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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

STORIA DELLA MIA GENTE, di Edoardo Nesi.

Nesi-serio.jpgUna enorme fascetta copre quasi tutta la copertina e dice: “VINCITORE PREMIO STREGA 2011 edoardo nesi storia della mia gente BOMPIANI”. Le parole che balzano agli occhi sono “STREGA” e “BOMPIANI” le quali sono accompagnate dal relativo logotipo. Il nome e il cognome dell’autore sono scritti in corsivo minuscolo e con questa copertura viene nascosta quasi tutta la copertina e non si legge più il sottotitolo. Peccato perché esso conterrebbe una frase chiave per farsi una idea del contenuto. Il messaggio di questa fascetta è rivolto al pubblico del franchising librario e ciò che si vuole vendere è soprattutto l’evento Premio Strega 2011, fatto questo certamente rilevante per la nostra vita culturale, ma che a mio avviso non dovrebbe sovrapporsi e oscurare il messaggio letterario. Il target, come si dice oggi, non è il lettore, ma il consumatore, il cui sguardo incuriosito deve essere catturato sottraendolo all’overdose di stimolazioni provenienti dalle scaffalature ormai onnipresenti: uffici postali, autogrill ecc. In passato lo Strega ha premiato gente come GADDA, Pavese, Moravia, Eco ecc. nomi profondamente radicati nella storia della nostra letteratura e sono quei contenuti letterari che hanno fatto grande il Premio, non viceversa. Mi viene a mente il Festival di Sanremo che una volta lanciava canzoni importanti, che diventavano emblemi della cultura italiana mentre oggi, dal punto di vista dei contenuti, è diventato una sorta di cestino dei rifiuti. La sproporzione della fascetta prosegue con l’effetto invasivo anche dietro il libro, ove spicca una foto dell’autore affiancata da due frasi-commento che hanno un contenuto a mio avviso altrettanto sproporzionato. Queste vedono i due più indovinati autori Strega dell’ultimo lustro, Pennacchi e Veronesi (Sandro) sbracarsi in virgolettati commenti destinati poi, alla luce della lettura del testo, a rivelarsi fuori misura. Tutto questo con una foto dell’autore un po’ troppo invecchiato e sofferente per essere uno nato nel novembre del 1964. Nel risvolto c’è infine un’immagine di Edoardo Nesi molto più bellino con tanto di statement della casa editrice, che si trova all’inizio, dove BOMPIANI si dichiara disponibile a sistemare le cose con eventuali aventi diritto sulla foto stessa. 

 

Togliendo la fascetta, cosa non semplice perché è particolarmente invasiva, si scopre una carta patinata con un campionario di tessuti storici in lana e la scritta:”LA RABBIA E L’AMORE DELLA MIA VITA DA INDUSTRIALE DI PROVINCIA”. Tale copertina, che suppongo creata dal marketing Bompiani, ci propone un piccolo campionario di quadrettati e stoffe tartan da British style, che anticipano in qualche modo un tema del libro, la fine di un’epoca tessile, che io, in quanto valdagnese ed ex sindacalista, conosco. Successivamente, nel testo, il tema dei tessuti sarà trattato con serietà e sentimento perché quando Nesi parla di tessuti come ad esempio a pagina 79, (oppure sul cashemire a pagina 57-58 de “L’età dell’oro”) lo fa con competenza e precisione. Qui si riferisce a vecchi “quaderni incartapecoriti” di un ex studente dell’istituto tecnico anni cinquanta, dove le armature per cappotti sono:” un profluvio di idee e colori e accostamenti che oggi strapperebbero gli applausi agli scemi che si affollano intorno alle passerelle delle sfilate e credono davvero che la moda nasca sempre e solo dall’invenzione dello stilista…”.

 

Io ho imparato a leggere ai tempi del “Premio Marzotto”, che era un premio letterario degli anni cinquanta, divenuto poi negli anni sessanta più noto come premio di pittura, e penso che il ruolo di premi debba rimanere legato alla valutazione della qualità intrinseca di un’opera, penso che debba essere solo un aiuto e un riconoscimento all’autore, affinché prosegua, non un fatto promozionale finalizzato al sostegno della redditività dell’investimento editoriale. Altrimenti avremo sempre di più le librerie e/o i bookstores pieni di libri scritti da giornalisti, da cuochi, da sportivi ecc. mentre coloro che scrivono per narrare saranno sempre meno, vincolati e subordinati nel loro scrivere alle strategie commerciali degli editori. Se l’assegnazione di un premio letterario da fatto culturale diventa evento mediatico, gli editori, soprattutto quelli grandi faranno sempre più profitti, ma per i lettori di narrativa rimarranno solo libri scritti da autrici dotate di adeguata scollatura televisiva.

 

C’è quindi anche un altro tema latente che ci accompagna in questa lettura ed è connesso con queste mie osservazioni. Sempre a pagina 79 infatti l’autore tradisce una scarsa considerazione circa il funzionamento del Premio Strega, laddove si lascia scappare questa considerazione: “Nel 2005 sono stato candidato al Premio Strega. O forse è stato candidato L’età dell’oro, non ho mai capito come funziona. Era l’anno in cui lo Strega l’avrebbe vinto Maurizio Maggiani – lo dicevano anche i giornali. E infatti vinse Maggiani.” Sono andato quindi in biblioteca a procurarmi L’età dell’oro e dopo aver finito questo l’ho letto.

Mi pare chiaro no? Il premio l’avrebbe meritato L’età dell’oro piuttosto che questo, che in effetti nella parte finale mi è sembrato un po’ svogliato e raffazzonato. Si tratta del romanzo che nel 2005 ha segnato il Nesi-Strega.jpgmomento chiave di Edoardo Nesi nel suo percorso da industriale a scrittore e, sia pur all’interno di una storia molto pesante e incasinata, ha un carattere un po’ profetico perché prevede il fallimento dell’industria pratese sotto i colpi della globalizzazione, collocandola proprio nel 2010, cioè oggi, come nota Nesi stesso. E’ quello il romanzo che probabilmente meritava di vincere? Forse, nell’ottica dell’autore, è quello il romanzo che avrebbe potuto rappresentare “uno di quei cazzotti che ogni tanto la letteratura sferra al mondo” come di ce oggi Sandro Veronesi. In entrambi i libri comunque si fa riferimento ad un mondo che si sta globalizzando a spese di chi ha creduto nello sviluppo industriale del dopoguerra.

 

STORIA DELLA MIA GENTE non è un romanzo, ma una cosa senz’altro carina, che sta a metà tra il diario letterario e il commento giornalistico. Trasuda amore per la letteratura e per i tessuti, in particolare la loro ideazione, progettazione e realizzazione industriale anche se di piccola azienda, e si occupa della “sua gente” ovvero i cittadini e i lavoratori di Prato solo nella seconda e ultima parte. Niente fiction, niente plot. I nomi, le date sono tutti reali. La storia narrata richiama una riflessione critica sui danni della globalizzazione, tema economicistico trito e ritrito negli anni scorsi ma oggi  riconducibile al tempo scaduto dei rimorsi. La globalizzazione l’hanno voluta quelli che hanno elaborato e firmato i trattati del commercio internazionale e che poi hanno varato le conseguenti leggi. E tutto questo è già stato fatto in buona parte proprio nel periodo che intercorre tra l’età dell’oro e la storia della mia gente. Oggi questo libro, i cui argomenti sono tipici della sociologia giornalistica e a volte non manca di vena retorica, non è un gran ché. Ma è in testa alle classifiche davanti a gente che vende parecchio come la Vargas e Camilleri. Buon per lui. Il punto balordo è che penso che non sia così a causa o per merito dell’autore, ma perché così vuole il contesto politico, mediatico editoriale. E penso infine che Edoardo Nesi sia vittima di questa situazione sia come imprenditore che come scrittore.

 

Detto questo ho trovato interessanti invece le parti in cui Nesi descrive sé stesso in quanto lettore e scrittore, in particolare “L’estate di Fitzgerald” oppure “Tre ricordi letterari” ecc. e la mia lettura è stata veloce e piacevole, anche se tentata da questa mia latente sospettosità, ovvero l’idea che il marketing librario con il suo approccio opportunistico e tutto sommato cinico ed ingannevole, dove gli ultimi soggetti presi in considerazione sono proprio il lettore e l’autore, abbia determinato una sopravvalutazione di quest’opera. Forse hanno giocato interessi politici connessi al contemporaneo varo della legge sul prezzo dei libri, oppure una logica risarcitoria sull’errore del 2005, sta di fatto che “ il sublime canto, sia epico che lirico, dell’industria e del lavoro umano” di cui parla Pennacchi nella fascetta di copertina io non l’ho proprio sentito.

 

 

  

*

Come ho scritto sopra, mi sono letto, seppur velocemente, anche L’età dell’oro, che viene più volte richiamato nel nuovo testo e devo dire che l’ho trovato molto più ispirato, in termini di ideazione narrativa, ma come qualità della prosa penso che successivamente ci sia stato un miglioramento netto. Il problema di questo precedente romanzo è l’infelicità opprimente della condizione narrata. Qui Ivo Barrocciai, l’attempato imprenditore protagonista della storia, è depresso per il fallimento, subisce cure molto dure e conosce Caterine in clinica, dopo tre mesi di frequentazione silenziosa nel parco. Costei è una giovane in cura psichiatrica dopo la sventura di essere finita su You Tube mentre si concedeva in uno sfrenato rapporto sessuale con il fidanzato. Con lei Ivo, che nel frattempo tra le disavventure legali ed economiche diventa malato terminale, vuole una fecondazione recuperando vecchio sperma congelato ecc. Storia complicata con continue scansioni temporali e cambi di narratore. Tutto questo mentre l’Italia, e il mondo intero, cambiano, con immigrazione, delocalizzazione ecc.Nesi età dell'oro

 

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E’ stata in pratica una doppia lettura, che ho portato a termine in più riprese. Ho mangiato tre volte e senza particolari entusiasmi. Il Nesi del 2005 è un po’ problematico, anzi direi che tra trattative camorristiche, sindacali, fallimenti, cure psichiatriche e chemioterapie siamo sul pesante, per non parlare poi delle turpiloquenti descrizioni del video porno di Caterina , ma la oppressività dell’ambientazione viene compensata e giustificata dalle qualità della storia e della scrittura. Pertanto la fame non mi è passata e dopo una lunga passeggiata col tempo minaccioso, durante la quale Barce, il mio cane, sembrava suggerirmi dei funghi, ho mangiato una spaghettata con tonno e olive. C’erano anche dei capperi dissalati che davano un po’ di sprint, ma senza il vino bianco fermo e fresco la nota dominante della giornata sarebbe rimasta cupa. Per farla completa ho ripreso a leggere accompagnato dall’ascolto di un Dimitri Shostakovic, quello del quartetto per archi n°3, particolarmente lento, minaccioso e sofferente con qualche lontana citazione di Mussorgsky. Fino al sonno finale.

Una cosa migliore è stata invece la trota del giorno dopo, accompagnata da un ottimo vino Durello delle colline di Montebello vicentino. Avevo scoperto che Nesi stesso suggerisce (a pagina 232) i Preludi di Scriabin (che lui scrive all’italiana, con la “C”, ma la traslitterazione convenzionale del suo cognome sarebbe Skrjabin) ma ho concluso con “la donna cannone”, sempre su suo implicito suggerimento. La dolcezza con cui viene narrata in quella canzone una tragica morte d’amore mi è risultata più compatibile con la lettura del finale. Un finale alla morfina, ove l’industriale tessile fallito, in un caleidoscopio di film americani circonfonde Caterina nel blu di Klein.Durello-di-Tonello.jpg

 

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