diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
Il libro è scritto a più mani. Se includiamo la premessa dell’avvocato Alberto Foggia infatti gli autori sono tre, ma i testi di Càlzia e di Ferruccio sono integrati e compatibili, anche come stile ed efficacia. Càlzia è un giornalista professionista e Ferruccio Mazzola ha fatto anche lui il commentatore sportivo scrivendo per anni vari articoli. Foggia ha rappresentato la casa editrice (Bradipolibri Editore S.r.L.) nella causa per diffamazione promossa dalla squadra di calcio F.C. Internazionale Milano detta “Inter “nel gergo calcistico.
La causa venne promossa nel Febbraio 2005, dopo che Ferruccio era stato ospite di una popolare trasmissione televisiva durante la quade aveva aspramente criticato il mondo del calcio per l’uso del doping, dissacrando in particolare Helenio HERRERA, storico allenatore dell’Inter, nonché mitico personaggio calcistico degli anni sessanta. In tale trasmissione Ferruccio aveva presentato anche il libro.
Ora, il primo punto fermo della vicenda è che quella causa è stata PERSA DALL’INTER con motivazioni che, anzi, rafforzano l’attendibilità delle affermazioni nel libro contenute. Dall’esito di quella causa infatti si conferma che i fatti esposti sono veri, che sono di pubblico interesse ed esposti con correttezza. In pratica l’Inter si è tirata una zappata sui piedi. In particolare i piedi di Giacinto Facchetti e, un po’ meno, di Sandro Mazzola che di Ferruccio è il famosissimo fratello.
L’avvocato fa anche notare che non c’è stato ricorso in appello per cui la sentenza è oggi passata in giudicato. C’è da pensare infatti che l’Inter si sia resa conto che finiva per fare da cassa di risonanza ad una polemica montante sui media. Una polemica che rischia sempre più di convincere vecchi giocatori che finora se ne sono stati a bocca chiusa, a rivelare tutte le strazianti verità che riguardano il calcio nascosto, quello delle partite combinate e dei farmaci fuori controllo o più propriamente fuorilegge. Sono verità scomode, oltre che per gli addetti ai lavori, soprattutto per i tifosi e per una generazione come la mia, del tutto ignara, a suo tempo, dei rischi connessi ai farmaci e alle metodologie di testatura clinica.
Herrera operava agli inizi di un periodo durante il quale si sono via via affinati certi metodi e le normative. E’ quello il periodo della “grande Inter”, una epopea che oggi, proprio alla luce di libri come questo, appare figlia di illeciti e pratiche farmacologiche imperdonabili.
L’attacco del libro è principalmente diretto agli anni che vanno dal 62 al 67 e poi nei successivi fino ai giorni nostri per i quali la preoccupazione principale di Ferruccio riguarda i giovani della futura generazione.
I controlli antidoping vengono introdotti in Italia nel 1962. Già da subito alcuni risultarono positivi come Zaglio, Bicicli e Guarneri, dell’Inter. Le pastiglie bianche di Herrera incontravano scetticismo tra i giocatori, perciò Herrera le scioglieva nel caffè e controllava attentamente che venissero prese. Poi succedeva che molti non dormivano la notte e questi stati di eccitazione duravano anche per giorni, per essere poi seguiti da improvvisa, rovinosa stanchezza. Secondo Ferruccio è questo che succedeva all’Inter del 1962, quando la squadra dava ottime prestazioni al Mercoledì giocando in Coppa per poi sonnecchiare in campo la domenica in campionato. Ciò a suo giudizio potrebbe essere stato dovuto al fatto che era appena stato introdotto il sistema del controllo antidoping in Italia, ma non per le partite internazionali. Herrera usava il vivaio giovani per testare e affinare l’uso delle sostanze per la prima squadra. Molti giocatori che in regime di controllo antidoping erano ostili a prendere cose strane diventavano invece disponibili e collaborativi il Mercoledì perché sapevano dell’assenza di controlli e soprattutto, ricorda uno di loro, Franco Zaglio, perché c’erano tre milioni (di allora!) come premio partita. Si può intuire che forse la società non era a conoscenza, o lo era ma subiva, delle manovre farmaceutiche di Herrera.
Il 1966 per l’Italia calcistica è l’anno della Corea. Quell’anno infatti il Campionato Mondiale di Calcio venne disputato su 32 incontri che impegnarono 74 squadre. Ovviamente di queste se ne qualificarono per le finali solo 16, ma il punto è che tra queste l’Italia non c’era. Vinse l’Inghilterra, che dedicò anche una statua a i propri campioni.
IL curatore del libro, che è un giornalista sportivo di lunga esperienza molto attento al problema del doping nello sport, riporta nella parte centrale una nutrita serie di casi e interviste che raccolgono un po’ tutti i punti di vista. Ci sono infatti molti giocatori che non condividono l’idea di un calcio malato, tra i quali il fratello Sandro, il quale attribuisce al carattere difficilino di Ferruccio tutte le difficoltà che quest’ultimo, nonostante la bravura tecnica, ha avuto nella vita.
Mazzoletta si sposò nell’estate dell’amore, il 1967, quando si stava affermando nel Venezia. Rocco, Gianni Rivera e Luigi Carraro (che morì poco dopo), si congratularono per fargli la corte e portarlo al Milan. Ma l’idea non trovò realizzazione. Il testo in proposito adombra lateralmente la possibilità che l’Inter abbia brigato in tale circostanza per toglierlo di mezzo e farlo uscire dal mercato della serie A. Sta di fatto che dopo il Venezia Ferruccetto finì alla Lazio, in serie B. Una pubalgia lo perseguitava in quel periodo, ma lui la affrontò subito con sole tre sedute di terapie a raggi Roentgen. Il suo collega Bruno Beatrice invece di sedute ne fece 100 e morì di leucemia.
In quell’anno si conclude il ciclo della grande Inter. I giocatori cedono di schianto nel finale della Coppa dei Campioni a Lisbona durate la primavera di quell’anno. Manca Suarez, ma a parte Sandro Mazzola e Sarti gli altri giocatori sono tutti “assonnati”. Perché? Secondo il libro e a fine gara Herrera commenterà incazzato (negli spogliatoi) dicendo che erano stati drogati. Ma è più probabile, secondo Mazzoletta che si sia trattato di un farmaco con effetto sedativo indesiderato. In qualche commento giornalistico dell’epoca si scrisse anche di dosi sbagliate, senza però arrivare ma ad un chiarimento. In ogni caso l’Inter giocò assonnata anche la domenica successiva a Mantova e rimane valida la possibilità che stessero per finire definitivamente gli effetti stimolanti delle sostanze di Herrera. E lo scudetto passò alla Juve. Una squadra cotta, si scrisse. Dai farmaci? Questo non si scrisse. E ai tifosi, come a tutto il pubblico, bastarono spiegazioni para-scientifiche, da sociologia stracciona tipica di quegli anni, come questa:” Da troppi anni si schierava sempre la stessa formazione, fu pertanto un CROLLO LOGICO prima ancora che fisiologico.”.
Fatto sta che Herrera volle un radicale rinnovamento dell’Inter e Moratti si adeguò. Sfumò l’acquisto di Riva dal Cagliari, ma andò a buon fine quello di Nielsen dal Bologna. Si liberò di Picchi, Jair e tanti altri. Nello stesso periodo il ciclista inglese Tom Simpson morì sul Mont Ventoux al Tour de France- La sua “final climb” si concluse lasciando accanto al suo cadavere due tubetti di anfetamine. Le immagini televisive di quella morte furono commoventi e partì uno dei primi gialli giornalistici europei ancor oggi non dimenticato. Attraverso immagini come quelle i rischi connessi all’uso di sostanze iniziarono ad entrare nel dominio dell’opinione pubblica. In settembre dello stesso anno Anquetil fissò il record dell’ora, ma rifiutò il successivo controllo antidoping causandone l’annullamento.
Troppi i casi di ex calciatori malati di SLA. Su questa malattia indaga Guariniello. Speriamo bene.
Nel descrivere il caso di Marcello Neri, Càlzia spiega che nell’esaminare i rischi connessi all’uso di farmaci nello sport parlare di doping è un malinteso. Occorre invece “estendere la ricerca alle cure, a farmaci quali antidolorifici perché così si potrebbe spiegare il motivo di tante malattie”.
E oggi secondo lei il doping c’è ancora?
“Si, soprattutto nei campionati dilettanti, dove non esistono controlli: si bombano come le bestie. Quello che più mi fa male però sono i ragazzini…”
E' un bel libro e una buona lettura per chi ama l'indipendenza della propria mente. Purtroppo è un libro destinato ad essere volutamente dimenticato dal mercato. Così infatti vorrebbe l’establishment perché gli si scoprono gli altarini. E se già allora la situazione era questa, oggi non ci resta che ipotizzare una situazione drammaticamente peggiore. Però quelli del libro sono vittime. Sono quelli che allora come oggi sgambettano sul campo. Ma forse quelli di oggi non sempre sono vittime, a volte sono dei veri complici.
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