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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

Storia della Strage di Stato, di Aldo Giannuli

 

 

 

 

In vista dell’anniversario della Strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 Dicembre 1969, l’editoria prepara il terreno pubblicando ricca bibliografia. Ho per le mani quella di Aldo Giannuli appena uscita: Storia della Strage di Stato, il cui sottotitolo è immediatamente indicativo: “Piazza Fontana: la strana vicenda di un libro e di un attentato”.

Aldo Giannuli è un finissimo intenditore delle strategie ballistiche che hanno inondato l’Italia negli ultimi cinquant’anni. Ovvero nel periodo in cui Gladio ha dominato l’immaginario politico della Prima Repubblica.

 

E’ un libro su un altro libro, in questo caso una inchiesta giornalistica che ha deviato con successo il corso politico del Paese. Il cinquantesimo della Strage è anche il cinquantesimo di questo libro. Lo trovo un fatto di grande auspicio per l’odierna fake era. L’orgia delle balle. Ma soprattutto è quel libro che ha avuto grande peso nella vicenda giudiziaria che caratterizzò la strage, quella di Piazza Fontana; in pratica questo lavoro di Giannuli si occupa di un fatto grandemente indicativo delle potenzialità connesse col lavoro critico di controinformazione. Cioè molto di più di un caso editoriale.

E’ il cult book di una generazione ci ricorda Giannuli nell’introduzione. Ed è anche una scuola di giornalismo investigativo.

Il libro uscì nel giugno 1970, quando ancora non era uscito niente sul tema, e vendette per anni fino a cinquecentomila copie; più di tutti gli altri libri di analoga tematica messi assieme. Giannuli ci fa l’esempio di Cammilla Cederna, giornalista di gran fama che uscì col suo Pinelli una finestra sulla strage nel 1971, un libro che, con il marketing del gruppo L’ESPRESSO e la casa editrice Feltrinelli, vendette 60.000 copie. A rilanciare il primo parziale successo di vendita fu il golpe Borghese del dicembre 1970, alla luce del quale prese corpo tra la pubblica opinione la consapevolezza della pista nera. Cominciò così a saltare la narrazione di regime che presentava la strage di Piazza Fontana come anarchica.

Già tre giorni dopo l’esplosione delle bombe infatti “il telegiornale annunciò che il colpevole era Pietro Valpreda e il suicidio di Pinelli ne era la definitiva conferma”. Contemporaneamente veniva attribuita la competenza del caso alla procura romana il cui p.m. Vittorio Occorsio aveva raccolto la testimonianza Rolandi, accusatore dell’anarchico Valpreda. L’inchiesta era quindi unificata a Roma sottraendola all’ambiente milanese. Per realizzare questa confluenza in un unico fascicolo processuale veniva operato anche un illecito ritocco ai verbali che anticipava l’orario di esplosione delle bombe romane. (verrà dimostrato in sede processuale) Questo forzato indirizzamento sinistrorso dell’indagine veniva fin da subito sostenuto dalla narrativa giornalistica che, con il Corriere della Sera a firma Alberto Grisolia, pubblicava già il 13 Dicembre un articolo dal titolo: Un tragico precedente: lo scoppio al Diana. Un attentato anarchico che era avvenuto nel 1921. E non era la perizia storiografica a guidare il giornalista, ma un preciso atto di orientamento della opinione pubblica. Come dimostra il testo stesso che inizia con la perentoria affermazione secondo la quale: “Milano subisce la seconda ondata di anarchica violenza della storia…” Il “giornalista” Grisolia moti anni dopo apparirà nelle liste degli informatori Ufficio Affari Riservati nonché componente di quel servizio segreto illegale che Giannuli ha chiamato “Noto Servizio”. (L’Anello, di Andreotti).

All’inizio la sinistra storica era in stand by e non contestava la narrazione di regime. Giannuli nei suoi lavori peritali ha esaminato anche i verbali della riunione di Direzione nazionale del PCI tenutasi il 16 Dicembre 1969 (quattro gg dopo) dai quali emerge un atteggiamento non ostile verso la tesi anarchica. Ma quello stesso giorno arrivarono le notizie della morte Pinelli che erano avvalorate dal fatto che il primo giornalista ad avvertire il tonfo in questura era stato Aldo Palumbo, de L’Unità. Costui fornì alla direzione una ricostruzione che mostrava l’inattendibilità dei dati emanati dalla questura. In ogni caso per consolidare una svolta nell’atteggiamento della sinistra bisogna aspettare il successo della manifestazione del Movimento Studentesco (Capanna) tenutasi, con molta partecipazione della base storica, compreso il sindaco socialista Aldo Aniasi, il 30 Gennaio 1970.

Il fattore più importante però, nella vicenda di quei giorni, fu la riuscita dei funerali. La destra aveva l’idea di trasformarli in una manifestazione a favore della svolta autoritaria e invece l’ottima organizzazione dei sindacati fece del funerale stesso un grande momento di emozione e partecipazione che impressionò Rumor (presidente del Consiglio) confortandolo nella sua determinazione di non emanare leggi speciali. L’attentato del 12 Dicembre era stato infatti concepito come fattore di preparazione di un colpo di Stato alla greca. Ma Il disegno filogolpista connesso con la strage non passò e i sindacati divennero punto di riferimento nella la difesa democratica.

 

Il libro Strage di Stato, Controinchiesta nasce nel periodo immediatamente successivo allorquando, tra Gennaio e Giugno 1970, ha luogo la collaborazione di un gruppo di giornalisti nei modi descritti da Giannuli nelle pagine del secondo capitolo. Il testo, dopo il rifiuto dell’editore Feltrinelli, fu editato da Smonà & Savelli, un gruppo editoriale molto piccolo, politicamente vicino alla IV Internazionale (Trotzkisti). 150 pagine, inserto fotografico, 500 Lire.

 

 

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