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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

Calabresi for president

Stalino-Pravda-copia-1.jpgPiazza Fontana, una sorta di 11 Settembre italiano. Per la mia generazione è un fatto molto significativo, speriamo che il film che esce ora serva alla causa della verità e ai giovani. In quest’ultima settimana di Marzo è partita la campagna di riabilitazione di Calabresi. Non so se si tratta soltanto di un mio sentore istintivo, ma credo che la campagna serva anche a preparare un ricollocazione premiale per il figlio, attuale direttore del quotidiano LA STAMPA, di Torino, uno dei pochi fogli, tra quelli che sono espressione diretta dei poteri forti, ad essere ancora timidamente credibile. Penso che Mario Calabresi potrebbe diventare un ottimo direttore generale della RAI visto che quello attuale, la dottoressa Lorenza Lei nominata in epoca berlusconiana, è oggetto di una sottile campagna di discredito.

In ogni caso la campagna è partita dalla stazione principale ovvero il talk show “che tempo che fa” di Fabio Fazio, mandato in onda Sabato 24 marzo. L’approccio al tema era stato preparato qui e là nei giorni precedenti con qualche occhiello giornalistico ed è basato sulla presentazione del nuovo film di Marco Tullio Giordana, ROMANZO DI UNA STRAGE. Giordana, il quale evidentemente si candida al ruolo di promettente rampollo del nuovo regime, sta trovando ampio spazio mediatico in questi giorni, assieme ai suoi attori, anche loro aspiranti al medesimo ruolo. Contemporaneamente una pioggia di spot, interviste e recensioni preventive prende avvio sui media tenendo alta la tensione sull’ uscita del film.

 

Il battage sull’uscita del film serve quindi ad almeno tre scopi: tutelare l’investimento di chi l’ha prodotto, riabilitare il padre, tirare il carro al figlio. Essa viene impostata tenendo fuori la famiglia Calabresi anche per proteggere l’immagine del figlio direttore il quale ovviamente non deve apparire come uno particolarmente sostenuto e coccolato dal sistema. Anzi si preoccupa di dar l’impressione che Calabresi Jr. stesso prenda le distanze e sia un po’ critico sul film. A questo ci pensa Giampaolo Pansa, oggi penna apocrifa allora inviato de La Stampa, il quale precisa che:

 

Il figlio del commissario, Mario Calabresi, direttore della Stampa, l’ha già visto. E ha osservato che nel film è sparita la campagna di linciaggio contro il padre. Fu un’aggressione schifosa, durata mesi e mesi. Un veleno cucinato e diffuso dalle teste d’uovo della sinistra italiana: il meglio del meglio della cultura, dell’accademia, del giornalismo, del cinema. Signore e signori che per anni ci hanno spacciato un mare di bugie. Forti di un’arroganza che quanti di loro sono ancora in vita seguitano a scagliarci addosso. Il linciaggio si fondava su una convinzione senza prove: il commissario Calabresi era il torturatore e l’assassino di Giuseppe Pinelli. Calabresi-Mario.jpg

 

… ma poi usa l’articolo per rilanciare le sue odiose vendette personali delle quali non interessa più niente a nessuno, e la butta sul documento contro Luigi Calabresi firmato da ottocento intellettuali dell’epoca. Interessante il fatto che accusa l’Unità, quotidiano del quale non è mai diventato direttore nonostante qualcuno glielo avesse a suo tempo promesso, di essere stato iniziatore della campagna denigratoria. E forse è vero, ma io ricordo solo i volantini molto aggressivi di Lotta Continua che venivano distribuiti davanti alla mia scuola. Fu Lotta Continua con il suo team di giovani (allora) intellettuali sbraitanti allevati soprattutto nell’area torinese, a gestire l’attacco denigratorio verso il commissario scomodo. Il giornale del PCI invece, ma anche l’Avanti e tanti altri, cavalcarono molto l’altro lato del mainstream sinistrorso, quello del martirio di Pinelli.

 

**

 

Licia-Pinelli.jpgTra i vari libri che possiedo sull’argomento, alcuni oggi haimè perduti nei cassetti di qualche amico, come il fatidico STRAGE DI STATO, ne segnalo tre.

“Una storia soltanto mia” di Licia Pinelli e Piero Scaramucci Edito da Feltrinelli, un libro a tratti commovente in cui parla la vedova dell’anarchico Pinelli.

“Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro” di Aldo Giannuli edizioni Tropea, uscito recentemente, nel settembre 2011. Infine il bistrattato, ma utile “Il segreto di Piazza Fontana” di Paolo Cucchiarelli, edito da Ponte delle Grazie nel 2009 e appena rieditato in bella copia, citato nel talk show di Fazio. Quest’ultimo è una sorta di trattato generale sul caso Piazza Fontana, un lavoro d’inchiesta condotto tra i meandri infiniti degli atti processuali e qualche personaggio del back stage tramonero.

 

Da quanto capisco il film si stacca dalla tesi di Cucchiarelli, ma ne ripercorre in parte alcune linee di fondo. Si avvicina di più alla tesi di Giannuli che ha in comune con Cucchiarelli l’idea della doppia bomba, ma mentre per quest’ultimo la prima bomba fu collocata effettivamente Valpreda, per regolarsi i conti interni all’ambiente anarchico, e i servizi la raddoppiarono ingannandolo, qui si sposa l’idea del sosia e si riconduce il piano segreto all’Ufficio Affari Riservati del ministero degli interni (UUAARR), cioè a Federico Umberto D’Amato. Costui, che Tompkins, capo dell’intelligence USA in Italia durante la guerra, chiama “Umbertino” in una bella intervista a Blu Notte che conservo ancora, fu effettivamente un agente CIA e ricevette anche una bella medaglia a fine carriera.

In pratica secondo il film Freda e Ventura, in contatto con i neofascisti romano-padovani, prepararono la bomba ingannando gli anarchici di Valpreda con il trucco del timer, ma questo piano venne a sua volta manipolato in ambito UUAAR per potenziarne gli effetti di magnitudo terroristica, come infatti avvenne.

 

Dice Marco Tullio Giordana: “Io credo che i colpevoli siano i fascisti veneti di Ordine Nuovo (Freda e Ventura, come ha confermato la Cassazione nell’ultimo processo di Milano) con la collaborazione dei servizi segreti, italiani e americani. La prima bomba la mise un sosia di Pietro Valpreda che bazzicava gli ambienti anarchici, per far pagare il conto a loro. La seconda fu opera dei servizi italiani e “atlantici”. Ognuno pensava ai propri affari e i servizi, che infiltravano tutti, anarchici e neri, diedero via libera alla manovalanza di destra per usarla e poi magari arrestarla. Intanto lo scopo era quello di piegare la mano al governo Rumor perché proclamasse almeno momentaneamente lo stato di emergenza per frenare l’avanzata delle sinistre. L’Italia era l’unica democrazia nel mediterraneo, fra la Grecia dei colonnelli e la Spagna di Franco.”

 

Marco Tullio Giordana prende le distanze da Cucchiarelli, ma penso che non sia tanto per divergenze sul ruolo di Valpreda, quanto piuttosto per la verità su Pinelli.

Pinelli sapeva delle bombette di Valpreda, ma sapeva che avevano un ruolo esclusivamente dimostrativo. Egli era in rapporti con l’ufficio politico della questura di Milano già da anni attraverso Calabresi. Penso che sia stato lui, Pinelli, il quale era un tipo molto scafato politicamente, a capire la trama del raddoppio e che pertanto e sia stato proprio lui ad aprire gli occhi allo stesso commissario Calabresi in questura durante i tre giorni di fermo. In pratica è possibile che la verità sulla strage sia stata ricostruita subito a Milano, ma sia stata distrutta altrettanto rapidamente da Roma. Una volta nota la trama a Calabresi, che era fedele allo Stato e non alle sue strutture “deviate”, la segretezza del piano UUAARR era in pericolo e iniziò quindi una fase fondata sulla eliminazione di Pinelli e sul controllo di Calabresi. La stessa idea di ucciderlo buttandolo dal suo ufficio fa parte della tattica di condizionamento. Poi l’azione si sviluppò sul piano dello sputtanamento e della eliminazione per omicidio.

 

Aldo Giannuli, consulente della commissione stragi, nel suo libro sul “Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro”, alle pagine 180 e seguenti ricostruisce efficacemente, sulla base dell’archivio proveniente dall’Ufficio Affari Riservati, tutta la vicenda che va dalla strage di Stato alla morte del commissario Calabresi. C’era un traffico illegale di esplosivi, quelli usati per il raddoppio dell’esplosione di Piazza Fontana, e di altre armi, che andava da Monaco al nordest d’Italia con il coinvolgimento degli ustascia. Per questi traffici venivano usati i cosiddetti NASCO (nascondigli strategici di armi NATO), in particolare quello situato ad Aurisina in provincia di Trieste. Il corpo (illegale) degli ustascia (creati da Mussolini e foraggiati dal Vaticano) allora faceva parte dei piani stay-behind della Nato in Yugoslavia e i suoi uomini si prestavano alle forniture per l’estrema destra italiana. Un ruolo nella vicenda lo avevano personaggi come Marco Fumagalli e il conte Loredan e altri. Con Fumagalli era in contatto Feltrinelli che lo aveva incontrato la sera prima di morire. Con Loredan erano in contatto Freda e Ventura, gli autori (manovrati) della strage.

 

***

 

Calabresi-Luigi.jpgLa connessione “Feltrinelli – armi – Calabresi” (pg187) è chiara nella ricostruzione Giannuli. Feltrinelli e Calabresi, seppur personaggi molto di versi e molto lontani sul piano politico, sono vittime equidistanti dello stesso piano politico criminale, un piano eterodiretto riconducibile a criminali di Stato. Spero bene per il film di Giordana, ma mi spiacerebbe che a beneficiare dello spiraglio di luce veritiera alla fine sia solo la famiglia Calabresi.

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