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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

L'Italia repubblicana di Mario Pacelli

 

 

 

 

Lettura de “STORIE DELL’ITALIA REPUBBLICANA. Istituzioni, protagonisti, testimonianze a cura di Giorgio Giovannetti, scritto da Mario Pacelli.

 

Costui è un alto funzionario dello Stato che ha svolto durante la propria vita lavorativa molto lavoro per la Camera dei deputati. In particolare ha operato in qualità di segretario della Commissione Lavori Pubblici, ma soprattutto quelle di inchiesta sulla Mafia, le Stragi, la P2, il Terrorismo e il caso Moro. Come se non bastasse ha poi svolto il ruolo di responsabile della segreteria della Giunta per le Autorizzazioni a Procedere.

Insomma è uno che consce bene la storia del potere in Italia e la conosce non per come è stata raccontata, ma per come si è svolta nelle stanze che contano.

La lettura è coinvolgente e non pesa. I capitoli sono densi e veloci e non vi ho trovato supercazzole o inutili diluizioni se non forse nel capitolo centrale. Non mancano, anzi costituiscono la ricchezza del libro, aneddoti significativi esternati senza voler far scalpore. Vi si descrive in termini generali, senza quindi particolari approfondimenti, il ruolo della massoneria e dei servizi segreti sul parlamento. Si raccontano appunto, aneddoti noti e meno noti. Il periodo considerato abbraccia l’intera epoca delle istituzioni parlamentari dall’Unità d’Italia ad oggi, ma il fuoco principale è quello da lui vissuto. Guerra fredda, Centrismo, Centrosinistra, Compromesso Storico, pentapartito e seconda repubblica.

 

In tema di servizi segreti egli dice che quelli italiani sono in realtà tra i migliori del mondo per capacità di analisi e infiltrazione. Ma lo sono soprattutto per quanto attiene al Mediterraneo ovvero, aggiungo io, il fianco sud della NATO. Ciò era chiaramente incompatibile con la struttura militare segreta conservata dal PCI fino alla fine degli anni cinquanta. Su questo Pacelli chiama a conferma ciò che hanno scritto Gianni Cervetti e Valerio Riva. Il primo è stato dirigente del PCI con incarichi legati ai rapporti e ai finanziamenti URSS, il secondo è stato i direttore editoriale della Feltrinelli. A lui dobbiamo, come ricorda wikipedia, il Dottor Zivago e Garcia Marquez.

Sono però i servizi civili, ovvero quelli del ministero degli Interni, ad aver conservato la struttura e la rete dell’OVRA, la ex polizia fascista. Ed è in questa rete che si è innervata ed è cresciuta la CIA in Italia. I servizi militari italiani infatti durante la guerra e la resistenza, rimanendo però sempre anticomunisti, avevano mantenuto fedeltà al Re. Su questo punto, quello che riguarda L’ufficio Affari Riservati di Federico Umberto D’Amato, l’osservazione che mi colpisce è che secondo Pacelli l’infiltrazione americana ha avuto in realtà un ruolo di garanzia antifascista. Ovvero si è conservata l’OVRA per controllare bene il PCI in funzione antisovietica, ma i suoi rigurgiti nostalgici sono stati tenuti buoni grazie alla CIA. Lo schema di ragionamento è sorprendente, ma spiegherebbe ad esempio il fallimento del golpe Borghese. E spiegherebbe anche come mai nella narrazione antigolpista del PCI, quella degli anni settanta per capirci, non venga fatta distinzione tra americani e fascisti.

Tornando ai servizi militari trovo scritto che fu Fulvio Martini, allora giovane ufficiale della marina, ad avere ruolo decisivo nella crisi di Cuba. Egli infatti comprese che le navi Russe che attraversavano il Bosforo convogliavano missili e testate nucleari. Vennero informati gli americani e prese il via la vicenda che portò Kennedy e Crusciov al dialogo di pace. Un dialogo che mise al sicuro per sempre la leadership castrista dall’intervento americano.

Da ammiraglio Fulvio Martini diventerà direttore del SISMI e alla fine scriverà le proprie memorie nel suo libro: “nome in codice Ulisse” (Rizzoli 1999). In tale libro si possono trovare aneddoti significativi delle sistematiche interferenze Mossad e CIA sullo scenario italiano.

 

 

Ma l’aspetto che impreziosisce il libro di Pacelli è la considerazione relativa all’uso che i partiti politici avrebbero fatto dei servizi. I partiti politici italiani infatti avrebbero sfruttato questa efficienza a partire dal caso Montesi che fu uno scandalo gestito in modo da far fuori il dirigente democristiano Attilio Piccioni in favore di Fanfani.

I politici, scrive Pacelli, si controllavano a vicenda utilizzando i servizi o parti di essi. La pratica è radicata e diffusa al punto da indurre Oscar Luigi Scalfaro, nel 1987, a dire che la vera colpa delle deviazioni dei servizi era delle meschinerie personali dei politici.

Il 25 Gennaio 1967 il senatore Girolamo Messeri pur essendo diplomatico di carriera presentò una interrogazione al ministro della difesa dai toni più duri di tutte. Egli si riferiva al SID parlando di “ignobili sicofanti pronti a raccattare dal liquame di tutti gli angiporti notizie false.”

Nel 1973 ci fu una inchiesta della procura di Roma che rivelò l’esistenza di radiospie e microfoni dappertutto. Erano di Tom Ponzi e Walter Beneforti, ex commissario di polizia e collaboratore dell’Ufficio Affari Riservati, quello appunto di D’Amato. Partì una inchiesta che si concluse solo nel 1981 con un plenum di assoluzioni. Ma il punto da cogliere è che in tutti quegli anni non se ne parlò quasi per niente nel Paese perché, lascia intendere Pacelli, i partiti in parlamento erano accomunati dall’interesse alla tacita archiviazione. Sono gli anni della Solidarietà Nazionale e del Compromesso Storico.

In tutti quegli anni “essere intercettati era un fatto comune” (pg 93) e la faccenda delle intercettazioni di Ponzi non era per niente segreta ai vari parlamentari susseguitisi alla Camera e al Senato: il furgone che riceveva i segnali di intercettazione era collocato al centro di Roma, nella piazzetta del Rosario.

 

IL CASO FERE. Si tratta di Saverio Fere massone e pastore protestante. Egli determinò la scissione che diede luogo alla creazione dell’altra massoneria, quella di Piazza del Gesù, ovvero la concorrente di quella di Palazzo Giustiniani. I membri del Gran Consiglio fascista erano in maggioranza affiliati, iscritti, a Piazza del Gesù. Gli altri, dice Pacelli, erano liberal democratici filo GB o Francia.

 

La P2. E’ stata sciolta dal Governo Spadolini e il suo scandalo coincide con la fine della DC. Ad ispirare la legge di scioglimento fu il giurista di alto profilo Paolo Ungari. (Gran Maestro di elevato grado).

 

Il banchiere Cesare Merzagora fu presidente del Senato italiano per un lunghissimo periodo. Dal 1953 al 1967. Al centro di questo arco temporale sta l’esperienza politica più importante delle sua intera biografia politica. Fu Presidente della Repubblica nell’ultimo semestre del 1964. Il presidente in carica Mario Segni infatti fu colpito da trombosi e Merzagora nella sua qualità di Presidente del Senato lo sostituì. Da questa posizione egli si illuse di riconquistare la carica che con Gronchi non era riuscito a vincere, ma le cose andarono diversamente. Venne eletto Saragat. Egli era stato il candidato alla Presidenza della Repubblica alternativo a Gronchi ed era Massone ateo dichiarato. Ciò nonostante era sostenuto da una DC, partito cattolico al cui interno però germogliava una certa idea di centro sinistra. Venne eletto Gronchi che esprimeva questa seconda impostazione. Il leader era Fanfani mentre i suoi oppositori sostenevano appunto Merzagora. Costui perse la battaglia, rimase presidente del Senato, ma continuò anche ad essere punto di riferimento per forze esterne al parlamento.

La situazione esplose nel Luglio ’60 con forti manifestazioni di piazza le quali ebbero come apici Genova e Reggio Emilia.

Sono tutti fatti noti, ma Pacelli aggiunge la considerazione che Merzagora fosse espressione di un piano riconducibile a forze del capitalismo europeo che con Cefis, Carli, Cuccia, Sindona e il generale De Lorenzo volevano togliere potere al sistema partitocratico che già si profilava. Forze riconducibili ad una loggia segreta nell’ambito della massoneria di Piazza del Gesù (forse Giustizia e Libertà).

 

In sintesi in queste 150 pagine si può trovare una piccola e preziosa miniera di indizi sulle eterne manipolazioni del potere, cattive pratiche e poteri occulti che hanno intossicato - e certamente intossicano tutt’ora – il sistema istituzionale della nostra Repubblica.

Una lettura affascinante e semplice; un esempio di equilibrio.

Quindi un libro da non accantonare: Mario Pacelli, STORIE DELL’ITALIA REPUBBLICANA, Istituzioni, protagonisti, testimonianze. A cura di Giorgio Giovannetti

 

                                                                ***

 

Egli segnala anche, nello scorrere del testo, dei libri, romanzi e/o saggi, che evocano, fatti politici non palesati nelle varie epoche. Me ne sono segnati alcuni cercando anche in taluni casi dei riscontri.

Essi sono:

                Il CUORE NERO DEI SERVIZI, di Piero Messina (BUR, Rizzoli 2012)

              GOVERNO OMBRA, di Maurizio Molinari (Rizzoli 2012)

                LA GABBIA, romanzo di Gluglielmo Negri (1992), Premio Viareggio.

                ROMANZO DELLA CONFINDUSTRIA, di Donato Speroni (Sugarco 1975)

                MONTE MARIO, romanzo di Carlo Cassola (1973)

 

 

 

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