diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
Giuliano da Empoli, nato a Parigi nel 1973, oggi è consigliere di Matteo Renzi, nonché commentatore giornalistico di fama. E’ stato amministratore delegato della Marsilio, casa editrice che gli ha pubblicato lo scorso mese di Maggio un pamphlet sul Movimento Cinque Stelle. (LA RABBIA E L’ALGORITMO. IL GRILLISMO PRESO SUL SERIO. Marsilio 2017)
**
Il “grillismo” in esso viene visto come fenomeno politico da comprendere più che sputtanare. E, soprattutto il primo capitolo, costituisce una analisi approfondita di quella che lui presenta come fenomenologia politica moderna in fase di piena diffusione nelle democrazie occidentali. Essa è legata a due fattori motivazionali: la Rabbia e l’Algoritmo. Vediamo cosa sono.
In premessa voglio dire che il libretto mi è piaciuto mi è piaciuto anche se nella seconda parte si allinea al mainstream.
In questa analisi la forza di M5S appare come il risultato della fusione tra le due componenti, quella analogica (rabbia) e quella digitale (algoritmo). Beppe Grillo è il gestore del fattore analogico, i Casaleggio di quello digitale.
La Rabbia, intesa come categoria della politica, è stata studiata da Peter Sloterdijk, filosofo tedesco contemporaneo di Karlsruhe. Costui la descrive come un sentimento insopprimibile che attraversa tutte le società ed è alimentato dagli esclusi. Una volta era la Chiesa a raccogliere e rappresentare questo sentiment, poi, dall’ottocento lo hanno fatto i partiti di sinistra. Questi ultimi si sono costituti come “vere e proprie banche della collera” ovvero gestori di energie che anziché venire spese subito venivano investite per costruire un progetto più ampio. Odio e risentimento presenti nella società venivano controllati e ricondotti ad un piano generale di cambiamento rivoluzionario. In questo modo “Il perdente si trasformava in militante e la sua rabbia trovava uno sbocco politico.” (pg11)
Oggi la Chiesa cattolica non è più portatrice di un messaggio escatologico che catturi gli esclusi dando loro un sogno da coltivare, ma di un semplice messaggio di regolazione etico-sociale. E dal canto loro i partiti di sinistra, con l’accettazione della democrazia liberale e del mercato, hanno svalutato la rabbia disorganizzandola. La collera del terzo millennio genera pertanto solo individualismi cinici oppure movimenti no global e banlieue. Nessun progetto generale di trasformazione.
Beppe Grillo è un comico con una sapienza televisiva consolidata. Egli la usa magistralmente per conferire verve e passionalità al movimento. La sua carriera televisiva è il frutto del felice sodalizio con Antonio Ricci, l’ideatore di Drive In e Striscia la Notizia. Si tratta di programmi che anche se non sembrava andavano ben oltre l’intrattenimento mettendo l’informazione ufficiale in una gogna mediatica. In essi il potere viene quotidianamente ridicolizzato dalle risate preregistrate e dalle “inchieste” del gabibbo. Inoltre c’è l’avvento del reality: lo spettatore non è più tale ma “entra in scena” da protagonista. Ecco il punto: accoppiandosi con Casaleggio Beppe Grillo ha portato questo sentiment protagonistco dall’intrattenimento alla politica. L’elettore rabbioso diventa militante protagonista e televota contro. Per mesi e mesi si è cercato di attaccare la credibilità del Movimento Cinque Stelle denunciando la pratica delle espulsioni. Ma è esattamente quello che si fa col televoto dei reality. E infatti i sondaggi dimostravano che quel tipo di campagna antiglillina non modificava niente. Forse si limitava ad alienare qualche tentazione di simpatia dai militanti ortodossi della sinistra storica. Niente più. E intanto invece il nuovo atteggiamento collerico di chi gode la politica come un reality si consolida.
Una conferma è poi arrivata con la vicenda elettorale di Trump. Le folle che lo accoglievano ai comizi intonavano “Lock her up!” (sbattila in galera). Stavano televotando contro la Clinton.
***
L’Algoritmo è un tema ancora più affascinante. Si tratta dell’apporto di Casaleggio alle dinamiche di rabbia, o meglio si tratta del suo server, il server della Casaleggio Associati. Casaleggio senior era una specie di san Francesco che invece di lupi parlava di Internet. Così almeno lo definisce Grillo. Il Movimento Cinque Stelle, scrive Da Empoli, in sé non ha cultura, il massimo che vi si può trovare è l’autobiografia di Alessandro Di Battista. Ma ha l’Algoritmo. Appunto.
Si tratta di una macchina discreta e sofisticata della quale non abbiamo capito subito la potenza. E’una piattaforma digitale che ha un ruolo superiore a quello degli altri software simili usati da altri partiti ed organizzazioni. Questa è la “fonte primaria della identità e dell’appartenenza al Movimento.
Attenzione: non stiamo parlando di qualche particolare segreto tecnologico, ma di una idealistica premonizione circa l’avvento della democrazia digitale. Qui la Rete è Partecipazione. Stiamo parlando di un nuovo strumento che, nella visione ideale del Movimento, può generare una vera e propria rivoluzione democratica capace di scardinare il potere della “casta” (i protagonisti della politica) e consegnarlo all’uomo comune. Bello! Una vera e propria “vision” nuova e affascinante, capace anche di appagare i desideri di rivoluzione sessantottini... Ma attenzione, sembra dirci Giuliano da Empoli, questo è il modo in cui la base vive il Movimento, mentre per l’élite che la guida, ovvero la diarchia grillo-casaleggina, si tratta in definitiva di uno strumento per l’accumulazione il trattamento Big Data. Come i grossi social network (Facebook), i motori di ricerca (Google) o i grandi negozi online (Amazon) l’Algoritmo pentastellare sarebbe quindi solo un software per la cattura e la vendita dei dati. La novità, la vera innovazione da cinque stelle, è che questa pratica, già operativa da decenni in ambito commerciale, ora è uscita da quella sfera per entrare nella politica. E c’è riuscita alla grande.
Il segnale sul valore strategico dei Big Data in politica è partito dalla campagna elettorale di Obama per le presidenziali del 2008. In tale occasione una rete capillare di sostenitori mobilitò il web generando una raccolta di informazioni che, accumulata, permise, nonostante il voto segreto, di conoscere con precisione quattro anni dopo il nome e il cognome di 69.456.897 (pg.19) cittadini americani che lo avevano votato nel 2008. Ciò è reso possibile non da interviste e sondaggi, ma grazie al lavoro automatico di alcuni algoritmi che analizzano automaticamente i gusti e i comportamenti in Rete.
Per chi, come me, ha militato per qualche decennio nelle organizzazioni storiche della sinistra, anche con ruolo dirigente, è dura ammettere l’obsolescenza e la quasi totale inutilità del vecchio modello. Ma grazie all’Algoritmo casaleggino oggi vi sono nove milioni di voti a dimostrarlo: oggi è possibile una comunicazione radicalmente innovativa, difronte alla quale le vecchie forme di consultazione sono come le carrozze a cavallo rispetto agli elicotteri. Oggi sono possibili le Dog Whistle Polics ovvero un modello di comunicazione mirata che non solo va ben oltre la semplice comunicazione dall’alto di messaggi generalisti o agit prop (storici modelli rispettivamente pro e/o contro i regimi) ma anche oltre la semplice circolazione virale del 2.0. Oggi è diventato possibile, scrive Giuliano da Empoli, “sollevare gli argomenti più controversi RIVOLGENDOLI SOLO A QUELLI CHE SON SENSIBILI AL MESSAGGIO”. Una tecnica che offre un vantaggio strategico colossale, quello di evitare le controindicazioni, ovvero evitare di “alienare il consenso di altri elettori che la pensano in modo diverso”.
Ecco in che senso, aggiungo io, che sinistra e destra sono superate. Lo sono in termini di comunicazione elettorale, non necessariamente in termini etico-programmatici.
Dog whistle politics significa letteralmente “politiche del fischietto per cane” nel senso che soltanto il cane sente quel segnale, il che tradotto significa che solo alcuni avvertono il richiamo, gli altri non sentono nulla. (pg 21)
Per il momento, osserva il Da Empoli, nella politica italiana c’è solo il Movimento Cinque Stelle ad avere i Big Data, mentre in America le forze politiche sono da anni in competizione per gestirli.