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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

Hereafter, Clint e post mortem

Clint---siedge.JPGIn HEREAFTER uno dei protagonisti è stato gravemente ammalato di encefalo- mielite da ragazzo e ha subìto un pesante trattamento chirurgico alla nuca. Durante l’operazione nell’arco di otto ore è morto ed è stato richiamato in vita più volte e da allora avverte dei “contatti”. Si tratta di persone morte da poco con cui riesce ad avere brevi tratti di comunicazione. Il tema è noto (The sixt sence, ecc.) ma qui è trattato con un altro stile, una sua propria cifra narrativa. Non c’è nessuno spiritismo, nessun horror, c’è molta umanità e c’è solo un sottile dolore morale in ciascun personaggio.

 

 

*

Non c’è niente aldilà, dice un personaggio, del resto se ci fosse qualcosa ormai qualcuno lo avrebbe scoperto, non ti pare? Ecco, qui sta il punto sensibile, la chiave del film. Hereafter ci dice che la cosa è nota da tempo, ma su di essa grava una sorta di ipoteca del silenzio che mette in condizione dolorosa le persone che ne hanno invece avuto esperienza diretta.

 

Sono tre storie che si fondono nel finale, intrecciandosi.

La conclusione forse è la parte meno forte, ma si tratta di un livello di qualità narrativa così alto che la flessione risulta comunque più che accettabile. Una tematica simile l’ho già vista in Lars von Trier (Le onde del destino, The Kingdom) ma in quelle opere la cifra narrativa è molto più pesante, tale da raggiungere quasi la violenza in alcuni momenti, mentre qui abbiamo un affabulatore equilibrato, rispettoso e umano, un Clint Eastwood che non ha proprio niente da spartire con gli stereotipi del suo passato da attore, dai pugni di dollari agli ispettori Callaghan. Uso il termine “equilibrato” nel tentativo di cogliere la qualità specifica del racconto, nel senso che non si sbilancia in facili prese di posizione: potrebbe andare verso il tema della “dolce morte”, peraltro evocata nella scena della clinica svizzera; oppure potrebbe andare verso  il catastrofismo globale, il terrorismo, ma non lo fa. Non sarebbe da Clint Eastwood. Il nostro si mantiene saldo in un ambito di moral sensibilità per cui così come Million dollar baby non può essere ridotto a film sull’eutanasia, perché sarebbe banalizzarlo, Hereafter non può essere ridotto ad un film sulla paranormalità. Anzi su questo è il film stesso che fa pulizia dalla spazzatura che gira attorno a questo tema. E il messaggio si stabilizza su una allusione profonda alla “congiura del silenzio” che c’è attorno alle esperienze post-mortem. Ciò vale sia sul piano medico-scientifico, che mediatico.

 

Le tre storie si svolgono a San Francisco, Parigi e Londra, e sono una meglio dell’altra. Nessuna è banale, nessuna è forzata o poco credibile e la narrazione è piena di dettagli altrettanto profondi e credibili. Quella dei due gemelli evoca addirittura un clima Dickensiano nella sua parte iniziale e forse non a caso visto che Dickens poi torna nel finale portando senso. Qui io ci ho visto una regia geniale nella scena in cui rincasa la madre, dove con pochi fotogrammi e senza alcun dialogo si prospetta allo spettatore tutto il dramma del racconto. Poi c’è il dettaglio del berretto, anche questo da grande regista, che diventa un trait d’union dell’intera vicenda e addirittura riformula la narratività dell’attentato alla metropolitana di Londra. Infine lo strazio della “seduta” che avviene in albergo con il sensitivo. Ecco questi per me sono momenti di grande cinema che non vorrei dimenticare. E forse e’ proprio per questo che sono qui a scriverne.

 

Catastrofe naturale.

Gli effetti speciali sono una formidabile attrattiva per il grande pubblico. Questa espressione (grande pubblico) è una formidabile ed elegante perifrasi per dire pubblico sciocco, senza capacità critica, superficiale. Ebbene l’inizio è per costoro, ma dà modo al regista di mostrare la propria grande professionalità.

 

Eutanasia.

Supponendo che nel film vi sia un deliberato messagio filo-eutanasico, bisognerebbe dire che è ben fatto. Secondo la trama infatti il disagio di chi ha conosciuto esperienze post-mortem deriverebbe dal fatto che tali esperienze producono involontari canali di contatto con persone morte da poco e questo apre a visioni che turbano gli equilibri mentali ed emotivi di chi vive ancora ed è, al tempo sgtesso in correlazione affettiva con tali persone morte. La tensione verso questi contatti deriverebbe da aspetti irrisolti che provocano tensione tra i due diversi livelli. Perciò se uno muore in circostanze non serene non sa trovar pace nell’aldilà e cerca persone in vita attraverso le quali canalizzare il proprio impellente messaggio. La letteratura spiritistica ne è piena. La mancata serenità della morte produce quindi un immanente pericolo di invasione del campo vitale, con le conseguenti tensioni e sociopatie.

 

Edipo.

Le dinamiche della personalità descritte da Freud fanno in modo che i ricordi sgraditi, quelli che implicano un pericolo di patologie, vengano rimossi e tale rimozione permette il ristabilimento dell’equilibrio emotivo. Ogni cosa che destabilizzi l’equilibrio post-rimozione costituisce quindi una minaccia alla personalità dell’individuo. Nel film lo si vede bene quando il sensitivo causa una presa di coscienza nella compagna di corso, e la perde. La ragazza evidentemente non può reggere il senso di vergogna.

 

 Insomma ho fatto bene a vederlo, ne vale la pena. C’è un po’ di tensione, ma è un dolore coinvolgente, condivisibile, che rinvia alla ricerca di senso etico.

E di questi tempi, non è poco.

 

 

**

 

 

Per me Clint Eastwood, che ricordo ancora nei panni di uno che sparava per un pugno di dollari, è diventato un ottimo regista. Direi anzi un grande regista. Il Morandini 2011 lo dà al settantesimo posto sui primi cento dell’intera storia del cinema, ma secondo me merita di più.  

 Insomma grazie Clint, continua a far film e non perderti  a chiacchierare con sedie vuote…

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