Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

NOTIZIE DEGLI SCAVI, di Franco Lucentini.

Notizie-degli-scavi.jpgIl protagonista narratore è un tizio chiamato Professore che si presenta fin dall’inizio con qualche disturbo di attenzione. E’ attratto da particolari che lo distolgono dalla situazione reale e gli fanno dimenticare cose importanti per la vita di tutti i giorni come ad esempio appuntamenti ecc. Non userei il termine “ritardato” per definirlo, perché non rende giustizia alle potenzialità del personaggio, e nemmeno sprovveduto o disabile mentale perché in realtà sa cavarsela egregiamente, userei invece la perfetta definizione del Morandini: “quarantenne romano scialbo fuori, anomalo dentro.” Va detto che il Morandini usa questa intelligente perifrasi con riferimento al personaggio che risulta dall’ottima interpretazione dell’attore Battiston, ma si tratta di una interpretazione talmente fedele che va a pennello anche per la figura di Lucentini. E questo è il primo aspetto da notare in questo testo: l’aver scelto questo scomodo punto di vista soggettivo per narrare, che presuppone di usare poche parole e concetti semplici, se non elementari, proprio per ricreare l’ambito mentale del Professore, deve aver affaticato non poco la scrittura di Lucentini, ma gli è riuscito benissimo. E questa è la prima, doverosa osservazione, ora però proseguiamo nella storia.

Essa inizia con una chiamata telefonica, siamo nel 1962 il telefono è appeso al muro e costituisce una rarità nelle abitazioni. E’ Lea, una vecchia conoscenza, che vuole fissare un appuntamento col Professore per il giorno dopo alle 11 a porta San Giovanni. Siamo a Roma e i personaggi stanno in una pensione che, si saprà poi a paginag 22, si trova in Via Sallustiana. Il nostro Professore dorme in branda nella cucina e si capisce subito che in quella casa c’è una attività di affittacamere per coppiette. Quasi tutti i personaggi sono femminili, ma il più importante è “la marchesa” seguita in subordine dalla Gina.

Il giorno seguente, lasciando stare alcune altre complicazioni, all’incontro con Lea il Professore viene a sapere che la relazione tra Lea e la marchesa è finita. Lea se ne va perché :” a un certo momento, nella vita, ognuno deve andare per la sua strada”. E la marchesa s’è sparato un colpo di pistola. Per questo ora sta all’ospedale e Lea chiede al Professore di fare una commissione: deve andare all’ospedale subito, dicendo di essere suo cugino, anche se non è orario di visita e per passare bisogna ungere un infermiere, a dare l’annuncio a Marchesa che lei se ne va. Qui si capisce anche che Lea vuole andarsene in fretta, forse con una nuova relazione e troncare per sempre con Marchesa. Il colloquio avviene in un bar davanti ad un bignè che non si sa se contiene crema o zabajone. La situazione è simpatica e il dialogo molto efficace perché lo stesso lettore entra in gioco venendo anch’egli distratto dalle continue divagazioni di pensiero del narratore. Tutto senza mene, con molta efficacia e brevità. Le inflessioni dialettali sono svariate, dal romanesco al veneto e risultano molto ben gestite; arricchiscono e allo stesso tempo alleggeriscono il dialogo.

Un’altra perlina di questo capitolo è la scenetta con l’infermiere. E’ una nota di costume che ritrae l’Italia allora come oggi: i soldi che Lea dà al Professore e all’infermiere sono una semplice mancia amichevole per una “commissione”, ma nel momento i cui questa commissione presuppone anche la violazione di un regolamento (siamo in un ospedale pubblico) allora abbiamo un, per quanto lieve, atto di piccola corruzione. Ma la differenza tra il Professore e l’infermiere è proprio questa, entrambi hanno preso soldi, ma l’infermiere è un corrotto. Successivamente si capisce anche che l’organizzazione dell’ospedale è in mano saldamente alle suore, incorrotte, autorevoli ed inflessibilmente efficienti. Questa seconda parte è quella che oggi non c’è più.

 

Nel terzo capitolo Il Professore torna all’ospedale. La Marchesa, che ha una frattura scheggiata, e si trova sotto morfina, apprende la notizia e, nel singhiozzo, si lascia scappare uno strillo rivelatore: “Che mi frega di Lea! Non è per Lea! Questo è l’unico indizio che abbiamo sul rapporto Lea/Marchesa e, mi pare evidente, lascia supporre che la pena d’amore per cui Marchesa soffre sia quindi per l’altra persona, circa la quale al lettore non è dato sapere se si trattasse di uomo o donna.

Nelle pagine successive si stabiliscono, nella piena buona fede ed ingenuità dei protagonisti, i primi momenti d’intesa tra i due. Finché la suora non caccia il Professore per scadenza dell’orario.

 

Il Professore è uno che vive di lavoretti, piccole commissioni di quartiere come trasportare merci col carrettino o battere i materassi e questo lo fa anche di domenica. Il quarto capitolo descrive ciò che fa il Professore articolando il pomeriggio di quella domenica in due momenti: la visita a Marchesa  presso l’ospedale e il viaggio in pullman con il quale accompagna Gina a Tivoli. E qui c’è l’altro grande argomento di questo racconto: Villa Adriana.Villa-Adriana--il-Teatro-Marittimo.jpg

In questo capitolo quando il Professore torna al’ospedale, (prendendo il sedici, un “tranve” dove, curiosamente, non si può fumare) scopre che nel frattempo Marchesa si è fatta trasferire di sua iniziativa in un reparto dozzinanti, dove non ci sono vincoli di orario per le visite e le suore non cacciano. Così il lettore ha modo di capire che lei desidera che il Professore rimanga il più possibile con lei. Marchesa è una lettrice di Gialli Mondadori e chiede a Professore di portarle l’ultimo “Perrimason” (sic) alla visita successiva.

Il racconto prosegue nel viaggio a Tivoli. La ragione per la quale Gina si fa accompagnare dal Professore è che sugli “auti dell’autoservizio” da San Lorenzo in poi montano “quelli delle borgate”, (penso a quelle borgate che negli stessi anni ispiravano Pasolini per i suoi ragazzi di vita…) i quali la importunano. Lucentini è molto preciso nelle descrizioni: si prende quello delle quattro a Via Gaeta, si scende alla fermata dopo Ponte Lucano vicino a Villa Adriana, qui i due vanno ognuno per conto proprio e poi ci si rivede alle sette per il ritorno. Si capisce che per Gina si tratta di clienti, che pagano anche il taxi, ma Gina sfrutta il servizio pubblico (“autoservissio”) così le restano più soldi. Durante il periodo di tempo in cui Gina sta per conto suo il nostro Professore visita Villa Adriana, dove alla domenica non si paga il biglietto. Infine, sorpreso da pioggia prende un libretto e se lo legge raccontando poi a Gina qualcosa di ciò che ha letto durante il ritorno.

 

Le dieci pagine del quinto, penultimo, capitolo descrivono l’acquisto del Giallo Mondadori, la visita durante la quale, tra le intromissioni delle compagne di camera, procede il lento processo di avvicinamento tra i due anche grazie al racconto sugli scavi del Professore. A differenza di Gina, marchesa si interessa molto delle descrizioni relative alla Villa Adriana e tra i due corrono conversazioni sempre più piacevoli.

 

Il sesto ed ultimo capitolo è lungo sette pagine descrive la situazione che si è determinata un po’ di tempo dopo. Uscita dall’ospedale la marchesa è andata ad abitare nella pensione di via Sallustiana. Si tratta di un ritorno perché la marchesa in passato aveva già lavorato lì e ha sostituito un’altra ragazza che invece se n’è andata. Ora alla domenica, dopo i trasporti e le commissioni del mattino, a Tivoli ci vanno in tre: Professore, Gina e Marchesa. Questa volta al ritorno lasciano Gina e vanno al cinema. “Andavamo per questo marciapiede”, dice il protagonista e descrive il finale nel quale i due si piacciono e lo vedono riflesso nella vetrina ove il loro sorriso di intesa affettuosa chiude in bellezza il racconto.

 

Non ho modo di sapere se il racconto, che è nato alla fine degli anni quaranta ma è stato completato e pubblicato una ventina d’anni dopo, era  originariamente ambientato esplicitamente in una casa di tolleranza. In questo caso quando l’autore lo ha ripreso in mano per completarlo, in ossequio alla legge Merlin, ha dovuto toglierlo sfumando molto su aspetti e descrizioni relative al mestiere delle protagoniste. In ogni caso la storia, dolce ed equilibrata, regge benissimo così com’è ora. Anzi, direi che lasciando all’intuito del lettore la comprensione del contesto in cui operano i personaggi, Lucentini ingenera nel lettore un pathos ancor maggiore.

 

Il volume è stato stampato in Aprile 2011 come settima edizione del copyright 2001, curato da Domenico Scarpa. Contiene note redatte da Franco Lucentini medesimo nelle quali egli precisa che il racconto era stato iniziato nel 1949. Ciò lascia notare che è un’opera concepita in pieno periodo neorealista per cui l’ispirazione è riconducibile alla situazione culturale di quell’epoca. Ciò spiega, come ho già osservato, le scelte di ambientazione e caratterizzazione dei personaggi i quali sono pienamente coerenti con i dettami estetici del movimento neorealista cinematografico: rappresentare la realtà politica e sociale del paese, guardandola con occhio critico, portare alla luce situazioni che la comunicazione ufficiale tenderebbe a coprire, ecc. Ma la scelta “neorealista” a mio avviso sta soprattutto nel linguaggio, lessico e sintassi. In una nota dell’autore alla fine del racconto, pagina 62, egli accenna alle difficoltà incontrate nella scrittura; difficoltà legate soprattutto al tentativo di adattare “una trama non puramente cronachistica” al linguaggio romanesco e spoglio del narratore. Un lucido esempio di ricerca di linguaggio popolaresco.

 

Il titolo non sarebbe pienamente concepito per questo racconto, bensì per la raccolta all’interno della quale esso venne pubblicato quindici anni dopo. In ogni caso, gli “scavi” cui fa riferimento il titolo sono gli “scavi di antichità” di cui alle comunicazioni annuali dell’Accademia di Lincei. In queste note sul titolo, redatte da Lucentini negli anni settanta, egli sembra suggerire di adottare l’espressione mutuata dal francese “Rovine con figure” che in effetti, a mio avviso, ci starebbe a perfezione.

 

Grazie Franco Lucentini, spero che letture come questa continuino ad onorare la tua memoria.

 

 

 

Torna alla home
Condividi post
Repost0
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post