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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

SI VIS PACEM PARA BELLUM

SI VIS PACEM PARA BELLUM

I nostri padri latini, la cui cultura era espressione di un impero particolarmente efficiente ed aggressivo, legavano la fattibilità della pace all’esistenza di condizioni operative per la guerra. Il loro modus operandi era anche caratterizzato da una visione della pace nota come “pax romana”, che significa tout court desertificazione. Ciò nonostante il significato convenzionale del loro motto “Si vis pacem para bellum” non è affatto “se vuoi la pace FAI la guerra” bensì “se vuoi la pace PREPARA la guerra” … E, soprattutto in un mondo atomico e dronico, cari amici, la differenza è enorme.

Ora noi, in questi tempi di coppie gay legittimate, siamo difronte ad una altra coppia anomala. La strana coppia: Sharon/pace.

In questi giorni di lutto sharoniano infatti, l’entourage mediatico occidentale tenta di veicolare l’idea che il ministro della difesa israeliana che concepì, pianificò e ordinò l’invasione del Libano nel 1982 per poi lasciar fare il massacro di Sabra e Chatila sotto gli occhi della sua giurisdizione militare, fosse un pacifista.

Mah!

La cosa è ostinatamente marcata dai quotidiani e dai telegiornali. Anche se, per la verità, nei servizi e nei coccodrilli dei professionisti seri, ovvero quei giornalisti che cercano di conservarsi tali, ciò non appare, ma allora ci pensa il direttore intervenendo col titolo.

Ne è un esempio ilSole24Ore di oggi, che titola:” Muore Ariel Sharon: <<falco>>in battaglia, leader che tentò la pace”. Tale titolo si riferisce ad un servizio che rinvia ad un paginone interno ove campeggiano due commenti; uno dedicato ad Ariel quale leader politico, firmato Ugo Tramballi, l’altro dedicato a Sharon in quanto militare firmato, nientemeno che Luttwack. Se non fosse per questi due commenti, in particolare quest’ultimo, con quel titolo a pagina otto non ci andrebbe nessun lettore di buon senso, ma come resistere all’analisi di Luttwack?

Perciò andiamo a pagina otto.

Ebbene qui troviamo i due commenti impaginati in modo assolutamente irrazionale, ma tale da obbligarti a leggere il famoso titolo ove si dice che Sharon “tentò la pace in politica”.

Ma il bello è che quell’articolo, firmato V.D.R. che qualcuno potrebbe divertirsi a prendere per “Voci dalla Rete”, con l’idea di uno Sharon pacifista non c’entra proprio per niente! Vi si descrive anzi un leader visto con sospetto dagli stessi USA, un politico abbagliato dal liberismo (vedi foto), uno Sharon che da Primo Ministro si occupò di scelte economico strategiche per il “rilancio” economico di Israele. A questo obiettivo, resosi conto che “Israele non avrebbe potuto reggere il peso finanziario e militare” di quel territorio, risponderebbe in realtà la scelta di cancellare i 25 insediamenti ebraici della Striscia di Gaza. Quindi Sharon non fece spostare forzatamente i propri coloni per ottenere la pace con Abu Mazen, ma mascherò come tale una pesante ristrutturazione politico militare.

Insomma siamo al ridicolo. Ugo Tramballi traccia un ritratto politico di Sharon, che chiama amichevolmente Arik, tutto centrato sulla sua durezza ed unilateralità. Questo Sharon di Tramballi ha un curriculum da guerriero ed è un “sionista pragmatico”. Ciò nonostante, per quanto a prima vista appaia irragionevole, “è stato il primo israeliano a ritirarsi da un territorio palestinese”. E “guidati da un uomo come lui gli israeliani erano pronti a scrollarsi di dosso la questione palestinese.” Peccato che non l’abbiano fatto, direi, siamo nel 2005…

EDWARD LUTTWACK, consigliere militare strategico di prima scelta, è molto più distaccato e preciso. Egli ci ricorda che Sharon violò varie norme internazionali (ad esempio fece uccidere i prigionieri egiziani per non intralciare operazioni sul campo), creò, sempre da capo militare, una squadra speciale, la famosa 101, senza divisa e senza disciplina militare che agiva con modalità criminali e sconfisse ed umiliò l’esercito egiziano violando gli ordini scritti dei suoi superiori. Notare che portare avanti azioni senza divisa, o addirittura con falsa divisa, e la sistematica violazione del proprio manuale operativo costituiscono evidenze sufficienti per l’imputazione e il mandato d’arresto dei criminali di guerra. Insomma Luttwack non descrive certo Sharon come uomo di pace. Anzi dice esplicitamente che Sharon “era troppo anticonvenzionale persino per un esercito anticonvenzionale come l’Israeliano”. Molto chiaro, grazie Luttwack. E non occorre essere laureati in lettere per sapere che “anticonvenzionale” non significa essere un po’ sbarazzini e monelli, ma significa essere contro le convenzioni. E qui si tratta della Convenzione di Ginevra.

*** *** ***

Ma allora perché, a quale impellente esigenza risponde, questa ostinazione titolistica a farci bere l’idea di un Ariel pacifista?

Penso che derivi dall’ansia di non retrocedere sui negoziati di pace palestinesi. Penso che derivi dalle veline della NATO. Penso che una delle persone più turbate dalla morte di Sharon in queste ore, e non per lutto ma per ansia da insuccesso, sia proprio John Kerry.

Il fallimento del negoziato di pace israelo-palestinese in corso costituisce infatti una eventualità insostenibile per i paesi dell’area NATO. Un rilancio del conflitto costerebbe troppo e l’Occidente non può mettere in piazza il fatto che non ha più i soldi per fare la guerra, deve far finta di essere buono e credere nella Pace come valore universale. In queste ore inoltre deve lasciare che i cinesi investano serenamente nei titoli di stato occidentali e rendere credibile la prospettiva di stabilizzare definitivamente la situazione entro il 25 Maggio, data della preannunciata visita papale ai due Stati.

Solo con questa prospettiva Putin potrà evitare la militarizzazione delle relazioni diplomatiche, l’IRAN potrà confermare e ratificare l’accordo nucleare e Cina, India e Brasile potranno investire il loro eccesso di liquidità nelle economie occidentali. Determinando finalmente le condizioni per la ripresa.

Senza questa prospettiva l’occidente va alla morte. I soldi del Qatar non sono infiniti. Occorre quindi mettere in riga Netanyahu, il quale sta tentando un gioco troppo pericoloso: rilegittimare il modello sharoniano.

Ancora una volta infatti Ariel rompe le scatole. Accidenti… Se fosse morto dopo il 25 Maggio sarebbe stato meglio per tutti.

..

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