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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

Le mafie della ex Jugoslavia

Le mafie della ex Jugoslavia

Limes di NOVEMBRE è dedicato al circuito delle mafie.

Come sempre, ricco di analisi d’attualità, Limes traccia una panoramica che permette la comprensione dei processi di ristrutturazione dei rapporti di forza tra potenze mondiali. Anche le cartine risultano preziose, una vera e propria mappa della mafia globale. Leggo quindi anche questo numero con l’approccio di chi è ormai convinto che mafia non significhi criminalità, ma potere. Semplice potere moderno, potere globale.

Oggigiorno le nazioni hanno ancora un ruolo in quanto fattori di compartimentazione del campo competitivo. E le mafie sono il vero motore di apertura dei mercati.

Tra i vari articoli richiamo questo perché connesso col tema della ex Jugoslavia; tema al quale ho dedicato precedenti attenzioni.

BALCANI, LUCI IN FONDO ALTUNNEL?

(pgg 181 – 188)

Che cosa resta oggi di quella terribile vicenda jugoslava, dopo il disfacimento? Forse per cercare la risposta a questa domanda ci viene in aiuto l’ultimo numero di LIMES, la rivista di geopolitica di Lucio Caracciolo. In questo ultimo numero della rivista l’articolo di Matteo TACCONI propone un percorso di lettura molto chiaro: L’ex Jugoslavia resta terra franca per le narcomafie. La caccia ai boss Kelmendi e Saric ha svelato una fitta rete di complicità politiche. Ora al monopolio albanese dell’eroina si affianca il grande business della coca. Ma le pressioni dell’UE cominciano a dare frutti.

Al termine del conflitto, scrive TACCONI, molti ex guerriglieri sono divenuti politici e hanno contribuito a fare del Kosovo uno Stato mafia, portando bad practicies nelle istituzioni. Ramush Haradinaj, ex comandante dell’UCK fondatore e numero uno della Alleanza per il futuro del Kosovo (AaK), è uno di questi. Naser Kelmendi, kosovaro del 1957 ufficialmente residente Sarajevo, è stato individuato come il più importante boss del ciclo mafioso che vede l’eroina afgana transitare attraverso i Balcani per raggiungere il centro europa e la piazza iperglobale di Londra. I due sono legati l’un l’altro da interessi ed amicizia.

Questi ed altri esponenti costituirebbero un vero e proprio gotha politico-criminale che spazia in tutta l’area: Albania, Kossovo, Montenegro e Sarajevo.

Poi c’è il serbo-montenegrino Darko Saric. Egli a suo tempo comprese che il settore eroina nei Balcani era già saturo e si diresse al brokeraggio, comparto della cocaina, allora poco trattata. In pochi anni mise insieme i pezzi di una filiera che fa dei Balcani tutt’oggi un grande, nonché sicuro, magazzino di coca. Costui per anni è stato ben ammanicato presso funzionari del Ministero degli Interni, ed ebbe incontri con lo stesso ministro degli interni di allora. La pacchia però è finita un paio d’anni fa quando l’operazione “Balkan Warriors”, elogiata ufficialmente anche da Pietro Grasso, ha smantellato buona parte della rete tra Sudamerica, Balcani e Italia.

Ma molto resta ancora da fare evidentemente: “L’impressione è che e mafie giganteggino, tengano in ostaggio la politica, contaminino la economia e sappiano replicare i loro schemi anche all’estero…” scrive sempre Tacconi. Per poi concludere però con uno sprazzo di ottimismo:

Ma è indubbio che ci sono stati dei miglioramenti e ciò è dovuto in buona parte al processo di integrazione europea, il quale procede lentamente, ma impone criteri più alti in termini di sicurezza e giustizia…“

Spero che queste parole non siamo semplice ottimismo di maniera, ma evochino invece una prospettiva realistica. Se il disfacimento jugoslavo ha finora prodotto solo un allargamento della rete degli Stati mafia ma il processo di integrazione europea ne può costituire una nemesi portando, vabbè, giustizia e pace… ebbene allora quel terribile sfacelo degli anni novanta potrà un giorno essere indicato non come un orrore, ma come un travaglio di nuova civiltà.

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