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diario di lettura e scritture semiserie by Francesco Boschetto. Brevi recensioni

RENATO FARINA, alias agente Betulla”.

Copertina BetullaRenato Farina, l’ex giornalista che ha ammesso ufficialmente di aver pubblicato notizie false in cambio di denaro, è uno scrittore bravo. In molti punti il suo testo evoca un pathos che avvolge in una affettuosa coperta di ilare umanità. Ciò crea un forte presupposto di fiducia che gli permette di esercitare un potere cognitivo sul lettore. Egli lo usa con discrezione e umiltà, anche con una certa dolcezza, tuttavia il lettore avveduto farà bene a non lasciarsi sedurre. Questo autore infatti è anche un esperto comunicatore, di tipo empatico, seduttivo; uno abituato ad orientare su precisi obiettivi cognitivi. Inoltre si tratta di un’abilità della quale egli è pienamente consapevole a differenza del lettore-tipo a cui si rivolge: in questa disparità sta il suo vantaggio.

Per carità, non c’è niente di male. Per un giornalista, in fin dei conti, si tratta di pura professionalità. Ma il guaio nel caso di Farina, è che non possiamo lasciarci sedurre serenamente dalla sua prosa senza provare un certo disagio morale. Questo libro infatti non è un romanzo e la storia che racconta non è una fiction, ma una vicenda con tratti amari per i protagonisti e per il semplice cittadino.

E’ normale che un presidente emerito della repubblica utilizzi esperti comunicatori come Farina (o forse Feltri e chissà chi altro), per ottenere nomine che non gli competono in posizioni strategiche dello stato? E’ giusto accettare l’idea che gli articoli di giornale non vengono scritti per informare i cittadini, ma per “impallinare” questo o quel rivale, o peggio per “bruciare” un informatore, una fonte dei servizi di sicurezza rivali? Professionisti come Farina servono la verità o al contrario servono ai servizi per allontanare l’opinione pubblica dalla verità dei fatti, secondo piani militari di orientamento dell’opinione pubblica? Un cittadino normale (nel senso di uno che non fa il giornalista e che non c’entra niente con i servizi segreti) o un semplice lettore di quotidiani scopre in questa storia che queste alte professionalità come quella di Farina vengono usate per ingannarlo.

Già questo non sarebbe poco. Ma ci sono molte altre considerazioni che vengono stimolate da questo libro quelle che mi interessano di più ruotano attorno alle seguenti domande: Farina vuole essere compreso e giustificato? L’Ordine dei Giornalisti è un carrozzone ipocrita che espelle i migliori e difende i conformisti allineati al teorema sinistrorso della sovranità limitata?

 

                                                                              *

 

Essere un comunicatore militare non è peccato, né reato, ma non è esattamente il mestiere del giornalista. Oggi sappiamo che altri giornalisti divenuti scrittori di successo come Hemingway o forse anche Heinrich Böll erano delle spie e a qualcuno viene anche il sospetto che in definitiva le spie siano proprio tante, ma tante da non scandalizzarsi più. Io invece preferisco credere che se un inviato a Kabul mi racconta cosa succede là attraverso una corrispondenza ho il diritto di credere che ciò che scrive sia vero. Se non è più così perché oggi c’è il terrorismo internazionale, c’è Al Qeda ecc. allora me lo si dica, mi si dica finalmente che l’informazione è strumentale agli obiettivi militari per la nostra sicurezza e che la verità nel campo dell’informazione è un concetto superato, un residuo del passato. Penso che alla fine lo accetterei e me ne farei una ragione.

Forse potrebbe essere proprio una persona come Farina a cominciare a dirlo e allora sì che potrebbe essere moralmente perdonato dai propri lettori, almeno quelli non onnivori. E forse, in un nuovo contesto di sincerità nel rapporto con l’opinione pubblica anche l’Ordine dei Giornalisti potrebbe aggiornarsi e dismettere le vecchie ipocrisie. Bugie-di-guerra--copertina.jpg

Il presupposto da cui parte l’autore è che non avendo mai ricevuto stipendi dal SISMI può sostenere di essere stato animato da buona fede, amore per la Patria o cose del genere. Ma non basta per una assoluzione. Anche in termini cattolici, da quanto ricordo del catechismo, il pentimento non è sincero se non c’è la piena confessione e anche il sincero proposito di non farlo più. Infine, sempre per il cattolico, neanche tutto questo è sufficiente ad ottenere l’assoluzione perchè occorre l’atto di contrizione. Qui invece siamo di fronte ad una persona che non confessa praticamente niente e che, a meno che non si scambi per atto di contrizione l’atteggiamento umile che assume verso il lettore, continua ad usare la sua arte non per informare, ma per orientare.

Io non sono un prete, sono un cittadino lettore e non ho gli elementi per assolverlo.

 

 

 

 

 

 

 

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