diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
Eccolo. Al centro della pubblicazione, da pagina 125 a pagina 143, abbiamo la summa del complottismo: i servizi segreti. Piero Colaprico, del quale so dalle note di copertina che ha scritto romanzi gialli con Pietro Valpreda fin che quest’ultimo era ancora in vita, si sbizzarrisce in un ultra claustrofobico minithriller. Un condensato di scene tipiche con esposizione di piani segretissimi e scene d’azione. C’è anche il colpo di scena e il finale dietrologico allusivo. Qui Colaprico, con un marcato gusto della frecciatina sull’attualità e della citazione storiografica, non risparmia né Giorgio Napolitano né Bernardo di Chiaravalle. Con una certa scioltezza, da giornalista scrittore scafato, ci conduce nella cupola delle cupole: il servizio segreto del Vaticano. Forse può sembrare troppo ambizioso o al contrario troppo semplicistico, ma non lo trovo eccessivo, sono normali svolazzi dietrologici che vanno di moda e che hanno trovato in Dan Brown una certa formula ormai ripetitiva. Apprezzo molto invece il rinvio ad Aldous Huxley, più precisamente al suo “Brave New World”, che non viene sviluppato, ma evoca prospettive biotecnologiche che mi solleticano.
Il racconto sembra concepito in continuità con racconti precedenti, in particolare Carlotto (con gli altri due) e Varesi. La classe dirigente internazionale è corrotta sotto ricatto, settori variamente integrabili di reti spionistiche combattono tra di loro e anziani protagonisti di storiche, quanto inutili, battaglie contro la mafia complottano ancora per avere la rivincita. Questa volta puntano ad un metodo simil-Assange, pronti a sparare in un sol colpo migliaia di verità letali da un misterioso quanto potente server in Ucraina, ma qui si tratterebbe di “dossier ben più corposi di quella mezza boiata fornita dall’infido Assange”… Un giudice, un carabiniere e un giornalista, figure quasi allegoriche, fanno la parte dei buoni e tutti e tre assieme aspettano l’incontro decisivo col quarto uomo. Ovviamente non dico chi è per non rovinare il pathos giallistico del racconto, ma su ciò che accade in quell’incontro si svolge il plot. Tutto questo a sua volta è raccontato dal narratore il quale è a sua volta uomo chiave della storia e, in fin dei conti, di tutto il complotto mondiale.
Due le cose che mi piacciono: le puntatine allusive ai fatti reali (Agcà, la Magliana, De Pedis ecc.), l’idea che la “battaglia anti-vaticano sul tema dei pedofili” sia in pratica solo un assaggio per aggiustare il tiro più in alto. Mentre invece trovo irriverente e poco nobile la citazione delle parole di Giorgio Napolitano. “Che faccia la sua parte”, dice il finale, “noi faremo la nostra. Non ci ha spaventato Nerone, figuriamoci se possiamo temere questi maneggioni. Siamo o non siamo nella Città Eterna?”.
Ecco è un semplicistico delirio di onnipotenza che può cambiare un buono in un cattivo e lasciare, come in effetti accade, senza gusto il finale. Peccato perché era iniziato bene. Occorre quindi compensare questo gusto incompiuto con un dolce.
Cosa mangiare?
Proporrei una torta di ricotta, anzi puina, alla veneta come uno dei personaggi. Però semplice, senza arricchimenti esotici come potrebbero essere dei canditi tropicali oppure strani sciroppi che si trovano facilmente nei supermercati, ma non hanno niente di veneto. Penso ad esempio al mango sciroppato. Comunque se qualcuno volesse proprio mettercelo la cosa avrebbe il senso richiamarci il contesto latinoamericano e la lingua ispanica, che in effetti ricorre continuamente in varie parti di testo (pendejo, garrimba, pirobo ecc.).
Cosa ascoltare?
Se uno volesse gravare l’atmosfera del racconto già cupa di per sé di ulteriori oscurità, potrebbe sintonizzarsi su Radio3 nella fascia oraria tardo serale, ma forse è meglio alleggerire con qualcosa che richiami piuttosto il vento andino o i grandi spazi di chi domina dall’alto e vede lontano. Non sarebbe male quindi ascoltare El Condor Pasa. Armonia e ritmo semplici ma solenni compenseranno con un’idea popolare, autentica di spiritualità la pesantezza e l’angustia del potere. Inoltre, per onorare alla vicentina il termine OMBRA, scelto dall’autore, degusterei un calice di Pinot.