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27 giugno 2013 4 27 /06 /giugno /2013 14:24
EVA. Le Vendicatrici, di Carlotto e Videtta

Dopo il prequel ora la storia continua concentrandosi su Eva.

  • Renzo Russo, marito ludopate di Eva D’Angelo la quale ora è in società con le altre due amiche lesbian per la profumeria, si è rifatto vivo in una notte d’amore che apre il racconto del secondo libro seriale. La cosa fa girare le balle a Melody Mascherano che sfregia Eva per gelosia. I rischi che Renzo corre sono anche un problema per la profumeria per cui la cosa viene presa in mano da tutto il gruppo. E Sara, reduce semi alcolizzata da un intervento otoplastico che la raddrizzato le orecchie, si offre di proteggerlo. Ma lo caccia di casa subito, la prima volta che lui ci prova.

  • Eva decide di risolvere il problema del marito ludopate che ormai le ruba la vita oltre ai soldi e affronta Melody in casa con relativa umiliazione. Paga il debito di Renzo ai Mascherano e lo scarica.
  • Al ritorno viene agganciata dal commissario Mattioli. L’uomo buono e retto le piace. Ma da lui dovrà dopo una trentina di pagine ricevere la notizia della morte di Renzo, massacrato dai Mascherano.
  • Anche Melody si rivela donna infelice, schiava delle regole del clan. Dovrà sposare l’uomo che ha ucciso Renzo. Ma non avrà la pena di Eva, che dovrà invece riconoscere all’obitorio il cadavere straziato. Christian è il delfino del clan destinato alle nozze di Melody, ma è anche un assassino violento e femminicida, un destino che Melody non accetterà mai. E regolerà i conti proprio al matrimonio, col rasoio.
  • Ma è ancora Sara che riorganizza la nuova vita di Melody e padroneggia la situazione tra la polizia e i Mascherano.
  • Al bravo poliziotto arrivano quindi le prove e informazioni che gli permetteranno di infiascare finalmente i Mascherano. Facendo giustizia. Si, i poliziotti sono buoni e la giustizia è giusta… Non è Carlotto.

Il romanzetto si riscatta da pagina 160 in poi, anche se l’epilogo è un po’ troppo al latte e miele. Qui si che la storia è degna di un Carlotto. E’ i personaggio di Sara che funziona, il resto è solo acqua nel latte.

Penso che leggerò anche i prossimo, che dovrebbe avere appunto Sara come protagonista, ma penso che se vorrò tornare ad emozionarmi sarà meglio rileggere Respiro corto, La pista di Campagna, Alla fine di un giorno noioso, Nordest, Mi fido di te, Nessuna cortesia all’uscita, il maestro di nodi, La donna del bandito ecc. ecc.

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24 giugno 2013 1 24 /06 /giugno /2013 15:28
IL TERZO INCOMODO,  a cura di Fabrizio Càlzia

Il libro è scritto a più mani. Se includiamo la premessa dell’avvocato Alberto Foggia infatti gli autori sono tre, ma i testi di Càlzia e di Ferruccio sono integrati e compatibili, anche come stile ed efficacia. Càlzia è un giornalista professionista e Ferruccio Mazzola ha fatto anche lui il commentatore sportivo scrivendo per anni vari articoli. Foggia ha rappresentato la casa editrice (Bradipolibri Editore S.r.L.) nella causa per diffamazione promossa dalla squadra di calcio F.C. Internazionale Milano detta “Inter “nel gergo calcistico.

La causa venne promossa nel Febbraio 2005, dopo che Ferruccio era stato ospite di una popolare trasmissione televisiva durante la quade aveva aspramente criticato il mondo del calcio per l’uso del doping, dissacrando in particolare Helenio HERRERA, storico allenatore dell’Inter, nonché mitico personaggio calcistico degli anni sessanta. In tale trasmissione Ferruccio aveva presentato anche il libro.

Ora, il primo punto fermo della vicenda è che quella causa è stata PERSA DALL’INTER con motivazioni che, anzi, rafforzano l’attendibilità delle affermazioni nel libro contenute. Dall’esito di quella causa infatti si conferma che i fatti esposti sono veri, che sono di pubblico interesse ed esposti con correttezza. In pratica l’Inter si è tirata una zappata sui piedi. In particolare i piedi di Giacinto Facchetti e, un po’ meno, di Sandro Mazzola che di Ferruccio è il famosissimo fratello.

L’avvocato fa anche notare che non c’è stato ricorso in appello per cui la sentenza è oggi passata in giudicato. C’è da pensare infatti che l’Inter si sia resa conto che finiva per fare da cassa di risonanza ad una polemica montante sui media. Una polemica che rischia sempre più di convincere vecchi giocatori che finora se ne sono stati a bocca chiusa, a rivelare tutte le strazianti verità che riguardano il calcio nascosto, quello delle partite combinate e dei farmaci fuori controllo o più propriamente fuorilegge. Sono verità scomode, oltre che per gli addetti ai lavori, soprattutto per i tifosi e per una generazione come la mia, del tutto ignara, a suo tempo, dei rischi connessi ai farmaci e alle metodologie di testatura clinica.

Herrera operava agli inizi di un periodo durante il quale si sono via via affinati certi metodi e le normative. E’ quello il periodo della “grande Inter”, una epopea che oggi, proprio alla luce di libri come questo, appare figlia di illeciti e pratiche farmacologiche imperdonabili.

L’attacco del libro è principalmente diretto agli anni che vanno dal 62 al 67 e poi nei successivi fino ai giorni nostri per i quali la preoccupazione principale di Ferruccio riguarda i giovani della futura generazione.

I controlli antidoping vengono introdotti in Italia nel 1962. Già da subito alcuni risultarono positivi come Zaglio, Bicicli e Guarneri, dell’Inter. Le pastiglie bianche di Herrera incontravano scetticismo tra i giocatori, perciò Herrera le scioglieva nel caffè e controllava attentamente che venissero prese. Poi succedeva che molti non dormivano la notte e questi stati di eccitazione duravano anche per giorni, per essere poi seguiti da improvvisa, rovinosa stanchezza. Secondo Ferruccio è questo che succedeva all’Inter del 1962, quando la squadra dava ottime prestazioni al Mercoledì giocando in Coppa per poi sonnecchiare in campo la domenica in campionato. Ciò a suo giudizio potrebbe essere stato dovuto al fatto che era appena stato introdotto il sistema del controllo antidoping in Italia, ma non per le partite internazionali. Herrera usava il vivaio giovani per testare e affinare l’uso delle sostanze per la prima squadra. Molti giocatori che in regime di controllo antidoping erano ostili a prendere cose strane diventavano invece disponibili e collaborativi il Mercoledì perché sapevano dell’assenza di controlli e soprattutto, ricorda uno di loro, Franco Zaglio, perché c’erano tre milioni (di allora!) come premio partita. Si può intuire che forse la società non era a conoscenza, o lo era ma subiva, delle manovre farmaceutiche di Herrera.

Il 1966 per l’Italia calcistica è l’anno della Corea. Quell’anno infatti il Campionato Mondiale di Calcio venne disputato su 32 incontri che impegnarono 74 squadre. Ovviamente di queste se ne qualificarono per le finali solo 16, ma il punto è che tra queste l’Italia non c’era. Vinse l’Inghilterra, che dedicò anche una statua a i propri campioni.

IL curatore del libro, che è un giornalista sportivo di lunga esperienza molto attento al problema del doping nello sport, riporta nella parte centrale una nutrita serie di casi e interviste che raccolgono un po’ tutti i punti di vista. Ci sono infatti molti giocatori che non condividono l’idea di un calcio malato, tra i quali il fratello Sandro, il quale attribuisce al carattere difficilino di Ferruccio tutte le difficoltà che quest’ultimo, nonostante la bravura tecnica, ha avuto nella vita.

Mazzoletta si sposò nell’estate dell’amore, il 1967, quando si stava affermando nel Venezia. Rocco, Gianni Rivera e Luigi Carraro (che morì poco dopo), si congratularono per fargli la corte e portarlo al Milan. Ma l’idea non trovò realizzazione. Il testo in proposito adombra lateralmente la possibilità che l’Inter abbia brigato in tale circostanza per toglierlo di mezzo e farlo uscire dal mercato della serie A. Sta di fatto che dopo il Venezia Ferruccetto finì alla Lazio, in serie B. Una pubalgia lo perseguitava in quel periodo, ma lui la affrontò subito con sole tre sedute di terapie a raggi Roentgen. Il suo collega Bruno Beatrice invece di sedute ne fece 100 e morì di leucemia.

In quell’anno si conclude il ciclo della grande Inter. I giocatori cedono di schianto nel finale della Coppa dei Campioni a Lisbona durate la primavera di quell’anno. Manca Suarez, ma a parte Sandro Mazzola e Sarti gli altri giocatori sono tutti “assonnati”. Perché? Secondo il libro e a fine gara Herrera commenterà incazzato (negli spogliatoi) dicendo che erano stati drogati. Ma è più probabile, secondo Mazzoletta che si sia trattato di un farmaco con effetto sedativo indesiderato. In qualche commento giornalistico dell’epoca si scrisse anche di dosi sbagliate, senza però arrivare ma ad un chiarimento. In ogni caso l’Inter giocò assonnata anche la domenica successiva a Mantova e rimane valida la possibilità che stessero per finire definitivamente gli effetti stimolanti delle sostanze di Herrera. E lo scudetto passò alla Juve. Una squadra cotta, si scrisse. Dai farmaci? Questo non si scrisse. E ai tifosi, come a tutto il pubblico, bastarono spiegazioni para-scientifiche, da sociologia stracciona tipica di quegli anni, come questa:” Da troppi anni si schierava sempre la stessa formazione, fu pertanto un CROLLO LOGICO prima ancora che fisiologico.”.

Fatto sta che Herrera volle un radicale rinnovamento dell’Inter e Moratti si adeguò. Sfumò l’acquisto di Riva dal Cagliari, ma andò a buon fine quello di Nielsen dal Bologna. Si liberò di Picchi, Jair e tanti altri. Nello stesso periodo il ciclista inglese Tom Simpson morì sul Mont Ventoux al Tour de France- La sua “final climb” si concluse lasciando accanto al suo cadavere due tubetti di anfetamine. Le immagini televisive di quella morte furono commoventi e partì uno dei primi gialli giornalistici europei ancor oggi non dimenticato. Attraverso immagini come quelle i rischi connessi all’uso di sostanze iniziarono ad entrare nel dominio dell’opinione pubblica. In settembre dello stesso anno Anquetil fissò il record dell’ora, ma rifiutò il successivo controllo antidoping causandone l’annullamento.

[vedi video Simpson]

Troppi i casi di ex calciatori malati di SLA. Su questa malattia indaga Guariniello. Speriamo bene.

Nel descrivere il caso di Marcello Neri, Càlzia spiega che nell’esaminare i rischi connessi all’uso di farmaci nello sport parlare di doping è un malinteso. Occorre invece “estendere la ricerca alle cure, a farmaci quali antidolorifici perché così si potrebbe spiegare il motivo di tante malattie”.

E oggi secondo lei il doping c’è ancora?

Si, soprattutto nei campionati dilettanti, dove non esistono controlli: si bombano come le bestie. Quello che più mi fa male però sono i ragazzini…

E' un bel libro e una buona lettura per chi ama l'indipendenza della propria mente. Purtroppo è un libro destinato ad essere volutamente dimenticato dal mercato. Così infatti vorrebbe l’establishment perché gli si scoprono gli altarini. E se già allora la situazione era questa, oggi non ci resta che ipotizzare una situazione drammaticamente peggiore. Però quelli del libro sono vittime. Sono quelli che allora come oggi sgambettano sul campo. Ma forse quelli di oggi non sempre sono vittime, a volte sono dei veri complici.

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17 giugno 2013 1 17 /06 /giugno /2013 00:31
Feruccetto Mazzoletta, del Marzotto Valdagno 1964.

Nel 1964, quando l’Inter di Hellenio Herrera, quella per capirci con Suarez, Corso, Jair e Sandro Mazzola, scalpita al Prater di Vienna e si porta a casa la prima Coppa dei Campioni, Paolo Marzotto chiede al suo amico Moratti un rincalzo di lusso per la sua squadra: il Marzotto Valdagno. Arrivò il quasi diciottenne Ferruccio Mazzola, grande nome per un ragazzo piccolino, un po’ gracile, ma con una gran tecnica calcistica. Mio padre mi portò a vedere anche gli allenamenti e siccome si chiamava come lui ne facemmo un piccolo mito per pochi mesi. Ora Ferruccetto Mazzola è morto, il sette Maggio ultimo scorso, all’età di sessantotto anni. E i giornali se ne sono occupati anche per ricordare, o lamentare, a seconda dei punti di vista, il suo impegno contro il doping.

Le sue foto giovanili mi fanno riaffiorare alcuni ricordi di quell’anno.

*

Allora la nostra squadra cittadina era in serie C, dopo il gran periodo di serie B nella seconda metà degli anni cinquanta. Ricordo ancora il gracchiare domenicale delle radio a transistors, quando le radiocronache di Carosio scandivano ripetutamente il nome di Anzolin, che abitava a pochi metri da casa mia. A quel tempo il nome Marzotto era ancora in auge, riviste internazionali scrivevano della Città Sociale e il Premio Marzotto per la pittura incoronava la plastica su tela di Alberto Burri mentre al Teatro Rivoli si tenevano affollatissimi concerti di musica contemporanea (seriale) della quale peraltro nessuno capiva niente, ma si parlava di evento “europeo”.

Nonostante questi fasti, si fa per dire, Mazzoletta (così veniva chiamato dai valdagnesi) scriverà trent’anni dopo nella sua biografia di ritrovarsi “… con una maglia biancoceleste a strisce, come i carcerati, … improvvisamente sperduto in un posto appena sentito nominare, dimenticato da dio e da tutti … in un paese di sole fabbriche dove alle cinque del pomeriggio, quando è inverno e fa buio, non mi rimane che andarmene a dormire”. In quell’inverno egli pranza e cena al bar Lido, “dove il solo passatempo sono le partite a carte”. E’ il campionato della stagione 1963/64 l’allenatore è il cinquantenne Carlo Alberto Quario il quale da giovane aveva giocato all’Inter e alla Pro Vercelli. Costui abita a Milano e i due spesso vanno a casa assieme con la sua auto. Mazzoletta all’inizio non si trova bene “in quei campi zeppi di fango” nel ruolo di centravanti e lo convince a schierarlo in ruolo più interno. Così egli si trova meglio, anche perché non è più esposto al rischio di farsi “massacrare da certi macellai travestiti da calciatori” e lo dimostra a Legnago, dove segna e fa vincere la squadra. Ma la svolta per lui arriva alla partita contro il Mestre, quando segna il rigore del 2-2 e poi porta la squadra alla vittoria segnando anche il gol del 3-2. Gli amici di mio padre non stanno fermi per la gioia, ma non sanno che proprio in quella partita c’è un osservatore del Venezia (allora non c’era ancora la squadra del Venezia-Mestre) che lo nota e si mette a brigare per portarselo in laguna. Ciò avverrà puntualmente il campionato successivo e da lì partirà la carriera di Ferruccio, il quale porterà in serie A la squadra che era stata anche di suo padre, il grande Valentino Mazzola morto a Superga nel 1949.

Quell’estate, alla faccia degli esperimenti “europei” del Premio Marzotto, si imporranno i Beatles nel Juke-box della piscina Lido. E gareggeranno con SEI DIVENTATA NERA dei Los Marcellos Ferial a suon di monete da venti lire, (oppure tre canzoni a cinquanta lire,) con All My Loving, Twist and Shout e soprattutto She Loves You.

Mentre quel titolo del disco per l’estate ’64, “sei diventata nera”, nera … NERA, suona oggi in modo appropriato e un po’ sinistro, anzi destro perché tra giugno e luglio di quell’anno l’Italia sfiorò il colpo di stato del famoso PIANO SOLO del generale Delorenzo. Un piano che Moro contribuì a sventare facendo cadere il governo e consolidando la linea del centro sinistra. L’Italia non diventò NERA in quell’occasione e anzi, il piano non fu per niente solo.

A Valdagno infatti il Premio Selezione, sotto la direzione di Paolo Marzotto venne assegnato al musicista Henk Badings per il suo Concerto per DUE pianoforti e Orchestra

Proprio così, YEH, YEH, YEH!

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3 giugno 2013 1 03 /06 /giugno /2013 23:15

[3 giugno 2013]

Com’è noto i blog servono per mettere in Rete le verità negate dal sistema orwelliano, o comunque divulgare notizie scomode. Di solito i blog complottisti che si occupano di scie chimiche sono additati tra quelli inaffidabili. Può darsi che sia vero, ma allora non saprei come prendere questa uscita del TG1.

http://youtu.be/BjRBmMzifwc

Ovviamente la notizia è decontestualizzata. E di solito viene presentata con la tecnica del panino, cioè preceduta e seguita da altre notizie che ne svuotano l’efficacia. Per cui uno non capisce completamente il senso e la portata dell’informazione. Comunque questa ammissione del TG1 oggi assume un significato più preciso alla luce del round in corso per la revisione dei vecchi trattati sulle armi chimiche.

Esso sta per giungere alla sua fase apicale per cui, se passa, verranno progressivamente distrutti i vecchi arsenali e riconvertiti i vecchi siti. La disputa probabilmente si era impantanata sui tempi di dismissione ( Russia Today parla di quattro anni oppure sette a seconda delle esigenze dello scenario locale). Il più delicato di questi scenari ovviamente ha fino ad ora riguardato la Siria, ma è probabile che lì si giunga, nonostante le apparenze, ad una stabilizzazione.

Mentre la criticità si va estendendo da un lato in Turchia e dall’altro sempre più sul il fronte israelo/iraniano.

L’altra notizia riguarda le benzodiazepine.

Nei giorni scorsi nel padovano, una sessantenne sotto effetto di sostanze medicinali incompatibili con lo stato di attenzione richiesto dalla guida di un’auto, ha investito col suo SUV una giovane donna mentre camminava sul ciglio della strada. L’ha trascinata mortalmente per oltre quattro chilometri lasciando una lunga scia di sangue sull’asfalto. Si ipotizza che la vittima sia rimasta agganciata per tutto il tragitto. Ma il punto che la stampa sorniona insinua, è che la vittima per tutta una prima parte del tragitto avrebbe lanciato ripetute richieste di aiuto battendo ripetutamente su tetto dell’auto e rimanendo disperatamente inascoltata.

La donna al volante aveva la patente di guida regolarmente rinnovata da poco e questo dettaglio potrebbe anche coinvolgere le responsabilità del medico che le ha prescritto il farmaco. La normativa infatti prevede che venga informato l’ufficio preposto al rinnovo delle patenti dal medico stesso, con l’effetto, spesso, di un ritiro della patente di guida. Inoltre varie sostanze, come ad esempio il Tavor, fanno scattare la lucetta rossa ai controlli anti alcool della polizia. E gli operatori della polizia non sono addestrati a distinguere tra drogati e persone sotto prescrizione medica. Tutte queste sfumature rendono succoso il caso per la stampa locale, ma in questa volta ne ha parlato anche la televisione nazionale. Come mai?

il punto che non viene evidenziato è che il trattato in corso di elaborazione sulle armi chimiche (forse sarebbe meglio dire NUOVE armi chimiche) si occupa anche di questi farmaci, ipotizzando nuove regolamentazioni, ivi compresa la tracciabilità, per controllarne gli stoccaggi. Del resto l’uso nell’ambito della sanità militare della benzodiazepina più famosa, il Diazepam, è già noto.

C’è poi una terza notizia, una notizia che non è ancora arrivata, ma potrebbe arrivare e della quale spero non aver mai riscontro. Riguarda le dinamiche di repressione della piazza turca in questi giorni. A tutt’oggi ci sono moltissimi feriti, ma nessun morto e la cosa puzza. Si stanno sperimentando gas paralizzanti di nuova generazione? Sarebbero i figli, o forse i nipotini, delle benzodiazepine. Esse vengono spruzzate sui dimostranti dagli elicotteri dopo aver isolato la piazza per impedire il soccorso. I morti vengono dopo, quando sono trascorse molte ore e non muoiono sotto i colpi della polizia, con la conseguente magnitudo mediatica, quelli muoiono per omissione di soccorso.

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30 maggio 2013 4 30 /05 /maggio /2013 16:36
Paston di Maggio

CONSIDERAZIONI DI FINE MAGGIO (Past One)

Il mese che inzia con la festa del lavoro ci ha portato quest’anno, con le sue notti intiepidite, l’ultimo quarto della quarta luna annuale. Un senso di lunatico declino. Il mio post su questo Primo Maggio, (che in Italia è stato caratterizzato dal Concertone dei sindacati a Roma Piazza San Giovanni in un clima fortemente antipolitico causato dal fallimento della classe dirigente del nostro Pese), mi ha fatto riflettere sulla globalizzazione. Ho tirato fuori un vecchio libro del 2005 scritto prima che esplodesse la grande crisi finanziaria ma che già intravvedeva il declino delle global corporation.

Le prese di posizione di Confindustria nelle settimane successive (vedi) suonano quindi come una coccodrillesca conferma di molte di quelle considerazioni, fatte non dall’ufficio studi della Cgil, ma da Barry Lynn, analista a Washington e collaboratore, tra l’altro, della Rockefeller Foundation. Ma quelle parole di Squinzi sono soprattutto una fallimentare ammissione di colpa da parte di Confindustria e alcuni settori del sindacato per la retorica filo Marchionne con la quale sono stati esorcizzati negli anni scorsi i lampanti segnali di crisi.

Barry Lynn attacca soprattutto la fragilità del sistema industriale globalizzato. La dipendenza dai conflitti regionali non più solo per le materie prime, ma ora anche per tutte le componenti della produzione industriale. Il rischio di rimanere senza forniture si è esteso a tutta la supply chaine ed è stato pesantemente aggravato dalla estensione globale del modello Toyota, ovvero il just in time con la abolizione delle scorte di magazzino. Certo si risparmia sulle giacenze, e sul loro valore patrimoniale in bilancio, ma si aggrava irreversibilmente la dipendenza dai fornitori.

*

Forse per lo stesso senso di colpa in questo mese le edizioni de IL SOLE24ORE hanno ripubblicato le “Confessioni di un sicario dell’economia” di John Perkins, ex militante liberista pentito.

Da entrambi questi testi (Il primo dei quali senza traduzione italiana) emerge il drammatico cinismo col quale la nostra crisi è stata pianificata e la indiscutibile necessità di una dimensione sociale per la globalizzazione. Una dimensione nella quale si assuma il lavoro come mezzo per sradicare la povertà, puntando sulle piccole medie imprese e riconoscendo le responsabilità delle multinazionali. L’ho preso e mi ripropongo di leggerlo. Intanto mi godo le notizie come questa (questa) su Euronews…

Ma per annusare il tanfo della nostra società malata non occorrono i saggi di macroeconomia, basta leggere Carlotto che in questo mese è uscito con una nuova, e come sempre spietata, proposta editoriale.

**

Con la luna nuova al suo primo quarto ho poi preparato un post forse un po’ troppo ottimistico sulla Siria. Evidentemente avevo capito che gli appuntamenti svizzeri di questo mese, con la solerzia della nostra neo ministra degli esteri, stavano preparando il riarmo, ma speravo meglio. (SIC)

***

Il primo quarto della seconda luna di maggio ci ha poi portato tra le notizie sull’estensione della pratica legale di nozze gay, la notizia relativa alla morte di Videla, avvenuta all’età di 87 anni nella prigione di Marcos Plaz. Avevo intuito l’importanza del suo ritorno all’attenzione della stampa mondiale in un post di qualche mese fa. Poco male, spero che pochi lo rimpiangano. Ma spero anche che molti non lo dimentichino.

Con l’occasione la stampa internazionale ha definitivamente legittimato Estela Barnes De Carlotto come portavoce ufficiale unica del movimento delle donne di Plaza del Mayo. Estela ha appena dato dimostrazione di indipendenza con le sue dichiarazioni sul gesuita Jorge Bergoglio, ma ho l’impressione che qualche altra esponente di quel movimento denuncerebbe con maggiore forza il pericolo che con lui se ne vadano nella tomba anche certi segreti oggi scomodi relativi a vecchie ricerche sulla genetica e la clonazione umana.

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Ricordi di Maggio quarant’anni fa.

Nel maggio del 1973, Gianfranco Bertoli, appena ritornato da Israele, compì una strage davanti alla questura di Milano. Ciò avveniva il giorno 17 nell’anniversario della uccisione del commissario Calabresi. L’obiettivo era il ministro dell’interno Mariano Rumor, che fortunosamente non venne colpito. La bomba provocò però quattro morti e numerosi feriti.

Altro ricordo importante dell’epoca ancora praticamente ignorato dalle analisi sulla storia degli anni settanta, riguarda ciò che avvenne sempre a Milano pochi giorni dopo il fatto di Bertoli, mentre la polizia stava indagando accanitamente sulla strage.

Il giovane Moshe Katz, ufficialmente studente israeliano in Italia, muore nel suo appartamento. L’atto di morte parla di intossicazione da ossido di carbonio. Ma nello stesso appartamento abitavano anche altri due studenti israeliani sui quali il SISMI aveva già fiutato qualcosa, tanto che li stava tenendo d’occhio. Qualche anno dopo, infatti, l’autorità giudiziaria, nell’ambito di un importante processo, entrerà in possesso di tre schede intestate appunto a Katz, Smilovich e Goldberg, traendo negli atti la conclusione che si trattava di agenti del Mossad. Allargando il ragionamento al di fuori delle ristrette verità giudiziarie si può oggi capire che si trattò di un repulisti del servizio segreto israeliano su una propria base segreta milanese. Il Katz infatti stava per costituirsi alla polizia italiana e venne preventivamente eliminato.

Il fatto è ricordato in pochissime cronache e ricostruzioni. Tra queste il libro MOSSAD BASE ITALIA di Eric Salerno, molto poco pubblicizzato come, del resto, tutto ciò che non è gradito ad Israele.

A proposito, Israele quest’anno ha chiuso il mese di Maggio nel suo ultimo quarto di luna calante con grandi manovre ed esercitazioni nelle scuole. Si sa infatti che ci sono i cattivissimi Assad ed Ahmadinejad che stanno cospirando contro di loro. ( )

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23 maggio 2013 4 23 /05 /maggio /2013 23:25
Come funzionano i servizi segreti, di Aldo Giannuli

Più che un manuale sul funzionamento dei servizi segreti, come farebbe intendere il titolo, si tratta di un testo che presenta una soddisfacente disamina di tutta la tematica.

Il copyright del 2009 segna da solo il ritardo di questa mia lettura. Cinque anni infatti nell’epoca attuale di tecnologie globalizzate sono tanti. Tuttavia, procedendo in un testo gradevole e attendibile, mi si è via via prospettata una lettura utile e soddisfacente.

L’autore mi era già noto per il suo “Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro” uscito nel 2011. Quest’ultimo libro è frutto di ricerche dall’autore condotte direttamente sugli archivi derubricati del ministero degli interni e altre succosissime fonti. Ma il suo pedigree è reso eccellente dal fatto di aver lavorato in qualità di consulente parlamentare su stragi, Mitrokhin ecc. nonché come consulente giudiziario in processi altrettanto importanti.

In questo libro Giannuli ha organizzato la trattazione in due parti. La prima è quella che riguarda i servizi in quanto tali, il loro funzionamento, le regole e le tecniche. Qui l’approccio è sistematico senza pedanterie, dallo spionaggio delle origini alle pratiche di diplomazia coperta e attività speciali. La seconda parte, più corposa e vasta, esamina a trecentosessanta gradi lo scenario globale moderno con i suoi nuovi terreni di scontro non prettamente militare: in particolare la guerra economica, la pirateria e il terrorismo.

C’è infine una curiosa e simpatica appendice ove si propongono alcuni esempi di rilettura di alcuni fatti esemplificativi derivanti dalla lettura dei giornali con l’ottica di un analista smaliziato, e forse anche un po’ deformato, dei servizi. Quest’ultima appendice mi rinvia al suo sito (www.aldogiannuli.it) nel quale troviamo una rubrica “cappuccino e brioche” molto più aggiornata.

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Clausewitz insegna che l’esercito che resta all’interno delle proprie posizioni perde la guerra. “Se un servizio si accorge di un attacco informatico da parte di un altro, quasi mai reagirà con un attacco informatico, perché ciò sarebbe troppo prevedibile. Spesso inoltre la situazione politica sconsiglia quel tipo di reazione. E’ più probabile quindi una risposta basata su un attacco batteriologico al patrimonio zootecnico. Ecco, si tratta di un esempio emblematico del punto di vista che questo libro insegna ad avere sui fatti odierni. I servizi segreti che sono nati come un apparato militare per la difesa, operando in condizioni particolari dietro le linee nemiche attraverso informazioni ed azioni speciali, oggi sono diventati organismi che permeano tutti gli ambiti del tessuto politico sociale fino a divenire strumento principale per il controllo sociale interno. Si è evoluto il concetto stesso di guerra, che oggi è molto diversa da quella di Clausewitz perché è globale, coperta e asimmetrica. In pratica si fa con il terrorismo e non in campo aperto, ma nel proprio tessuto sociale e urbano. Ovvio che in questa nuova situazione anche le attività fondamentali dei servizi segreti, come la raccolta dell’informazione, la disinformazione e il depistaggio, stanno subendo variazioni profonde basti pensare alla tecnologia dell’informazione. Le riprese satellitari hanno raggiunto un grado di risoluzione elevatissimo. Echelon, il sistema di sorveglianza globale più moderno è il fiore all’occhiello di una rivoluzione tecnologica dei servizi che ha poco più di 25 anni. Si tratta del compimento di un processo che parte negli anni sessanta con il primo utilizzo dei satelliti spia, e si è evoluto con il Patto UK /USA che coinvolse cinque paesi di lingua inglese con Australia, Canada e Nuova Zelanda. Alcuni ipotizzano che l’Italia abbia contrattato la propria partecipazione alla guerra del Kossowo con l’ammissione nel piano Echelon. (Ricordo che si parlava di un ruolo spiccato in questa partita da parte di D’Alema).

Processi come questo danno la misura della nuova evoluzione dell’intelligence e di questo il libro si occupa senza trascurare i difetti dei servizi italiani.

Ad esempio evidenziando la differenza tra “raccolta informativa” e “analisi” che ho trovato illuminante. Giannuli afferma (a pg 140) che:” La tradizione dei servizi italiani ha sempre privilegiato la raccolta informativa sull’analisi, che non è mai stata il loro punto forte.”

Questa considerazione implica alcune mie divagazioni. L’analisi produce informazione senza dipendere dalla rete degli informatori. Privilegiare l’una o l’altra metodologia implica che l’organizzazione del servizio abbia maggiore o minore autonomia. La rete di informatori ed infiltrati impone infatti che vi sia un certo grado di connivenza con le organizzazioni spiate. E a ciò consegue la necessità di coprire gli informatori con le conseguenti compromissioni ed atti illegali. Per coprire un informatore infiltrato il servizio segreto deve spiare la polizia ed intervenire per depistarla quando essa si sta avvicinando troppo alla fonte protetta. Il metodo della analisi invece ti permette di procedere per deduzioni esterne. Naturalmente i due modelli non possono prescindere l’uno dall’altro e il vero problema sta nella definizione del mix.

Giannuli affronta il tema della incostituzionalità dei servizi segreti, ma si occupa soprattutto del pericolo che essi assumano un ruolo di direzione politica, diciamo così “in proprio” subordinando il potere politico. E’ il bonapartismo, ovvero la tendenza dei servizi a rovesciare il rapporto di subordinazione nei confronti del potere politico. Esso è intrinseco ai servizi e può esprimersi nella sua forma estrema, quella del colpo di stato. Oppure in forme più insidiose o clandestine come ad esempio l’uso del ricatto nei confronti del personale politico, oppure lo scandalo o anche il singolo attentato.

Non mancano gli esempi storici in questa analisi, incentrati soprattutto nel periodo della guerra fredda. In tale periodo, che Giannuli definisce Terza Guerra Mondiale, l’apparizione e il consolidamento delle nuove modalità di confronto bellico tra le superpotenze, in particolare il modello di guerra economica descritto da Perkins nel suo famoso libro Confessioni di un sicario dell’economia (ed. Minimum fax 2005). Egli ci dice che “I colpi di stato ispirati dai servizi segreti americani, furono finalizzati a controllo delle materie prime. Il petrolio iraniano … con l’operazione AJAX nella quale USA e GB collaborarono per la deposizione di Mossadeq (1953)”, ma anche la deposizione di Arbenz, in Guatemala 1954 fatta nell’interesse della United Fruit Company per prevenire la nazionalizzazione del petrolio. Infine il golpe cileno con la distruzione di Allende nel 1973. Qui i servizi segreti americani assicurarono alla multinazionale ITT il mantenimento dei propri interessi strategici sulle attività estrattive del rame.

Altre rischiose dinamiche bonapartiste si intravvedono nella tendenza sempre più marcata tra servizi di integrarsi tra loro tecnicamente senza che ciò corrisponda ad un mandato politico diplomatico. E’ il caso ad esempio del Club di Berna.

Il Club di Berna è un raggruppamento di polizie tra loro coordinate per lo scambio di segreti e analisi di intelligence. Esiste dal 1971 e dal 9/11/2001 è integrato con il CTG (sessione antiterrorismo internazionale). Giannuli a pag 124 spiega che si tratta di una cordata tra servizi che si muove in concorrenza a quelli militari NATO e fa notare che ad essa sono associate nazioni non appartenenti alla NATO, in particolare Israele. Ma la stessa Svizzera che ospita le riunioni non fa parte di alcuna alleanza.

***

Le tematiche e le esemplificazioni toccate dal libro sono molto vaste, in questo post io riporto solo quelle che mi son rimaste impresse.

Il depistaggio. Com’è noto in Italia non abbiamo ancora una la verità sulle stragi. DI fatti gravissimi come Ustica e le stragi connesse con le trattative stato/Mafia non abbiamo conoscenze accertate a causa del depistaggio. Si tratta pertanto di una tecnica molto efficace. Nel descriverla Giannuli azzarda una considerazione più letteraria che sociologica. Ci spiega che l’Ideal tipo del depistaggio non è che un romanzo giallo perché in esso l’autore tende un inganno al lettore. I medesimi indizi vengono organizzati in una narrazione che porta ad un falso colpevole per poi svelare nel finale il vero colpevole rimontandoli. Un depistaggio non legato ad una indagine, ma ad una operazione di guerra segreta può essere anche particolarmente complesso fino ad assumere il carattere di intossicazione ambientale grazie alla interdipendenza tra azioni diverse e apparentemente scollegate, quali: articolo di un giornale, deposizione di un teste, osservazioni pertinenti di un avvocato, rapporto di polizia giudiziaria aggiustato, lettera anonima. Ecco, questa è la situazione in cui siamo oggi con la guerra economici in atto. E qui veniamo al tema a me caro delle Balle di Stato.

La disinformazione. Su questo tema Giannuli non è schematico, bensì molto sottile: “La disinformazione migliore è quella che non usa alcuna bugia, ma che, attraverso reticenze calcolate e un montaggio suggestivo, crea l< sensazione che le cose siano diverse dalla realtà”. Perché: “L’intelligence – egli scrive - non è ostile alla verità: le è indifferente. Nel dare una notizia, un servizio non si chiede se sia vera o no, ma se sia utile o no, a prescindere dal suo grado di verità”. E ancora: “Regola fondamentale della disinformazione è ricorrere al minor tasso possibile di notizie false, perché ciascuna di esse richiede una specifica operazione per essere coperta, e ciò aumenta il lavoro da fare ei rischi che si corrono

“Ciò che conta è l’accostamento suggestivo di notizie, il nesso causale alterato, i gioco di sfumature che sottolinea un aspetto e ne smorza un altro.” L’efficacia della dosinformazione sta non nella verità che contiene, ma nella verosimiglianza e nella persuasività.”

In pratica per rintracciare le balle occorre far ricorso alla nozione di verità tecnica ovvero “usare notizie vere al servizio di discorsi complessivamente falsi.”

Su You Tube si trova varia roba su questo libro. Trovo questa molto efficace:

http://youtu.be/tVsatcQVdao

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22 maggio 2013 3 22 /05 /maggio /2013 13:37
Esorcismo massmediatico?

Non ci son dubbi circa il carattere esorcistico della imposizione delle mani fatta da papa Francisco domenica scorsa, Pentecoste, in piazza del Vaticano davanti alla folla e alle telecamere. Il problema semmai è capire la vera ragione della smentita fatta da padre Lombardi in varie lingue per le televisioni mondiali.

Molti commenti giornalistici e anche, se vogliamo, il taglio delle scuse di Boffo, sotto la cui direzione la notizia è stata lanciata nelle agenzie, enfatizzano l’idea che si sia trattato di un fraintendimento. Francisco è un buono e l’esorcismo è troppo impressionante per non danneggiare l’immagine di una chiesa buona e semplice che egli sta costruendo.

Di primo acchito viene quindi da pensare che la chiesa cattolica si vergogni un po’ di una pratica, l’esorcismo appunto, che ha un sapore animistico alquanto horror. Oppure che non si voglia che pratiche riservate come questa vengano trattate dai media, perché deformano il loro vero sognificato. Certo, sono spiegazioni ragionevoli, ma la vera ragione della smentita secondo me è un’altra. L’esorcismo, anche se non è un sacramento, è un procedimento molto elaborato e codificato, un qualcosa che va oltre la semplice preghiera per scacciare i demoni, un rito scritto che la chiesa pratica sin dagli inizi e perciò va eseguito nel pieno rispetto dei crismi. Cosa che non è avvenuta domenica scorsa in piazza.

La smentita è quindi una precisazione interna alla chiesa più che esterna per i telespettatori mondiali. E’ una prima occasione nella quale si manifesta il latente conflitto tra il papa populista e la sua gerarchia.

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22 maggio 2013 3 22 /05 /maggio /2013 11:20

Bugie a 5 stelle. E’ il titolo di un articolo pubblicato su Wired di questo mese. Articolo che si occupa del problema recensioni false in rete. Esso ha attratta la mia attenzione nei giorni in cui i media italiani attaccavano Grillo sostenendo che migliaia di suoi seguaci scrivevano sul suo blog opinioni contrarie alle sue. E’ solo uno dei tanti episodi di sputtanamento antigrillino, ma questo ha attratto la mia attenzione perché Grillo ha contro-argomentato ricordando che esistono siti che pagano recensori fasulli. Egli ha usato il termine “Trolls” per definire tali infiltrati nel dibattito. Si tratta di persone che mentono. Il problema è però che lo fanno esprimendosi in un luogo libero ove si esprimono anche persone che dicono la stessa cosa senza mentire. Come distinguerli? Ecco, qui viene in aiuto l’articolo di Wired.

 

Alcuni casi pilota hanno messo in evidenza il fatto che i siti e-commerce, ad esempio AMAZON, possono subire danni significativi dalle false recensioni. Sul Web 2.0 infatti le chiacchiere e il passaparola, a differenza di quanto avviene al bar, si caricano di valore economico.  Con i suoi “mi piace”, “commenta” e “condividi” Facebook è praticamente un bar dove le chiacchiere hanno valore economico. Lo sa Federalberghi ad esempio, che ha lanciato un grido di allarme contro TripAdvisor per aver causato, tramite recensioni negative, un calo di prenotazioni on line da parte di stranieri danarosi l’estate scorsa. E gli approfondimenti hanno evidenziato l’esistenza di una precisa tecnica della falsa recensione.

“Un mi piace su Facebook ha assunto il valore di un articolo su giornale.” Scrive Stefano Priolo su Wired e sulla rete esistono siti come SponsoredReview.com che offrono apertamente servizi di produzione recensioni a 5 dollari al pezzo. Insomma il problema è più grosso di quanto sembri e costituisce una minaccia per il business futuro. Ad esempio le applicazioni App Store fanno fortuna o meno sulla base dei giudizi on line degli utenti. Per salvare il futuro del business on line occorre quindi individuare e smascherare i falsari. Una vera e propria caccia alle balle.

La tecnica che in proposito sembra profilarsi è quella della Deception detection che offre la possibilità di “ricerca ed identificazione di tutte le sfumature di menzogna contenute in una frase.”

A tal fine il cacciatore di recensioni false Franco Salvetti di San Francisco ha messo a punto un software che incrociando i dati di analisi dell’indirizzo IP con fotografie, rete di amici e analisi dei profili utente riesce ad individuare con una efficacia, sembra, di almeno il 90% i ballisti del web.

Nell’articolo si enunciano a che alcuni principi psicologici della menzogna tali da lasciare tracce nel contenuto delle frasi scritte con consapevolezza di mentire. Interessante. Lo trovo anche credibile e penso che sicuramente ritroveremo il tema nella futura normativa per la tutela legale del copyright.

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22 maggio 2013 3 22 /05 /maggio /2013 11:20

Trovo curiosa e un po’ sospetta questa notiziache viene data con un contegno che sta tra il serio e il faceto in questi giorni. Si badi la notizia non gira così, erraticamente, nel web, ma viaggia per i telegiornali, quelli seri (ammesso che tali possano essere). Si sa che la rete è piena di frivolezze ma i telegiornali come Euronews o Tg1 di solito tengono un certo contegno. Comunque stando alla notizia in questione in Australia, in zona mineraria, è stata Ritrovata una pepita d’oro di oltre cinque chili. Un tizio va a farsi una passeggiata e, così per caso ha con sé un metal detector, forse l’avrà confuso con il bastone da passeggio, mah! Fatto sta che trova un tesoro. 

Cinque chili sono tanti, ma non tali da far fare alla notizia il giro del mondo. Penso piuttosto che si tratti di un messaggio per lanciare una ottocentesca caccia all’oro. Le caccie all’oro sono tante nella storia, dalla California al Klondike, e sono sempre collegate a due cose: l’emigrazione e la crisi economica. Il mito del get rich quik ha sempre funzionato per smuovere masse di illusi tra una zona e l’altra dei continenti. Si leggano i racconti di Stevenson, London ecc. la povera gente ne è attratta come gli spilli da una calamita.

Ora considerando che sono almeno cinque anni, gli anni della crisi finanziaria globale, in cui siamo oggetto di sottili campagne per la ricerca di preziosi come gioielli, oro, argento e platino, ma anche strane tensioni più o meno criminali come quelle sul rame e metalli rari, è lecito porsi delle domande da scettici. Chi o cosa c’è dietro? I negozi Compro oro sono una moda o una precisa campagna pianificata? Qualcunose l’è già chiesto è si è dato una risposta più incline alla seconda ipotesi.

 

*

 

In ogni caso, una cosa utile alla comprensione può essere la rilettura della storia di Goldfinger, che in proposito è molto istruttiva.

 

La Pepita di Goldfinger

 

Perché la crisi finanziaria globale è scoppiata nel 2008? Ce lo spiega un personaggio di Fleming, creato nel 1958.

Si tratta Colonnello Smithers personaggio del romanzo “Goldfinger”. In Italia lo conosciamo grazie ad Aldo Garzanti, il quale col titolo di 007 operazione Goldfinger lo prtò in Italia sei anni dopo sull’onda del successo mondiale di cui stava godendo la sua trasposizione cinematografica. E’ un testo scritto più di cinquant’anni fa e perciò presuppone una piccola contestualizzazione. In sostanza  la conoscenza degli accordi di Bretton Woods e il ruolo dell’oro nella stabilità dei cambi fissi tra monete vigente all’epoca. Un sistema inizialmente concordato anche con i sovietici, ma poi applicato nel dopoguerra solo in occidente. Esso faceva dell’oro il valore di garanzia per il credito internazionale e le valute nazionali venivano scambiate in regime di cambi fissi con la moneta più importante, il dollaro, convertibile, appunto, in oro. Ma andiamo a leggere il libro.

Siamo nel sesto capitoletto che porta il significativo titolo: “Una chiacchierata sull’oro”. A pagina 42 James Bond entra nei locali della Banca d’Inghilterra per incontrarsi con il Colonnello Smithers, un esperto ex militare incaricato dallo stesso Governatore di istruire Bond sull’oro. E qui prende avvio un discorso che si snoda in alcune pagine ancor oggi istruttive. L’oro, che è il bene più prezioso e più commerciabile del mondo, è un valore che ha la caratteristica di non essere identificabile. Di esso è infatti impossibile individuare l’origine e gli spostamenti  nelle varie parti del mondo. La stessa Sterlina d’oro non ha numero di serie e la Zecca imprime si i numeri di serie nei lingotti, ma questi segni possono facilmente essere cancellati oppure i lingotti stessi posso essere facilmente fusi.  L’oro e la valuta sono le basi del credito internazionale ed ogni paese può calcolare quale sia la forza della propria moneta solo sulla base della quantità di oro esistente. (pg 44) La conseguenza è che bisogna evitare ogni fuga d’oro dall’Inghilterra o da qualsiasi altra parte dell’area della Sterlina per portarlo in paesi  ove poterlo vendere a valore superiore rispetto al prezzo ufficiale.

 “… Ma l’oro ha anche due difetti: non è abbastanza duro e si consuma rapidamente anche a contatto con le fodere delle nostre tasche o il sudore della nostra pelle. Ogni anno le nostre riserve vengono ridotte impercettibilmente dall’usura. L’altro difetto è di gran lunga più importante: l’oro è il talismano contro la paura. E’ la paura, Mr. Bond che toglie l’oro dalla circolazione e lo nasconde in attesa di giorni peggiori. Si può dire che una buona parte dell’oro che viene scavato ogni giorno dalle miniere è risotterrato da qualche altra parte.” E “sfortunatamente le riserve auree della Terra si stanno esaurendo e non ci sono più altre terre da esplorare, tranne le terre sommerse e il mare stesso, che come è noto ricco d’oro.”

Oggi come oggi infatti, e siamo nel 1958, “l’oro viene estratto ad un ritmo tale che l’intera produzione del Klondike e dell’Homestake e dell’Eldorado equivarrebbero solo alla quantità di oro estratta in due tre anni dai soli giacimenti dell’Africa!..”

E infine qui abbiamo l’argomentazione chiave per il nostro ragionamento:

Tanto per farvi un esempio, signor Bond, dal 1500 al 1900 in tutto il mondo si sono estratte circa diciottomila tonnellate d’oro, ma dal 1900 ad oggi la produzione è stata di quarantun mila tonnellate. E a questo ritmo…” Il colonnello si china fissando Bond, “ Vi prego di non riferire questo, tra cinquanta anni le riserve auree della Terra potrebbero essere completamente esaurite!”.

 Ed è a questo punto che il Colonnello Smithers, seppur interrotto da qualche telefonata riguardante l’organizzazione del torneo aziendale di Hokey femminile, introduce il tema del contrabbando. La storia si sviluppa con il nostro agente 007 che scopre la maniera con la quale Golfinger gabba da anni i controlli inglesi e ammucchia un enorme quantità di oro. Golfinger poi, dopo un vertice con la malavita americana, attacca Fort Knox non per impadronirsene, ma per mettere fuori uso le riserve auree americane e realizzare così  un aumento speculativo del prezzo dell’oro che rimane al mondo. Nel piano di Goldfinger una volta realizzate queste nuove condizioni di mercato globale dell’oro egli metterà in commercio il suo… Ma a soli sette secondi dalla fine James Bon, grazie anche alla collaborazione della bond girl Pussy Galore, salverà il mondo con tutto il suo oro.

 

**

 

Sei anni dopo, settembre 1965, uscì il film che tutti conosciamo. Esso ebbe un enorme successo e contiene varie innovazioni quasi profetiche di cui dirò in un altro post. Qui è sufficiente cogliere che il film, a differenza del libro, non spiega che Golfinger aveva iniziato la sua fortuna con i negozi “Compro oro”.

Nella primavera del 2008 Lehman Brothers crolla in borsa e la FBI effettua numerosi arresti in ambito finanziario, ipotizzando frodi legate ai mutui subprime, ma questa è un’altra storia… o no?

 

 

 

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22 maggio 2013 3 22 /05 /maggio /2013 11:20

L’onda del titolo è quella marina, quei cavalloni enormi dell’oceano Pacifico che si vedono nei film ambientati nelle coste del Pacifico tra i surfisti. Insomma non è un’onda mediterranea calda e confortevole sul bagnasciuga, questa può sommergerti, annegarti o annichilirti come una indomabile forza della natura. Ma si può cavalcare, sfruttare e in questo senso domare.

*

Un mommy noir

Due itinerari narrativi organizzati, l’uno in trentadue capitoli, l’altro in inserti titolati “Giacomo”, procedono su storie molto diverse e indipendenti, ma  arrivati ad un certo punto, dopo una ventina  di capitoli col numero e una decina i capitoli “Giacomo”, il loro sviluppo rivela un progressivo intreccio. Il romanzo quindi si fonde, con un ritmo più intenso, nel finale. Non ci sono banalità, siamo a mio avviso su un buon livello, e non c’è cattivo gusto. Del resto l’autore sta sul mercato editoriale da parecchi anni ed è un personaggio noto, con una immagine pubblica palese e trasparente.

Due tra personaggi principali, Roberto e Giacomo, introducono il lettore fin dall’inizio in una prospettiva psicologica. Di problemi ne hanno parecchi, uno non riesce più a parlare di sé, l’altro parla telepaticamente col cane ecc. L’uomo, Roberto, che va verso la cinquantina, è un adulto vaccinato che, come si usa dire, ne ha viste di cotte e di crude, l’altro è un adolescente moderno, problematico come tanti che si vedono uscire da scuola nelle nostre città, ragazzini che sembrano vuoti, ma in realtà hanno molti più problemi dentro la testa di quanti siano i libri dentro lo zainetto.

Poi c’è il dottore, uno psichiatra dal volto umano nel cui studio si svolgono quasi tutte le conversazioni che narrano la storia, e c’è Emma, un personaggio a mio avviso abbastanza riuscito che è  protagonista, con i suoi problemi, dell’ intreccio.

Roberto è il protagonista principale del romanzo. E la sua guarigione, il suo “ri-scatto” dalla condizione patologica in cui si trova è la nostra storia. C’è un bell’esempio, all’inizio del sesto capitolo, che suggerisce una metafora per capire il suo problema: “C’è una trappola adoperata in una regione dell’India per catturare certe scimmie. La trappola ha un funzionamento semplice e micidiale. E’ una specie di nassa con una apertura stretta e del cibo all’interno. Il diametro dell’apertura consente alla scimmia di infilare la mano, ma le impedisce di tirarla fuori chiusa a pugno. Così, quando la scimmia afferra il cibo e poi cerca di estrarre la mano, non ci riesce. Se lasciasse andare il cibo riuscirebbe a liberarsi; siccome non lo lascia andare, rimane intrappolata.”

Roberto deve liberarsi dall’oppressione dei suoi ricordi mollandoli, raccontandoli al dottore, così potrà ritrovarsi e smettere i farmaci.

Ad un certo punto della storia Roberto comincia a sciogliersi e allora emergono dettagli di vita meno nobili. Roberto è un carabiniere, uno di quelli tosti, dei ROS. Ha agito per anni come infiltrato in vari punti chiave della criminalità internazionale, fino all’ultima storia, in Colombia, dove ha avuto una vicenda che lo ha definitivamente stroncato. Una vicenda d’amore straziato.

Emma è una non più giovanissima ex attrice che cerca di uscire dalle reti del suo passato. Vorrebbe essere una buona madre per suo figlio, visto che il padre non c’è più, e ce la mette tutta anche con l’aiuto delle cure psicologiche, ma soprattutto, a mano a mano che il libro prosegue, con l’aiuto di Roberto col quale si incontra casualmente, ma ripetutamente, nello studio del dottore sviluppando una relazione ecc. ecc.

Non vado oltre perché l’impianto della storia non è così semplice, ma mi permetto invece alcune considerazioni, anche critiche, che vengono dalla mia personale lettura.

Il retrogusto della storia è che esistono uomini nello Stato che ci garantiscono la sicurezza in questa società piena di pericoli. Grazie a questi uomini, abilissimi eroi che soffrono in silenzio, il silenzio dell’onda, le mamme possono stare tranquille e i nostri figli diventeranno sani, grandi e onesti.

**

L’onda dei frassica.

Faccio una piccola digressione. In questa settimana in cui sto scrivendo questo post, il romanzo di Carofiglio è indicato al nono posto della narrativa italiana, fuori dalla classifica generale che considera anche gli altri generi e i romanzi stranieri. Mi riferisco a Tuttolibri de La Stampa. L’effetto Strega non si è ancora dispiegato, e non è detto che si dispiegherà. Nel frattempo abbiamo il nuovo tormentone librario sadomaso, quello delle cinquanta sfumature variamente cromatiche, che impazza nelle classifiche mondiali e sulle vetrine delle librerie. Ho letto che negli Stati Uniti definiscono questo genere di sadomaso buonista “mommy porn” volendone indicare una accessibilità domestica anche per le famiglie perbene del ceto medio americano. Ecco, io definirei Il silenzio dell’onda una sorta di mommy noir per la famiglia italiana del ceto medio perbenista.

Il punto è che io sono perplesso sull’approccio diciamo così “buonista”  di Carofiglio alla descrizione di tecniche delicate, nel senso che sono pratiche operative sull’orlo della legalità o totalmente illegali, di indagine e contrasto della illegalità. In un sistema fondato su queste tecniche non è più possibile la distinzione tra parte sana e parte malata della società. C’è chi compie un reato, anche grave e non va in galera perché protetto mentre c’è chi compie lo stesso reato e ci va magari pagando anche per quell’altro. Se uno viene infiltrato tra gli spacciatori deve spacciare, se viene infiltrato tra i killer della mafia deve uccidere. Non sono fisime di un lettore sprovveduto che confonde la realtà coi romanzi, ma è il problema istituzionale più grave che abbiamo, quello che sta sulle prime pagine di questi giorni ovvero la contiguità, cioè la commistione tra criminalità e forze dell’ordine in un’area grigia ormai inestricabile. Questo problema era esploso nel 1992 e si riverbera ancora oggi ai massimi livelli dello Stato.

Un reato è un reato e quando un magistrato ne ha notizia deve procedere. Come si fa quindi a proteggere il carabiniere infiltrato? Bisogna addossare i suoi reati ad altri. Servono detenuti- spugna, ad esempio un criminale condannato all’ergastolo, visto che ha già il massimo della pena può essere utilizzato come ripostiglio anche per reati commessi da soggetti protetti. La pena per un omicidio è uguale a quella per due… ecc. Ora Il silenzio dell’onda si occupa della infiltrazione sotto copertura, ti coinvolge e ti fa stare dalla parte dei carabinieri, ma non la racconta tutta perché non ti dice come va a finire. I vari episodi del passato di Roberto che vengono accennati finiscono bene, coi cattivi che vanno in prigione. E gli unici strascichi che rimangono sono i traumi psicologici dell’eroico carabiniere. Ma non ci dice che fine fanno i reati che il nostro ha sicuramente commesso durante il periodo sotto copertura per guadagnarsi la fiducia dei criminali che infiltrava.

Non che debba farlo, per carità, è un romanzo non un manuale, ma ne esce una visione “perbene” delle tecniche che usano i ROS, una visione ipocrita, che nasconde le illegalità necessarie dello Stato, e che perciò non spiega una  parte significativa del marcio della nostra società.

Carofiglio non è uno scrittore romantico ispirato dall’avventura. E’ uno che di tecniche di indagine se ne intende assai ed è uno che svolge tutt’ora, a nome del popolo italiano, un incarico politico di prim’ordine. A lui possiamo chiedere di più. In questa storia egli sembra motivato a scrivere soprattutto il lato psicoterapeutico. E’ preciso, indugia nel dettaglio colloquiale come se avesse i nastri delle sedute. Egli mette al centro della narrazione i disagio psicologico derivante dalla condizione di infiltrato e presenta la prassi dell’infiltrazione come un compito eroico riservato ai migliori. E ci mostra come ciò è poi causa di ferite che turbano la personalità, lasciando tracce profonde. Una sorta di lavoro usurante. Penso si tratti di cose vere nelle dinamiche reali di contrasto alla criminalità, ma penso anche  che siano meno veri li scrupoli morali che sembrano avere i carabinieri di Carofiglio. Penso che la tecnica della infiltrazione sia oggi talmente sviluppata da non poter più essere trattata come una parte riservata, non nota al di fuori degli addetti ai lavori, delle tecniche di polizia. E forse qualcuno comincia a pensare che sia opportuno lavorare sull’opinione pubblica per renderla accettabile, un fatto normale, utile e ovvio. Libri come questo possono svolgere il ruolo di sostegno a questo punto di vista.

Se cominciassimo a vedere i Don Matteo e il maresciallo di Frassica che pagano informatori, infiltrano ragazzi nella criminalità, li lasciano delinquere e li proteggono nelle indagini rifilando ad altri i loro reati, penso che anche gli italiani comincerebbero a preoccuparsi dello stato di degrado della nostra situazione civile…

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