Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

Il rubinetto di Pornacide

Il rubinetto di Pornacide - Miniracconto di Francesco Boschetto 

 

In quel dì diciotto d’Aprile del millenovecentosettantaquattro l’autostima del professor cosavaicercando era proprio andata a zero. La diagnosi era stata refertata e non v’erano più dubbi, si trattava di plessocrastia nerbo plastica.  Per gran parte della propria vita egli aveva temuto di finire i suoi giorni inginocchiato in un corridoio ospedaliero ed ora, carte alla mano, vedeva la sorte approssimarsi inesorabile. Per la verità, a quell’appuntamento con la sorte non era giunto impreparato, lo aveva infatti preconizzato per familiarità. Ma questa consapevolezza ora si rivelava insufficiente rispetto al bisogno di attenuare il morso dell’affanno. Il padre era morto tra le lacrime nell’inverno del quarantatrè mentre la sorella maggiore aveva lasciato la vita nel letto vedovile solo dopo la terza operazione di crestomazia del plesso. Di entrambe quelle morti ora ricordava l’espressione, l’incarnato ceruleo e gli occhi incavati. Certo la tenace, amata sorella si era battuta fino allo stremo, ma la morte aveva, appunto, avuto il sopravvento nel maggio del sessanta. Così il professor Pornacide Speroli sapeva che doveva morire, ma non era questo a ferire il suo animo, quanto piuttosto l’assillo di voler intuire dove, in quale organo e soprattutto fra quanto tempo si sarebbero manifestati i sintomi e, haimè, gli effetti di quella umiliante malattia. Il morbo avrebbe attaccato, ma dove? Nei piedi, come per il padre, costringendolo a sedersi sulle caviglie e a trascinarsi in carrozzella? Oppure il flaccido abbandono degli sfinteri, che abbatté la sorella con l’umiliante corredo di maleodoranti pulizie? Ma di tutti i malanni il terrore massimo era ciò che aveva colpito il nonno, la “septicemia in casu penis”. Del cui supplizio alla sola evocazione Pornacide diede conati e ne scacciò il pensiero con violenza. Che fare?

 

Il soprannome di “cosavaicercando” se l’era dato da sé, sulla scorta del verso di De Andrè. Negli ultimi anni egli aveva infatti varcato per decine di volte il portone di colei che, unica, gli avrebbe potuto dare la lezione. E lo faceva non per futile ludibrio, ma per onorare l’imperituro insegnamento di Tertuliano Postumo, cui aveva dedicato intense letture giovanili. “Duc in stabulis nec postea cum equo firmiter obscratis, sed Pone stabulum equo antequam perire potuisse animo”. (metti il cavallo nella stalla prima di perderlo). Ora gli restavano pochi attimi, forse qualche mese, per “trovar della vita pia sortita” e si  diresse quindi a quel portone. In animo aveva il desiderio e nell’inguine il sommovimento, mentre glottolaliava passo dopo passo le parole del Pharmacum, testo di Nequizio Banchieri (1562), ovvero: “proferir gioie di sesto in selva amara”.

 

S’era a Genova, in Via della porta Sperola 45 in mattinata afosa. La Fiat 124 color crema con alla guida Carlos Carlotti, capo della colonna ligure, sfrecciò preceduta dal motociclo d’avvistamento. L’auto del giudice fu tamponata in un attimo e nell’urto si sollevò il cofano. Questo effetto imprevisto fece uscire dalla vista il settore portante del quadro visuale di Moreno Daziali, che era stato preposto al presidio del settore nord della strada e il colpo di pistola colpì il nostro professore. Nonostante l’imprevisto danno collaterale l’azione venne portata a termine con freddezza ed efficacia dal commando, mentre l’inguinale recisa spruzzava flutti di sangue imbibente sui pantaloni. Al professor Pornacide Speroli furono necessari sei minuti per morire dissanguato. Sei minuti di eterna ed assetata morte durante i quali egli vide la sua vita intera dissolversi nel vuoto mutilo del proprio inguine. Da qui fuoriusciva il sangue come da un  rubinetto. E da lì detto sangue percorreva le fughe tra i blocchi di travertino fino a tuffarsi nel tombino dove, ingoiato l’ultimo sogno, il professor Pornacide potè finalmente arguire la conclusione che non era mai riuscito a trovare negli Annales (Tacito): “Haedus vitam cessat si tapulum necat”. (Se perdi il rubinetto, fai la fine del capretto).

Torna alla home
Condividi post
Repost0
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post
B
<br /> mi piace<br /> <br /> <br />
Rispondi