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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

LE TRE DAMIGELLE DI MARCO POLO, di Enrico Tezza

copertina-Tezza.jpgla prima damigella legge il libro della storia con la memoria del passato, la seconda cerca con la sua volontà di modificare il futuro mentre la terza usa l’intelligenza per capire il presente.

 

Il volume si presenta con una copertina, dal taglio elegante e dotto, che mostra un particolare dell’affresco “Disputa dei dottori” del Pinturicchio, che si trova a Spello, nella cappella Baglioni della Collegiata di santa Maria Maggiore. E’ questa, in qualche modo, un’immagine programmatica del testo e ciò viene anticipato fin da subito.

L’autore è Enrico Tezza, mio ex concittadino valdagnese, persona con uno stile d’altri tempi che nella vita si occupa di formazione presso la Organizzazione Internazionale del Lavoro. Non è quindi uno scrittore professionale, ma stupisce per la sua destrezza con le parole e in generale per la qualità della sua prosa. La sua trama è sempre in viaggio e le sue parole tracciano una mappatura continua della realtà narrata, fondandola su riferimenti culturali e storici, tali da dare un senso e una qualità originali alla sua scrittura.

L’ho letto con gusto e con piacere, cercando di stare attento e distaccato per non incorrere nell’errore di giudicare l’autore anziché l’opera, tentazione sempre presente quando si leggono i testi di persone conosciute. E devo dire che a mio avviso questo testo si guadagna progressivamente la stima del lettore perché non è mai sopra le righe pur volando alto, tra ipotetiche misteriosità storiografiche e suggestive biografie di personaggi storici. La storia si muove all’interno di quella che l’editoria oggi definirebbe “giallo storico”, accentuando la psicologia relazionale dei personaggi. Non è però utile cercare un genere per questo romanzo perché in realtà è “sui generis” e non concede niente né al genere thriller e non é neanche un romanzo psicologico, se non in seconda battuta. Apparentemente semplice, perché il protagonista non è esattamente Indiana Jones e si muove di villa in villa tra cene galanti, conventi e partite di golf con una certa flemma, la trama è invece complessa e ricca, con una magliatura sottile e sofisticata, che potrà essere colta meglio da chi conosce Giordano Bruno, Alberto Magno ecc. e non ha bisogno di sesso e violenza per godere dei romanzi che legge.

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Adalberto Delle Poiane, avvocato vicentino di nobile lignaggio, incontra Chuang Tzu, ricco affarista cinese interessato alla Fiera dell’oro e i due rimangono coinvolti in una disputa su Marco Polo. Da qui prende il via una ricerca globale di documenti tra biblioteche, dimore e monasteri finalizzata a ricostruire la verità sui Polo, alla ricerca soprattutto di un testo: “Viaggi”. The-travels.jpg

Le oltre centosettanta pagine del romanzo sono il racconto di questa ricerca, in bilico tra le rotte del commercio, lo spionaggio militare del medio evo, anche affondando la ricerca nello spessore più profondo ed esoterico della figura di Marco. Da qui in poi, per l’emozione del lettore le tracce segrete del nostro medioevo e del nostro rinascimento si sveleranno senza mai annoiare o scivolare in un superficiale intellettualismo di maniera.

L’analisi del plot e della trama, che costituisce il vero pezzo forte del libro, non voglio svilupparla in questo post, anche per non svelare niente al potenziale lettore. Mi limito a commentarne un piccolo tratto.

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Il labirinto di Villa Pisani viene percorso dai protagonisti tra le sue soste con il passo eccitato e l’ansia di smarrimento che si ricompongono in un abbraccio “con qualche altra licenza” da lei peraltro incoraggiata, che sfocia nel ritrovamento di due vecchi amanti. Ma non c’è l’idea del revival, bensì quella di una nuova conquista. Qui abbiamo un’incontro amoroso narrato con scrittura densa di stile e signorilità. L’azione viene descritta con un gioco seducente di allusioni progressive dove le parti, come in una commedia, si alternano e si appassionano fondando le loro battute su uno strato di riferimenti intellettuali. C’è anche un persistente fondo di ironia che fa delle parole un’eco costante della qualità scenografica, ovvero le “fermate d’amore”del giardino-labirinto. Qui, direi finalmente, quel labirinto viene spiegato per ciò che è: un’alcova all’aperto per i giochi erotici della nobiltà veneziana. Per decenni ho visitato questo e altri gioielli architettonici veneti senza che nessuno mai mi spiegasse la loro autentica natura ludica. L’ipocrisia autocensoria veneta lo impediva, mentre queste semplici verità venivano invece raccontate dalle guide al turismo anglosassone… In ogni caso qui siamo in un episodio nel quale Adalberto ed Elettra sono dentro un gioco d’amore, dentro un parco a questo scopo concepito e in corso di restauro da colei stessa che vi sta giocando. Ovvero colei che è incaricata ufficialmente di interpretare il senso del parco ne attua il progetto ludico e “realizza” quel gioco mettendone in campo anche gli amanti, uno dei quali è proprio lei stessa. Complimenti. Ma anche Adalberto ne esce vincente perché “ se con i labirinti non aveva famigliarità con l’animo femminile la sua capacità diagnostica era decisamente superiore” (72) e pertanto Adalberto coglie al tempo stesso Elettra, il suo gioco e il senso del labirinto. E così i nostri eroi collaudano il restauro dell’area di sosta nel modo per il quale è stata pensata fin dal 1720, ovvero per fugaci incontri di passione.

Per Massimo Barile, critico letterario della Montedit che ha redatto la nota di copertina, la ricerca di Adalberto è una “salvazione di sé” nella quale “…Adalberto si trova a ripercorrere la propria vita alle prese con un complesso esame di coscienza…” Può darsi che questa dimensione narrativa mi sia sfuggita, certo è che non mi avrebbe emozionato come quella che invece ho imboccato, realizzando una lettura che mi dispiacerebbe proprio essermi persa.

 

***

Cosa mangiare. Abbiamo una cena “ non appetitosa, ma sana”,  descritta a pagina 103 con un piatto di riso basmati accompagnato da erbette dell’orto dei semplici. Chissà se frate Anselmo ha aggiunto anche l’Agnus Castus, erba coltivata tra le mura dei conventi che contiene sostanze estrogeno-simili ed è stata usata nel medio evo per aiutare i monaci ad ottemperare al voto di castità. In ogni caso Enrico Tezza conosce bene il territorio nel quale ambienta la vicenda e soprattutto tratta bene il suo personaggio, tanto che anche quando lo manda in convento lo fa mangiare bene. In altri capitoli lo fa cenare con donne affascinanti e colte, dal fascino vagamente dannunziano, portandole da Penacio sui colli di Arcugnano, oppure al Casin del Gamba tra Valdagno e la valle del Chiampo. Anche questa è ben descritta ed ha uno scopo di “riconciliazione”. In questo caso la qualità, oltre che nel cibo risiede anche nel paesaggio, perché “ la vista delle colline che si diradano verso Vicenza e quei grandi volumi di verde, accompagnati dall’aria fine di muschio umido “ apre i sentimenti al dialogo. I due si prendono i “sacchettini” alle verdure con polenta e soppressa, risotto con i bruscandoli e la cacciagione (siamo in settembre). Qui però io avrei proposto alla mia ospite un vino diverso dal gewürztraminer affidandomi meglio al sapore di un cabernet frank.

 

Cosa ascoltare. Anche qui abbiamo indicazioni precise dall’autore, il quale ci offre soprattutto Mozart (sinfonia K201) e anzi lo fa suonare da Adalberto al flauto in contesto distensivo. La ritengo una buona scelta, coerente soprattutto con le caratteristiche del personaggio, ma in questo tipo di musica c’è soprattutto armonia e razionalità, ovvero caratteristiche che per quanto geniali, esprimono soddisfazione e controllo, quasi dominio, della forma. Penso invece che sarebbe utile un maggior senso del mistero per corroborare una lettura più sofisticata e misteriosa come questa. Proporrei quindi una pagina di Respighi, come questa, che seduce per le dissonanze evocative e inquiete e affida alle corde del violino il leggero, ma pervasivo, senso di inquietudine che accompagna Adalberto.

 

 

Collana “I salici” (Narrativa), ed. MONTEDIT

 

 

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E
<br /> Le recensione risulta migliore del racconto, come accde spesso. Decisamente ironica e di grande stile. Mi piacerebbe conoscere l'autore<br />
Rispondi
O
<br /> <br /> L'ho scritta io, Francesco Boschetto, questo è il mio blog che uso come diario di letture. Complimenti Enrico, pensa che ne ho anche regalata una copia alla Biblioteca civica di<br /> Valdagno. La prossima volta che pubblichi fallo tu, sei valdagnese di nascita, potranno leggerti anche tra cent'anni...<br /> <br /> <br /> ciao<br /> <br /> <br />  <br /> <br /> <br /> <br />