diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
Bosch, intendendo con questo non una contrazione del mio cognome, ma il pittore Jeronumus, fornisce col suo “Cristo portacroce” le facce da mostrare in copertina. Sono facce
dure, ma anche ironiche come nei fumetti di Dylan Dog, a dimostrazione che quando si esagera nell’abbruttimento si perde di rango e l’immagine diventa poco credibile. E’ la copertina di MicroMega
n°3/2011.
Io mi considero un lettore esigente. Ho maturato negli ultimi anni un approccio agnostico nei confronti di ogni idea di schieramento politico e propendo a considerare destra e sinistra parti di un gioco che mi ha stufato. Tuttavia davanti all’attuale scenario di devastazione morale avverto un certo richiamo e perciò condivido lo spirito di questo numero. La citazione d’apertura è questa:
“Bisogna ridicolizzare i fautori o diffusori di romanzi gialli e talora giallissimi, parto di fantasie malate, bisognose di energiche cure. Benito Mussolini”. Nell’editoriale introduttivo rivolto ai lettori si definisce l’attuale regime politico come l’equivalente postmoderno del fascismo. Sono d’accordo.
Quindi leggere un giallo è un atto di contrasto, di opposizione, di ricerca della libertà. Bene. E’ quello che dico io nella presentazione di questo Blog. Eccezionale! Ma per apprezzare questo numero monografico bisogna accettare l’idea della manipolazione dei fatti e delle coscienze. Che succede, ho perso qualche puntata? Da quando soloni sessantottardi come quelli del gruppo editoriale l’Espresso ammettono la dietrologia? E la trita e ritrita condanna del complottismo? Mah… forse nel 2011 lo ha sdoganato Umberto Eco.
In ogni caso il titolo di questa monografia è promettente perché non si tratta di semplici crimini di stato, (le solite trame nere, “roba vecchia” dice il personaggio di Lucarelli) si tratta di qualcosa di più: l’establishment. Eccola l’entità manipolatrice secondo il lessico post Orwelliano, moderna dietrologia!
Chiaro che non si tratta di un saggio, ma di un’operazione narrativa, anzi di immaginazione. Ma è proprio su questo piano che dobbiamo abbattere il Sistema. Noi, coscienze di tutto il mondo, dobbiamo unirci ed ingaggiare una lotta che surriscaldi la blogosfera e spezzi le catene delle nostre menti. Perciò lettori esigenti e gran teste fine, prendiamo la qwerty e impugniamo il cervello, scendiamo nel social networking e picchiamo con quello, smentiamo per sempre l’assunto di questa monografia secondo cui: “la realtà di regime riesce ogni giorno a superare la più fertile immaginazione”. No. La più fertile è la nostra. E con quella vinciamo, siamo vivi, respiriamo. E’ la libertà della mente, la libertà nel presente! Non nel futuro utopico indifferenziato. Coraggio. Andiamo quindi a vedere, anzi a leggere, fiduciosi.
Parto subito dal più bello di tutti i racconti qui pubblicati, nel senso di quello che più di tutti mi ha coinvolto nella lettura. Si tratta di ORDINI DALL’ALTO, di Carlo Lucarelli. Confesso che mi fa un po’ soggezione metterlo prima di Camilleri, ma è la verità, secondo me questo c’azzecca molto più degli altri.
La storia è centrata sulla memoria fotografica di Serena, poliziotta impegnata in operazioni di ordine pubblico e i clic che lei
scatta scandiscono il ritmo del racconto. Ciò che lei vede assieme al suo collega Mastrota e che fotografa con la mente, costituisce il piccolo mistero del racconto e non viene mai completamente
descritto. Non è importante infatti di che cosa si tratta, ma la manipolazione della sua denuncia. Si può pensare che lei abbia visto chi ha sparato e ucciso durante la manifestazione del G8, un
ipotetico G8 romano. In quel poco che viene descritto c’è un ragazzo che richiama alla mente, pur senza dirlo esplicitamente, Mario Ferrandi, nella manifestazione del 1977 in cu venne ucciso
Antonino Custrà poliziotto come lei. Il richiamo a mi avviso è volutamente simbolico perché quella foto è l’icona dello scontro armato di piazza, dove il morto viene cercato con le armi in
un’ottica di provocazione voluta dai servizi. Niente di nuovo, è l’ottica dichiarata dallo stesso Cossiga in parlamento.
La polizia stessa è una delle prime vittime di queste manipolazioni omicide. Antonino Custrà è una delle tante vittime dell’establishment omicida, verso la quale è giusto riservare una solidarietà di tipo pasoliniano (Pasolini, altra tragica vittima dell’establishment, era, com’è noto, dalla parte dei poliziotti negli scontri di piazza).
Il racconto è lungo dodici pagine, dense ed efficaci, ed è perfetto, non manca proprio niente. Una specie di micro manuale del crimine manipolativo: c’è scritto il perché e il come e tu lettore stai dalla parte della vittima, Serena, che è una vincente. Serena è una nuotatrice che sta nuda in casa quando viene intimidita ed è una bella scena, cinica e realistica. Poi è in piscina col costume intero quando se la cava dalla situazione che è diventata opprimente. Me la immagino come una Federica Pellegrini col corpo dolce e massiccio avvolto di muscoli mentre è in piscina a “distruggersi di bracciate”.
“Bracciata, bracciata, rotazione della testa, bocca appena fuori del pelo dell’acqua, aria, bracciata, bracciata, le gambe che oscillano regolari come un pendolo, capriola, le dita dei piedi pronte a spingere contro la parete della piscina e ancora bracciata, bracciata, aria.”
Qui Lucarelli prepara il lettore come un personal trainer allo sforzo della resa dei conti. E spende una pagina straordinaria secondo la più classica agnizione giallistica: l’assassino ha in pugno la vittima e, certo della sua imminente eliminazione, si apre spiegando tutto. Lo fa alzando un dito, per indicare il cielo e seguendo quel dito il lettore potrà cogliere tutta la teoria della manipolazione. Vale la pena di riportare queste sedici righe magiche, sperando nella benevolenza di Lucarelli. Vediamo.
L’uomo alzò il dito indicando il cielo. << prima ci hanno fatto sparare alla manifestazione. Così il movimento si sporca e si alza il livello dello scontro, la gente si spaventa e si chiude in casa, il governo si compatta, insomma, roba vecchia, strategia della tensione. Ora, però c’è gente lassù>> e di nuovo alzò il dito, ma più inclinato, << che vorrebbe prendere il posto di chi comanda. E allora ecco che devo farti spedire il rapporto insabbiato dai tuoi, così quelli che hanno dato l’ordine>>, dito dritto, <<sono sputtanati e quegli altri>>, dito inclinato, <<prendono il loro posto. Ma io sono vecchio del mestiere>>, l’uomo fece un passo avanti, <<lo sapevo che cambiavano idea. Si sono spaventati perché hanno paura di non controllare più la rabbia della gente così quelli lassù>>, dito dritto e dito storto, << si sono messi d’accordo e mi hanno chiesto di intercettare il tuo rapporto>>, altro passo avanti, faccia a faccia con Serena, <<fortuna che te l’ho fatto spedire, se glielo portavi adesso ce lo aveva il magistrato e come facevamo? >> ecc. ecc.
Ecco, qui abbiamo il messaggio. Serena, eroina della verità, ha visto durante una manifestazione di piazza una circostanza che potrebbe configurare un reato, lo ha denunciato ai suoi superiori, ma il rapporto è stato insabbiato. Lo stesso uomo che ha commesso quel reato l’ha poi intimidita con la violenza per farle ripresentare il rapporto, ma scavalcando i suoi superiori diretti e andando dritta dal magistrato di turno. Come mai? Non certo per farsi prendere, no, questo passaggio risponde ad una esigenza manipolatoria dell’establishment: qualcuno in alto vuole più potere e vuole utilizzare la denuncia per far fuori qualcun altro attraverso la magistratura. Ma chi ha esperienza di conflicts of governance sa che costoro prima poi si metteranno d’accordo e blocca anche questa seconda denuncia prima che arrivi al magistrato, se no come si fa? Qui ci sono due cose che mi piacciono: l’idea che la magistratura sia in qualche modo fuori dal gioco sporco e soprattutto l’idea che i manipolatori dell’establishment abbiano “paura di non controllare più la rabbia della gente”.
Ecco, qui c’è una speranza non retorica. Forza allora! Portiamo le dita sulla nostra qwerty.