diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
Arrivano i NAM di Pietro Colaprico
NAM è l’acronimo scherzoso che sta per Nonni Armati per Milano. Si tratta di una
metafora caricaturale per gli ex sessantottini dei nuclei armati, pestatori degli anni settanta che si metterebbero oggi a farsi giustizia da sé per le strade di una Milano ingovernabile, in mano
alle bande della criminalità extracomunitaria. E’ una parodia della moderna società della paura. Un testo leggero, intelligente, ironico e piacevole che mostra la competenza di questo inviato di
Repubblica su tecniche e motivazioni ideologiche dei gruppi armati anni settanta. L’ho letto in corriera andando a San Candido col coro. E’ il n° 7 della collana INEDITI D’AUTORE del Corriere della sera.
KOSHER MAFIA, di Luca Di Fulvio
New York, anni venti. Era dura per gli operai immigrati della comunità ebraica. In questo racconto piuttosto serio, di novantatrè pagine Di Fulvio ricostruisce una realtà durissima, con un mercato del lavoro fortemente competitivo e le lotte sindacali organizzate all’insegna della violenza. Il tutto con un contesto ricostruito in modo realistico e, almeno mi è parso, seriamente documentato. Ottima lettura, un’esperienza che non lascia indifferenti sul piano emotivo e al tempo stesso incoraggia quelli che come me, che nella vita hanno fatto i sindacalisti, a non perdere la fede. Ma non è un racconto sulle lotte sindacali, sarebbe riduttivo, è molto di più. C’è l’identità ebraica, con la religione, la cultura e la critica “laicista” ad entrambe queste cose; direi che tutta la narrazione è addirittura ossessionata dal tema dell’ebraicità. Qui tutto è ebraico, il capitale, il lavoro, i gangsters fino alle caramelle al limone e toffee e lo zuccotto yarmulke. E fin qui siamo dentro le coordinate narrative che vengono annunciate già dal titolo, ma poi c’è l’immigrazione, come dramma, il cambio e il conflitto generazionale, la violenza, il sesso a pagamento ecc. ma quello che più conta per chi ama leggere, è il fatto inequivocabile che in queste pagine viene documentata l’ottima indole narrativa dell’autore. Lo terrò d’occhio… Questo Luca Di Fulvio è efficace, duro e tutto sommato costituisce una gran sorpresa.
L’amore quando c’era, di Chiara Gamberale
E’ il n° 8 della collana INEDITI D’AUTORE del Corriere della sera.
La Gamberale ha due anni più di mia figlia e mi ha lasciata l’impressione di essere una psicologa esperta di relazioni amorose con taglio adolescenziale. Collabora con la RAI e con Radio 24. Qui c’è un bel raccontino di sessanta pagine un po’ diluite, ma interessanti perché riproducono una relazione/revival tra due ex attraverso le loro comunicazioni via mail e SMS. La comunicazione via Mail assume una specificità originale perché ci si accorge che per comprendere bene il contenuto del messaggio occorre decodificare bene ogni volta la parte relativa ad indirizzo, data, oggetto e soprattutto emittente ricevente. Si potrebbe definire, in modo roboante, un romanzetto epistolare moderno.
La targa, di Andrea a Camilleri
Piacevole come sempre questo racconto è un po’ una sveltina ambientata durante il fascismo. Mostra le contraddizioni delle periferie fasciste e, come sempre, i vizi e le debolezze dei siciliani di Vigata e Montelusa. Non manca il solito, magistrale, fondo di ironia e la vicenda ha anche una accattivante contestualizzazione.
MASSIMO CARLOTTO, Il Fuggiasco.
Ero in debito di lettura con questo autore, maestro di noire dal passato complicato, e ho finalmente letto il suo primo libro. Ho avuto conferma che ciò che più intriga nella sua narrativa è la latenza della sua biografia, il suo curriculum si direbbe in altro contesto, perché rende maledettamente credibile ciò che scrive. Se Giorgio Pellegrini, personaggio di“Arrivederci amore ciao” uscito dieci anni fa e di “Alla fine di un giorno noioso”, (del quale ho scritto il mese scorso) dice: “Ogni tanto frugavo tra i dischi e pescavo quelli che avevano fatto la storia della mia generazione e che ascoltavo quando ero una giovane testa di cazzo e volevo fare la rivoluzione.” è ben difficile che un lettore il quale abbia già letto “Il Fuggiasco”, non pensi a Carlotto stesso e al suo passato. Io l’ho letta pensando subito ad un bulimico Carlotto nascosto a Città del Messico o a Parigi o in Spagna con una delle sue tante identità false da “latitante per caso”, quale egli è stato negli anni ottanta, mentre ascolta dischi italiani durante una brutta crisi d’ansia.