diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
In questo libro-intervista di 195 pagine, uscito nei Pretesti di Chiarelettere, vi sono molte e importanti rivelazioni sul terrorismo italiano degli anni settanta, tali da permettere varie innovazioni rispetto alla narrazione convenzionale.
Non si tratta però di un libro come tanti altri contenente analisi fondate su processi di tipo ipotetico-deduttivo. Qui Priore si attiene a ciò che nella sua lunga carriera, ha potuto verificare a sostegno delle ipotesi degli inquirenti.
In particolare l’ex giudice Rosario Priore, magistrato inquirente di qualità e, almeno finora, persona intellettualmente onesta ed affidabile, sostiene la matrice internazionale, una sorta di etero-direzione quasi totale, delle principali formazioni terroristiche nostrane. Successivamente sono usciti altri libri, ad impatto maggiormente eclatante, sua stessa linea, pesiamo ad esempio al giudice Imposimato, ma questo a mio avviso presenta una linearità d’esposizione che lo rende ancora più utile.
C’è un capitolo, il cui titolo parla da solo perché recita: “La Stasi, regina delle intelligence” nel quale si descrive un background di continuità tra i servizi segreti nazisti e i servizi segreti della Germania Est, continuità che starebbe alla base della notevole efficacia che ha sempre contraddistinto la Stasi (il servizio segreto della Germania est). A questa struttura infatti il KGB avrebbe delegato non solo le competenze ordinarie in Germania Federale ed in Europa, ma anche in Nord Africa, Medio Oriente, e America Latina.
Si tratta quindi di un notevole margine di leadership che, nel campo dell’intelligence, tutto il blocco sovietico assicurò alla Germania Est. Esso si spiega non solo in termini di efficienza, ma anche per ragioni strategiche. La DDR infatti fu uno Stato che non venne riconosciuto formalmente per molti anni dai paesi occidentali, Italia compresa, e pertanto cercava attraverso questa arma di pressione di imporre le condizioni per un suo riconoscimento de facto. In pratica anche in assenza di relazioni diplomatiche formali c’erano rapporti continui tra sevizi segreti. Ciò vale anche per l’Italia, nei cui confronti però la Stasi iniziò una accentuazione di interesse quando nel PCI, con l’elezione di Berlinguer al congresso del ’72 nelle ore in cui salta per aria Feltrinelli, inizia a manifestarsi il rifiuto di riconoscere la leadership del PCUS sul movimento comunista internazionale.
La nostra lettura convenzionale, sia oggi che all’epoca, tende a sottovalutare il grado di pericolosità che il blocco sovietico attribuiva a questa tendenza del comunismo italiano. Prevale infatti nella nostra visione l’idea che i sovietici non avrebbero mai voluto una rivoluzione in Italia per rispettare gli accordi di Yalta e quindi se ne stessero fuori dalla questione italiana. Invece no, non era così perché ciò che l’Eurocomunismo metteva in ballo era la stessa leadership del PCUS sui partiti comunisti e il rischio, sempre percepito e paventato dai servizi dell’Est, era che i fermenti polacchi, cecoslovacchi e ungheresi potessero trovare proprio nelle idee di Berlinguer un punto di riferimento, una sponda per scatenare nuova conflittualità politica e sociale all’interno della propria area. “Per una parte di quel mondo – dice Priore – Berlinguer costituiva un pericolo mortale”.
La RAF (Rote Armeè Fraction, nota nelle cronache italiane come Banda Baader-Meinhof) era il braccio armato della Stasi in Europa occidentale. Essa controllava l’IRA, Action Directe e le BR. Alle quali suggeriva gli obiettivi fornendo informazioni ed appoggi tipici dei servizi tipo campagne di disinformazione, propaganda e guerra psicologica. La RAF era quindi una struttura militare organizzata secondo il modello terroristico e aveva dietro di sè il più potente servizio segreto, la Stasi appunto, che puntava a creare il contesto climatico-ambientale migliore per ciascuna operazione.
Questa lettura è compatibile in particolare con la descrizione che Imposimato dà dei 55 giorni Moro.
Ma questo della Stasi “regina delle intelligence” è solo un capitolo tra i tanti, oltre una decina, che sono uno più interessante dell’altro.
Insomma è un libro che vale la pena tenere oltre che leggere, per poterlo usare come punto di riferimento sintetico nella prolusione di verità a suo tempo nascoste cui stiamo assistendo dopo le recenti morti illustri di Cossiga, Andreotti, Colombo ecc.
Nell’ultimo capitolo Priore e il suo intervistatore Fasanella si occupano di quello che definiscono “conflitto tra giustizia e ragion di stato”, ma che in realtà è il conflitto tra Magistratura e Servizi Segreti. Addirittura Fasanella usa l’espressione “guerra tra servizi e magistratura”. Siamo quindi difronte ad un’altra conferma dell’esistenza all’interno delle nostre istituzioni di quel cinismo che costituisce un veleno mortale per la democrazia: la mancanza di trasparenza. Leggere questo libro significa sporgersi sul quel baratro fin alla vertigine, intravvedendo solo una prima parte di ciò che avviene alle spalle di una opinione pubblica sistematicamente ingannata e privata della verità.