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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

Il tradimento, di Federico Rampini

 

 

 

I nuovi orientamenti delle opinioni pubbliche occidentali esprimono forte disagio popolare nei confronti della immigrazione e della delocalizzazione. Sono dinamiche conseguenti alla globalizzazione, ovvero un forte processo che riorganizza le relazioni commerciali mondiali, un processo che è soprattutto collegato agli accordi che hanno visto la Cina entrare nel WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) nel 2001.

Finora questo processo è stato narrato all’insegna del buonismo (accoglienza e solidarietà) ma in questo modo sono stati nascosti i pericoli e le popolazioni hanno scoperto le fabbriche che chiudono e l’arrivo di gente diversa, e a volte ostile, senza esserne preparati. Anzi, scoprendo di essere stati ingannati dalla narrazione “polically correct”. Le responsabilità sono soprattutto della sinistra che, in nome della modernità e dell’innovazione, ha piegato la propria cultura a quello che di fatto si configura come un sostegno incondizionato alle multinazionali che promuovono e incalzano la globalizzazione stessa.

In Europa ciò si traduce in sentimenti di insicurezza e paura. Paura di perdere le protezioni del welfare, paura del terrorismo islamisitco e precarietà per i figli. Si cerca pertanto rifugio nelle soluzioni estreme e in comportamenti politici delle opinioni pubbliche sono effettivamente estremi. C’è una retrogressione verso l’isolamento. Al contrario di ciò che si proponeva la sinistra (“…ce lo chiede l’Europa…”) non vi è più alcuna devozione verso il sovranazionale, anzi, palese ostilità.

Federico Rampini usa l’espressione “tradimento dell’élite”, nei confronti di quel ceto globale fatto di manager, finanzieri e politici che inneggiano alla società multietnica senza indicare anche l’enorme minaccia che matura nel mondo islamico: l’attacco radicale ai nostri sistemi di valori.

E lo fa nel suo ultimo libro, uscito il Ottobre 2016 pochi giorni prima della vittoria trumpista negli Stati Uniti.

Egli riprende alcuni temi già affrontati precedentemente, come l’autocolpevolizzazione permanente, la tendenza a giustificare gli scontri della banlieu come mancata integrazione, incapacità di assorbire i flussi crescenti di immigrazione quando invece il nuovo attacco islamista ci viene portato da soggetti di seconda o terza generazione, integrati e benestanti. Soggetti che però sono ostili alla nostra decadenza morale.

Egli esamina negli ultimi capitoli anche i limiti e le responsabilità della informazione e il ruolo dei media e indica la necessità di uscire da questa empasse libernado l’economia dalla soggezione e dai ricatti multinazionali, rilanciando la partecipazione e il dibattito civile nell’obiettività.

Il libro intuisce la svolta critica di cui necessita lo scenario globale e la narrazione occidentale. Ed è senz’altro una lettura utile e veloce.

 

 

 

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