diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni
La sessantottesima MOSTRA INTERNAZIONALE DELL’ARTE CINEMATOGRAFICA, evento importante e di forte prestigio culturale che risale al
1937, impazza in questi giorni sui media perché è l’unica alternativa alla cascata di brutte notizie che ci accompagna ormai da troppi mesi. A mio modo di vedere tra “cinema” e “arte
cinematografica” ci dovrebbe essere una bella differenza, ma vedo che anche l’autorevolissimo Moradini (vera bibbia per seguire la cinematografia mondiale) si ostina a definirla semplicemente
“mostra del cinema di Venezia” per cui mi inchino e non insisto. Vada per quest’ultima. Anzi, probabilmente quella del Morandini non è affatto una semplificazione, ma una precisazione: è meglio
infatti non essere roboanti visto che serve a promuovere il business pubblicitario più che l’arte cinematografica. Mah! In ogni caso non c’è niente di scandaloso, ho l’impressione che certe
puntualizzazioni appaiano ridicole al giorno d’oggi…
In ogni caso scrivo perché ritengo che ciò che la mostra in queste ore al Lido influirà non poco mie letture del prossimo anno. Ormai la cinematografia è un fattore decisivo per la diffusione di un romanzo, pensiamo ai serial televisivi, TV moovies ecc. sempre più spesso è il film che apre la strada al libro, così come, in un mercato mille volte più piccolo, furono le rappresentazioni teatrali cittadine a diffondere i primi testi di Agatha Cristie negli anni venti. Pertanto occorre prendere atto del legame tra le due forme espressive ed augurarsi che da ogni bel libro vengano tratti solo bei films. Altrimenti può succedere quello che ad esempio è successo l’anno scorso con “ La solitudine dei numeri primi”, film di centodiciannove minuti che non io, ma lo stesso Morandini, definisce con l’espressione univoca: “da evitare”. Peccato per Paolo Giordano, il quale più che pentirsi di aver ceduto i diritti non può fare. Ma per fortuna non è sempre così e l’arte cinematografica qualche volta fa dei gran servizi. Penso ad esempio a “La versione di Barney”, anch’esso presentato a Venezia l’anno scorso, che da quanto ho capito ha visto il film stravolgere e semplificare il libro a un punto tale da renderlo comprensibile anche al pubblico italiano, che notoriamente non è né ebraico né anglo, franco-canadese… Ci sono poi i film che avrebbero bisogno dei libri per poter essere minimamente compresi, ma qui è meglio lasciar perdere perché il discorso si farebbe troppo lungo. Voglio invece osservare, con animo pienamente fiducioso e ottimista, che un romanzo come “La Talpa”, è di tali qualità e meritati successi che David John Moore Cornwell, in arte John le Carrè, può solo augurarsi che il film di Tomas Alfredson, in corso di presentazione a Venezia, sia ben fatto. Perché tra libro e film comanda quest’ultimo, uno strumento di comunicazione talmente potente che può creare e distruggere un’idea narrativa a proprio piacimento.
Comunque voglio essere ottimista, visto che va di moda, e perciò a titolo di puro auspicio personale voglio postare un articolo sul racconto “Notizie degli scavi” del compianto Franco Lucentini, la cui lettura è stata un’esperienza felice. Prima non sapevo dell'esistenza di questo racconto, si è trattato quindi di un'opportunità di lettura che mi è stata offerta proprio dalla visione dell’omonimo, e altrettanto felice film di Emidio Greco, presentato a Venezia l’anno scorso. Il film è decisamente piacevole, oltreché fedelissimo al testo, e anche grazie agli attori, come Ambra Angioini e Giuseppe Battiston, onora più che degnamente il notevole estro letterario di Franco Lucentini.