattin, Piccoli e successivamente Forlani col loro “preambolo” dei primi anni ottanta.
In sostanza la visione del libro è che la politica italiana è sempre stata in buona parte eterodiretta fin dalla nascita dello Sato unitario e che tale soverchiante condizionamento sia da ricondurre tutto agli inglesi. Da Garibaldi e l’impresa dei Mille, voluta dagli Inglesi per le loro ambizioni egemoniche sulla Sicilia, fino agli anglofili Cossiga (e Napolitano), passando attraverso Adriano Olivetti, i partigiani della “Franchi” (Edgardo Sogno e tanti altri), Junio Valerio Borghese, il duca D’Aosta, i fascisti Ciano, Grandi ecc.
Non è una novità che molti di questi, come Mussolini stesso del resto, siano stati nei libri paga dell’intelligence britannica, tuttavia la ricostruzione appare squilibrata e fondata su un lavoro archivistico un po’ frettoloso, come se il libro dovesse proprio uscire a tutti i costi durante i bombardamenti libici della NATO. Come se si volesse mandare in fretta un messaggio, che peraltro anch’io condivido, all’opinione pubblica italiana per spiegare le vere cause della guerra libica: il rilancio degli interessi Bp (British petroleum) e francesi, difronte alle nuove minacce dell’asse Gheddafi-Berlusconi.
Vengono in questo modo corrette e quasi ribaltate quelle visioni e quelle tesi, ormani canoniche, sulle quali il filone complottista, per quanto minoritario nella cultura sessantottina italiana, aveva costruito il teorema della sovranità limitata. Questione che rappresenta tutt’oggi un problema non solo storiografico, ma anche poltico, del tutto irrisolto.
Questa lettura mi ha dato l’occasione per rispolverare due libri, entrambi figli dell’onda provocata dal Freedom of Information Act (versione 1974 della legge statunitense sulla gestione degli archivi dei servizi segreti) che rappresentano le colonne di questo pensiero sinistrorso.
Il primo, nel quale si definiscono gli USA come “la forza più conservatrice e controrivoluzionaria che ci sia sulla terra”, uscì per la Feltrinelli in gennaio 1976, e si concentra soprattutto sui primi anni del secondo dopoguerra e il Piano Marshall. Si tratta de: “GLI AMERICANI IN ITALIA” di Roberto Faenza e Marco Fini.
Il secondo, che può essere considerato un testo di svezzamento per i
complottisti, è il famoso “CIA, culto e mistica del servizio segreto” che Garzanti fece tradurre nel 1975.
Infine in questa lettura non sono mancate un paio di buone suggestioni che spero di riprendere ed approfondire quando troverò il tempo. La prima riguarda l’anglofilia della famiglia Feltrinelli e soprattutto l’ipotesi di un ruolo anglofilo d’intelligence da parte dello stesso Giangiacomo (attorno alle pagine 180 e seguenti) la seconda relativa all’operazione “Packet” e il Congresso per la libertà della cultura. Un’operazione anni cinquanta e sessanta centrata sulla produzione culturale, letteraria, editoriale ecc. ma diretta esclusivamente dai centri di intelligence occidentali ai fini del controllo degli orientamenti politici e militari. Il golpe letterario insomma…