diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
Penso che per quanto domiciliari queste notti del
Capitano Francesco Schettino della Costa Crociere non siano esattamente serene. E mi concedo due letture come spunti di meditazione.
1 - Il “Manoscritto trovato in una bottiglia” (1831) provoca l'emergere di ataviche paure ed emozioni tipicamente “horror”. In questo racconto di Poe il buio angosciante della scena si associa con l’allucinante dissoluzione nell’abisso. Questa rilettura mi richiama alla mente il Titanic, i bibblici Giona e Paolo (che vengono in mente quando il passeggero preannuncia, haimè inascoltato, la sventura al capitano della nave) e forse anche Umberto Eco, nella sua isola del giorno prima, quando la nave viaggia per giorni e giorni da sola verso l'ignoto. Riporto qui di seguito alcuni straordinari passaggi di Poe con parole sparse (nella traduzione Pivano, Rossi, Traverso del 1965)
“Tutt’intorno alla nave è soltanto la tenebra della notte eterna e un caos d’acqua senza spuma; ma a destra e a sinistra … possiamo scorgere mostruosi baluardi di ghiaccio che torreggiano verso il cielo desolato e sembrano i bastioni dell’universo.”
“Mentre cadevo essa si fermò e poi girò sulla prua; e alla confusione che seguì attribuii il fatto che l’equipaggio non si accorgesse di me… mi feci strada fino al boccaporto principale… e ben presto trovai il modo di nascondermi…
Perché lo facesi non saprei dire, vi fui indotto da un senso indefinito di paura, che s’era impadronito di me.”
E infine: “ Un sentimento a cui non riesco a dare un nome s’è impossessato della mia anima – una sensazione che non ammette analisi, per la quale le lezioni del tempo andato sono inadeguate e della quale, temo, neanche il futuro mi fornirà alcuna chiave.”
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2 – In Atti, 27-28, la nave che porta Paolo di Tarso a Roma fa naufragio sulle coste di Malta. Con lui c’era anche Luca, l’autore neotestamentario, e le sue parole sono suggestive.
“ Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell’Adriatico verso mezzanotte i marinai ebbero l’impressione che una qualche terra si avvicinava… Nel timore di finire contro gli scogli gettarono da poppa quattro ancore aspettando con ansia che spuntasse il giorno. Ma siccome i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora paolo disse al centurione e ai soldati: se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo, Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lascirono cadere in mare.”
E qui, pensando all’epilogo che si sta profilando per la tragedia del Giglio, possiamo aggiungere un precedente versetto.
“ Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l’isola un vento d’uragano. La nave fu travolta nel turbine e abbandonati in sua balia andavamo alla deriva… Sbattuti violentemente dalla tempesta il giorno dopo cominciarono a buttare a mare il carico … e i terzo giorno con le proprie mani buttarono via l’attrezzatura della nave.”
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Io non credo nel capro espiatorio, credo che prima di
giudicare sia necessario stabilire la verità dei fatti. E penso anche che i media debbano servire a ricostruirli senza sbranare nessuno. Spero perciò
che vengano buone le parole che ha scritto ieri Luca Telese sul fatto
quotidiano:
“ Forse, fra qualche anno, scopriremo che Schettino in queste ore ha difeso qualcosa di più che se stesso. Forse da questa tragedia impareremo che il capitano non può restare solo sul ponte della nave come nelle canzoni di De Gregori e che un meccanismo di controllo deve impedire che la responsabilità possa sfociare nell’arbitrio.”