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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

Tre Donne (Berenice, Morella e Ligeia). Di Edgar Allan Poe.

tre-rose.jpgPoe Toaster, Nevermore? - Il Baltimore Sun e le agenzie americane ci informano che contrariamente alle previsioni quest’anno, quindi per la terza volta consecutiva, il rito dei Poe Toaster non ha avuto luogo. Pare anche che la cosa non dispiaccia agli addetti ai lavori. Forse è meglio così, in fin dei conti era una goliardata senza valore. Io comunque il mio piccolo tributo voglio darlo rileggendo qualche racconto dal libricino che Il Sole 24 Ore della domenica ha dedicato a Poe: Tre Donne (Berenice, Morella e Ligeia). E con questo post voglio restituirgli un piccolo ricordo affettuoso, omaggiando le emozioni che, oggi come trent’anni fa, la sua lettura mi ha sempre dato.

 

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Nella mia biblioteca Poe era entrato ancora molti anni fa con un libro edito da Sansoni nel 1965 (ben 450 lire) e in quel testo nel pool di traduttori, tra i quali c’era anche Fernanda Pivano, prevaleva un atteggiamento letterario se volgiamo un po’ ampolloso e byroniano, ma che secondo me coglieva meglio lo spessore romantico della sua scrittura di quanto non sappiano fare le traduzioni recenti. Questa del Sole 24 ore è tratta dalla BUR 2010 con il Copyright RCS per la traduzione di Maria Gallone che risale agli anni ottanta. Trovo quest’ultima, se posso permettermi, più precisa (ho controllato il testo in lingua originale solo per Morella) e se vogliamo, in quanto meno enfatica, meno romantica.

Tre-donne.jpgParadossalmente avviene il contrario nelle le copertine dei due volumi. L’edizione degli anni sessanta ci prospetta infatti un geometrico e policromo Paul Klee (“La morte e il fuoco”) poco consono alle atmosfere stregate di Poe mentre, al contrario, abbiamo la recente edizione che scommette su una copertina in bianco e nero con un lampo di luce che trascende la notte cimiteriale. Contestualizzando le epoche possiamo osservare che entrambe le copertine sono “trendy” e catturano il gusto del proprio tempo; confermandomi la convinzione che il marketing editoriale è indipendente dal contenuto dell’opera. 

 

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I tre racconti risalgono alla raccolta “Tales of the Grotesque and Arabesque”. Si tratta di tre donne con le quali l’autore, intrattiene esperienze di emozionante orrore. Nella prima, Berenice, c’è una trasfigurazione spiritistica magistralmente descritta nel suo potere allucinante. A me richiama la scena col fantasma in biblioteca del film Gostbusters. Il punto chiave sono i denti perché su quelli si concentra il fuoco narratore di Poe. Trovo il racconto molto efficace e suggestivo, ma c’è ancora di meglio.

 

Nella seconda infatti, Morella, entriamo in uno spazio intellettuale ancora più denso, dove il senso del mistero è legato al fascino dell’erudizione. Una passione travolgente lega il narratore alla donna cui è dedicato lo scritto, una donna che fin dal primo incontro gli fa “ardere l’anima di fuochi sconosciuti”, ma ciò non è dovuto ai fuochi dell’eros, bensì alle sue “titaniche facoltà mentali”. E’ quindi una novella che narra una relazione inizialmente basata sulla dimensione incendiaria dell’amore platonico, ma che poi prende tutta un’altra strada. Questa chiave, il platonismo nel senso di amor platonico, non è occulta e viene ostentata fin dall’epitome, dove si cita il Simposio di Platone (Convivio, 211, XXIX). Per me, essa serve a fornire una chiave di interpretazione filosofica di tutto il racconto.

 

Infine, last but not least, abbiamo Ligeia. Qui, richiamando aspetti già noti per le prime due, abbiamo una estensione ossessiva del rapporto tra il narratore e la donna amata. Anzi idolatrata. Egli prova per  “la sovrannaturale dilatazione di quegli occhi” come per ”le indomite parole che ella solitamente proferiva” un forte attaccamento passionale, conscio della sua (di lei) “infinita supremazia” al punto da rimettersi con fiducia infantile alla sua guida. Ma non è questo il centro della storia, che sta invece nel “desiderio di vita, di vita soltanto” e nello scontro tra la volontà e la morte. Uno scontro preconizzato dalla filosofia morale del filosofo moralista inglese Joseph Glanvill nelle cui parole “ Iddio non è che un immenso volere che pervade tutte le cose con la natura del suo intendimento” e dove la morte,  che Ligeia chiama “verme conquistatore” è più debole della volontà. Ligeia muore, apparentemente vinta dalla malattia, ma la figura retorica di donna trascendente è ancora più potente che in Morella, al punto da impadronirsi della vita della nuova moglie del narratore e fagocitarla in una resurrezione. Mentre in Morella il trepidante finale condensa in poche righe, qui le tutte le ultime pagine di questo racconto, in uno scenario gotico che passa dalle rive del Reno all’Inghilterra, sono un turbine extra-naturale nel quale il continuo andirivieni tra la vita e la morte delle due mogli, una amata e l’altra no, si risolvono nella riapparizione definitiva del corpo, dei capelli e dei fulgidi occhi dell’unico amore… Lady Ligeia.

 

In quest’ultimo racconto, a differenza che nei precedenti, l’atmosfera surreale è ispirata dichiaratamente e ripetutamete da un preciso fattore: l’oppio e l’alcool di cui fa uso il protagonista fino al punto di “essere ormai abitualmente incatenato ai ceppi della droga”. E proprio questo a mio avviso è il valore aggiunto di questo testo. Al lettore moderno infatti, che dispone, tra le altre, delle opere di Huxley e Castaneda non può sfuggire il rinvio alla biografia dell’autore. Quando scrive, Edgar si trova nel periodo in cui: “He becomes seriously depressed and takes laudanum: a mixture Of alchool and opium”. Questa frase, che si trova in varie biografie straniere, non la traduco per protesta, essa infatti non si trova nelle biografie italiane - almeno quelle che ho letto io – per lo stesso motivo per il quale l’uso di droghe al fine di ispirazione artistica da noi è sempre stato un concetto sfumato, per non dire in pratica censurato.Poe-Klee.jpg

Anche nel mio testo degli anni sessanta, la biografia introduttiva punta tutto su quello che è stato il mainstream biografico di Poe, cioè il fatto che “morì di delirium tremens”, coprendo così, con l’idea di una malattia, la vera natura dei suoi sogni oppiacei.

 

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Egli si chiamava Edgar Poe. L'aggiunta di un secondo cognome (Allan) si deve alla volontà del patrigno/tutore John Allan, immigrato scozzese, al quale, sposato con Frances Feeling Valentie, il giovane orfano venne affidato. Costui potrebbe in realtà essere il padre naturale di Edgar, date le intemperanze della madre.., e ciò spiegherebbe l'aggiunta. In ogni caso egli non fu mai legalmente adottato.

Tra i sei e gli undici anni egli vive, e studia, in Inghilterra. Poi torna a Richmond, Stati Uniti, nel 1820. Nel 1935 egli sposa Virginia, la figlia di sua zia Maria Clemm, due donne con le quali già conviveva a Baltimora dalla morte di suo patrigno John Allan. Al momento del matrimonio lui ha 27 anni, lei quattordici.

 

Egli risulta autore già noto in Russia nel 1839. Ma la notorietà europea decolla a Parigi nel 1845 con la traduzione de "lo scarabeo d'oro" (the gold bug) da parte di Alphonse Borghers.

Baudelaire invece entra in contatto con l'opera di Poe nel 1846 durante la popolare vicenda connessa con la causa per plagio tra due giornalisti francesi che si contendono i diritti de: “il delitto della Rue Morgue". Da questo interessamento deriva il successo e l'influenza di Poe sui simbolisti francesi. E da lì parte il suo mito. Nel 1948 Baudelaire traduce “Rivelazione Mesmerica”. Un successo.

Nei suoi scritti Poe difese sempre l'idea di indipendenza dell'arte dalla morale e la sua opera, fino ad allora deprecata, con i saggi di Baudelaire inizia a ricevere quegli apprezzamenti critici che fanno di lui tutt'oggi una grande presenza della cultura americana dell'ottocento.

 

Morella venne pubblicato in Aprile 1935 sul Southern Literary Messenger. Ed è sempre il migliore.

 

 

 

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